Commozione alla Torretta per l’abbraccio al giovane medico ucciso dalla slavina

 La chiesa di San Mario alla Torretta stracolma, con tanta gente rimasta fuori. All’interno, il suono del violino e del contrabbasso ad eseguire «L’aria sulla IV corda» di Bach, momenti di intensa commozione che, piano piano, si sono stemperati in un vero e proprio inno alla vita. Perché Mario Celli, il giovane medico aquilano ucciso da una slavina, due giorni fa, dopo un generoso quanto disperato tentativo di salvataggio operato da tante persone, tra medici e soccorritori, era davvero una persona innamorata della vita. Lo ha detto il parroco don Giulio Signora nell’omelia, lo hanno ripetuto gli amici, i colleghi e la fidanzata, ricordando una persona che in ospedale e nella vita era un vero vulcano, sempre in prima fila per ogni iniziativa. «Io non condividevo con Mario l’amore per lo sci», ha raccontato don Giulio, «ma come lui condivido l’amore per la vita, come quando da bambini si andava in motorino e ci si sentiva liberi. Mario era innamorato della vita, adorava la montagna ed era felicissimo del suo lavoro di ginecologo proprio perché aveva a che fare con la nascita». «Se siamo qui», ha proseguito don Giulio, affiancato da padre Corrado Lancione, cappellano dell’ospedale San Salvatore, «è perché questo seme di speranza che Mario ha poggiato in ognuno di noi possa germogliare». Tra le tante persone in chiesa gli amici del padre, radiologo al San Salvatore, e del fratello Paolo, che ha assistito alla slavina e ha fatto di tutto per salvare il fratello. Erano presenti anche Alberto Giuliani e Andrea Antonetti, il poliziotto e il vigile urbano che per primi hanno liberato Mario Celli dalla neve che lo aveva sepolto e che hanno partecipato ai tentativi di rianimazione continuati poi all’ospedale di Teramo dove Celli era stato rianimato prima che il suo fisico cedesse a causa della prolungata ipotermia.


- da Il Centro -



Condividi

    



Commenta L'Articolo