Travolto dalla slavina il cuore torna a battere - intervento miracoloso all'ospedale di Teramo

 L’hanno creduto morto ed è tornato in vita. Era perduto ed è stato ritrovato. Ma questa non è la storia del «figliol prodigo». Quando Mario Celli rimane sotto un metro e mezzo di neve ha accanto a sé non certo il fratello geloso del Vangelo di Luca ma uno coraggioso, Paolo, ingegnere, Gazzella per gli amici, che si mette subito a scavare con le mani per tirarlo fuori. Poi, subito dopo, altre mani, quelle del poliziotto Alberto Giuliani e poi del vigile urbano Andrea Antonetti – i primi ad arrivare – e quelle dei tanti altri soccorritori che si tuffano nella neve, da terra e dall’elicottero, per cercare e soccorrere i dispersi. Una sinergia perfetta, che lascia accesa una luce di speranza su una vicenda che, per alcune ore, è sul punto di essere catalogata come l’ennesima tragedia da aggiungere al già lungo elenco dei drammi in montagna. Mario Celli, 32 anni, lotta per restare in vita all’ospedale di Teramo. Il fratello Paolo, di due anni più giovane, è sotto choc ma illeso. I due giovani, figli del medico Silvano, vengono descritti dagli amici che attendono notizie alla base della funivia di Fonte Cerreto come «grandi appassionati di montagna ma non spericolati». Infatti affrontano il fuoripista con tutta l’attrezzatura prevista. «DATE L’ALLARME». Campo Imperatore all’una e un quarto è un paradiso di sole e di neve. Ai Tre Valloni si va giù che è una meraviglia. In tre si avviano, con la tavola, verso lo «Scontrone», uno dei percorsi fuoripista più apprezzati da sciatori e snowboardisti. Uno dei tre giovani prende la via del Canalone, ritenuta più sicura. E, stando ai racconti di alcuni amici, pare che sconsigli i due di prendere l’altra strada. Secondo una prima ricostruzione, uno dei due fratelli «taglia» il costone immacolato e ricchissimo di neve fresca. A quel punto il distacco è immediato. Il vento di Nord-Ovest che spinge i blocchi sui versanti opposti ci mette del suo. Un fronte lungo oltre cento metri, per un’altezza stimata tra i 30 e i 50 centimetri, viene giù e travolge uno dei due fratelli. Un enorme zig-zag che si vede dall’autostrada A-24. Che avrebbe potuto ingoiare altri corpi. Da lontano c’è chi assiste alla scena. Anche perché la slavina provoca un rumore difficilmente dimenticabile per chi lo sente. Mario resta sotto la neve. Il fratello dà l’allarme e scattano i soccorsi. Contemporaneamente chi guarda da lontano urla: «Non recalano (non scendono più, ndr), aiutateli». Mario viene individuato grazie all’Arva (il sistema di ricerca in valanga) e subito soccorso. Il giovane è in stato di incoscienza, temperatura corporea 28 gradi. Il personale del 118, con il defibrillatore, e le manovre manuali, prosegue incessantemente nelle pratiche salvavita. Operazioni all’apparenza disperate, ma di vitale importanza. Poi il volo in elicottero a Teramo, il ricovero in Rianimazione. Dove il pianto ridiventa speranza. L’INDAGINE. La polizia sente diversi testimoni. Bisogna capire, infatti, chi e perché causa il distacco della neve e se ci sono altri sciatori che possono aver contribuito con la loro condotta. Le indagini, tese a rilevare eventuali profili di rilevanza penale, sono coordinate dal pm di turno David Mancini. Sotto esame anche le modalità di escursione in quella zona in relazione alle condizioni meteo, con pericolo valanghe 3 marcato. IL CONTRAPPELLO. Le operazioni di soccorso vanno avanti fino alle 17. Fino a quando anche l’ultimo dei 500 e più sciatori ed escursionisti saliti con la funivia non sia risceso a valle. In un singolare contrappello finale prima della ritirata. Col nome di Mario tra i presenti.

- da Il Centro -

Il miracolo a Teramo Gli aspirano il sangue e lo ripompano caldo

 Un lavoro di equipe ad altissimo livello, senza incertezze e senza perdere un secondo: ecco come si salva una vita. L’elicottero con i soccorritori è arrivato in località Scontrone, alle 14,16. Il giovane sciatore era stato già liberato dal pesante fardello di neve quando il medico dell’elisoccorso è arrivato sul posto. «Il paziente era in ipotermia, la sua temperatura era a 28 gradi», racconta Nadia Garbuglia, medico dell’elisoccorso del 118, «abbiamo subito iniziato le manovre di intubazione e rianimazione cardiopolmonare». Il giovane era apparentemente morto, il suo cuore era fermo. Ma i soccorritori non hanno mollato. «Ci sono condizioni particolari in cui si continua ad insistere con la rianimazione cardiopolmonare, ad esempio con le vie aeree sgombre», continua il medico. Celli infatti non aveva inalato neve e questo ha indotto i medici a pensare che non fosse in asfissia. A quel punto è stata tutta questione di tempi, accelerati al massimo dall’equipaggio (pilota Paolo Righetti, tecnico del volo Andrea Romano, medico del Soccorso Alpino Gianluca Facchetti, tecnico del Soccorso Alpino Camillo Sanelli, oltre alla dottoressa Garbuglia). Via radio è stata contattata la centrale operativa del 118 della Asl di Teramo, dove c’è un dipartimento “Cuore e vasi” in grado di tentare un intervento salvavita sullo sciatore. Il medico della centrale Paola Angelini ha allertato il servizio di emodinamica del “Mazzini” che si è preparato ad accogliere il paziente. Per abbreviare i tempi non è stato nemmeno fatto passare per il Pronto soccorso. «Abbiamo praticato il massaggio e la ventilazione fino all'arrivo in Emodinamica, siamo arrivati a Teramo alle 14,52», continua il medico dell’elisoccorso, «ci davamo il cambio con l’altro medico. E’ stata fondamentale la tempistica». In Emodinamica il paziente è stato sottoposto a un delicato intervento di circolazione extracorporea del sangue. «Abbiamo utilizzato l’Ecmo, una macchina cuore-polmoni», spiega il cardiologo Saro Paparoni, «incannulando un'arteria e una vena di grosso calibro della gamba, viene aspirato il sangue, che viene riscaldato (il paziente è arrivato al Mazzini con una temperatura corporea di 24 gradi, ndr)e ossigenato e poi ripompato. Dopo tutto questo, senza bisogno di ulteriori stimoli farmacologici, il cuore ha ripreso a battere: è stata una grossa emozione, prima solo con 30 battiti al minuto, poi 45, poi 60». Il paziente è ora ricoverato in rianimazione cardiochirurgica. Il medico non si sbilancia, ma la prognosi è positiva, bisognerà vedere come il paziente affronterà le prossime 48 ore. Interventi del genere sono rarissimi. «Ci sono casi del genere citati in letteratura, al Nord qualche volta è stato fatto. E’ stato emozionante, tutta l’equipe ha lavorato insieme in perfetta sintonia, speriamo in un buon risultato», conclude Paparoni.


- da Il Centro -



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