Emigranti assergesi a New Jersey... riflessione di Eugenia Vitocco Sacco

From Berkeley Heights, N.J. U.S.A. To Antonio at “Assergi Racconta”
Dudley era un “Assergi” in Pennsylvania


Tornando in Italia molti molti anni fa, in aereo sedetti accanto ad un giovincello di dodici anni che dietro una breve vacanza qui negli U.S.A tornava alla sua Catania. Conversando gli chiesi “quali ricordi riporti con te di questa terra Americana?” Tentenno` un momento e poi mi disse: “l’immensita` e le strade larghe e poi aggiunse con un po` di umorismo il parlare italiano che non capisco.” Era purtroppo quell’italiano dialettale che faceva il bagaglio culturale degli immigranti delle anteguerre che oltretutto fraternamente, si armonizzava con l’inglese creando un linguaggo facile, espressivo e accettabile nella loro vita lavorativa giornaliera. Emigrando il loro primo scopo era lavorare e portare a casa il sufficiente per alimentare tutti; la grammatica per loro era un regolamento linguistico non esistente e non necessariamente necessario.
Una lingua parlata anche dai nostri gentili compaesani che come un dovere nei loro weekends si raccoglievano nelle loro case per ritessere e ricordare insieme le loro esperienze passate qui negli U.S.A., di un lavoro duro e lontani dalla loro patria. Noi figli del ventesimo secolo come il bambino di Catania non prendevano il significato di alcuni verbi, a noi sconosciuti, e ripetevano spesso “non ho capito” alla quale espressione reagivano offesi e ci dicevano “ma voi non siete
italiani; dove siete nati?” Il risultato erano due reciproche offese, per ambedue le parti.
Orgogliosissimi di se` stessi e del loro fruttuoso lavoro non erano e non si mettevano al corrente del progresso della nostra lingua con l’accesso della radio e della televisione.
Nel loro creativo idioma raccontavano con orgoglio la loro vita trascorsa nel ventre della terra a scavare carbon fossile in Pennsylvania, in Virginia, ed altrove; un lavoro ultraduro che con l’avvento di nuove fonti di energia si ridusse e li costrinse a migrare come uccelli altrove sparpagliandosi in questo vasto territorio che offre ed ha offerto sempre un’upportunita` di rinascita per tutti e per ogni ceto dell’umanita`.
Oggi come in Italia il vero italiano ha oltrepassato i confini cosi` velocemente da invadere anche le Americhe dove per gli italoamericani e` un dovere e una gioia metterlo nell’elenco dei loro studi e imparandolo ne sfoggiano la conoscenza. Accludo alcune foto degli appena usciti dalla nave, fortunatissimi di non essere stati rimbarcati perche` dopo visita medica erano risultati in buona salute qui nel New Jersey in “Ellis Island.” In questa foto, tutti in fila con le loro valigie di cartone vestiti con umilissimi indumenti tutti, in nero e con la loro eternata ormai storica espressione in volto, rivelatrice di un misto di spavento e di speranza in attesa di quel mezzo che
li trasportava verso un’ignota destinazione in questa terra vasta e nuova che il grande Presidente “Abraham Lincoln” la defini` “the last hope for mankind.”

 



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