Travolto dalla slavina in condizioni disperate Il drammatico racconto di un poliziotto

 Il miracolo, purtroppo, ancora non c’è. Ieri mattina, infatti, proprio mentre era accesa la fiammella della speranza, le condizioni di Mario Celli, lo sciatore aquilano travolto dalla slavina sul Gran Sasso, sono peggiorate forse irrimediabilmente. I medici del reparto di rianimazione (cardiochirugica) dell’ospedale Mazzini di Teramo, tolta la sedazione, hanno verificato le condizioni di coma irreversibile per via di un encefalogramma piatto. Oggi, alle 9, se il quadro clinico non cambierà, partirà il periodo di osservazione di sei ore ai fini dell’accertamento della morte. Eppure i medici erano quasi riusciti nel miracolo di rivitalizzare il giovane la cui temperatura corporea era scesa a 28 gradi e i soccorsi avevano funzionato bene. Ieri mattina i dettagli sono stati spiegati in una breve conferenza stampa in Questura. La tragedia è avvenuta nel Vallone Scontrone a 2100 metri. Il giovane medico, che era con il fratello Paolo, è stato travolto da una massa nevosa di 700 chilogrammi finendo sotto una coltre di due metri mentre la slavina aveva un’ampiezza di 200 metri. Lo stesso Paolo è stato ascoltato come persona informata sui fatti dalla squadra Mobile e ha confermato la dinamica per la quale la slavina c’è stata quando Mario per primo aveva iniziato il fuori pista. Lo sciatore è stato portato in ospedale circa mezzora dopo il fatto, dunque in tempi brevi. «La chiamata al 113 è arrivata alle 13,25», ha raccontato l’assistente capo Alberto Giuliani (nella foto), «e dopo 5 minuti ero sul posto insieme al vigile urbano Andrea Antonetti. Sul posto ho visto il fratello dello snowborder investito dalla slavina che, messosi in salvo, aveva iniziato a scavare nel punto segnalato dal suo Artva riuscendo a liberare il viso di Mario. Ho iniziato a scavare per recuperare il corpo che non dava segni di vita. Si sono portati sul posto subito dopo l’elicottero con a bordo il medico del 118 e del soccorso alpino. I sanitari hanno applicato il defibrillatore per cercare di rianimare il ragazzo e poi lo hanno portato all’ospedale di Teramo dove sono proseguite le manovre salvavita». Nel corso dell’incontro Giuliani e l’ispettore Pierluigi Baldi, hanno chiarito una volta per tutte che non vi erano altre persone oltre ai fratelli Celli. «I ragazzi percorrevano un fuori pista», ha aggiunto il poliziotto, «e in condizioni molto rischiose della neve come quella di martedì, che dopo la nevicata del giorno precedente ed il rialzo termico era fortemente soggetta a pericolo slavine. Fortunatamente gli sciatori avevano un apparecchio per la ricerca delle persone investite dalle valanghe». Nello specifico il rischio di valanghe in una scala che va fino a cinque era di tre. Il poliziotto ha poi precisato che i due fratelli Celli sono persone molto esperte di montagna e avevano tutto l’occorrente necessario per fronteggiare l’emergenza. Certo è che il fronte della valanga, largo almeno duecento metri, avrebbe potuto travolgere anche altre persone che erano nella zona anche se poi, nella discesa, il manto nevoso si è fortunatamente assottigliato. Non a caso ci sono state persone che hanno assistito alla scena. Nella malaugurata ipotesi in cui per il 32enne medico aquilano non ci fossero davvero più speranze ci sarà un’inevitabile avvio di un’inchiesta penale . Per evitare il ripetersi di tali sciagure continua da parte della polizia la distribuzione a Campo Imperatore, Roccaraso-Aremogna e Rivisondoli-MontePratello, insieme agli skypass, del decalogo realizzato dalla stessa Questura con la collaborazione dei gestori degli impianti per ricordare le regole da rispettare in montagna.

- da Il Centro -

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