Il sorriso della fatica Nadia Moscardi non ha mai battuto ciglio

- da  Identità Golose - i protagonisti della cucina - Quando nasci e cresci tra i fornelli di un ristorante, non sei tu a decidere che da grande farai la chef, ma è l’essere chef che nasce e cresce dentro di te, che lo decide. Per me è stato un fatto spontaneo, una scelta che a un certo punto della mia vita ha preso il sopravvento. Capii che era la mia strada. Amo il mio lavoro, seguo le mie idee sempre positiva e certa di far bene.

Certo, di ostacoli ne ho incontrati tanti e di piccole critiche ne ho pure ricevute, però le ho sempre considerate costruttive, mi hanno aiutato ad andare avanti. Quando segui le tue inclinazioni come ho fatto io, quando segui la tua strada, non t’importa che sia un ambiente prettamente maschile con forti pregiudizi verso le donne. La cosa non mi è mai pesata troppo: io faccio sempre quello che più mi piace e che ritengo giusto in quel momento, senza preoccuparmi di quello che pensano e fanno gli altri.

Se sei più o meno brava di uno chef uomo saranno i fatti a dimostrarlo. Avrei solo perso tempo e forze a pensare e farmi degli scrupoli. E poi, perché sempre la domanda se nella cucina di alto livello è bravo più l’uomo o la donna? Si è bravi entrambi e basta. Solo meritocrazia.

Allora la domanda diventa: perché ci sono poche donne chef? Nella società di oggi è radicata l’immagine dello chef uomo perché viene sempre proposto dai media e la donna chef è sempre vista come una donna che fa cucina tradizionale di casa e non gourmet e quindi non le viene dato spazio. Se poi pensiamo agli iscritti delle scuole alberghiere, sono in prevalenza ragazzi perché, anche se le donne da bambine si dilettano per prime in cucina, non pensano a farne il loro futuro come invece fanno i ragazzi. Ecco allora che le brigate sono quasi completamente maschili.

È pur vero che è un lavoro pesante, che ti impegna per tante ore al giorno. Ma non credo che ci sia una differenza per la forza fisica perché le donne sono comunque molto tenaci e in una cucina di alto livello non bisogna alzare sacchi da 25 chili di farina. Anzi, forse fatica di più la cuoca di una trattoria tipica che deve fare tutto da sola. 

Si parla molto della cucina femminile più tradizionale e quella maschile più tecnica. Ma secondo me ogni chef ha il suo pensiero che poi si materializza nel piatto senza per questo generalizzare e schierare gli uomini da una parte e le donne dall’altra. Io, a un certo punto della mia vita, ho sentito il bisogno di farmi una famiglia, ho fortunatamente incontrato un uomo meraviglioso e poi è successa una cosa stupenda: ho scoperto di aspettare un bambino.

Forse per il mio ristorante non era il momento migliore, dopo un terremoto devastante e il locale distrutto che avevamo appena ricostruito. Stavamo ripartendo con l’attività con tanta determinazione, ma queste cose succedono proprio quando meno te le aspetti. Quando è arrivato Lorenzo ho provato una gioia immensa e unica, mi sono sentita la donna più felice al mondo. E il lavoro? Purtroppo ha risentito un po’ della mia assenza: è come se il ristorante lanciato come una macchina in salita a 100 chilometri all’ora avesse rallentato all’improvviso fino quasi a fermarsi. Ma poi sono tornata al volante della macchina e sono ripartita a tutta velocità, con più tenacia e determinazione perché soddisfatta e realizzata come mamma. Adesso la vita è ancora più laboriosa, Lorenzo ha due anni e conciliare famiglia, casa e lavoro è sempre più impegnativo. C’è ancora tanta strada da fare. Ma è «difficile, non impossibile», per citare la mia collega Lorella Fanella. E il tempo libero? Non c’è! Ma non m’interessa: sono una chef felice cosi.



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