L'Aquila, per tornare a volare serve una visione
Posted by Antonio Giampaoli | 2010-01-30 | Commenti: 3 | Letto 987887 volte
Da decenni, un grido di dolore analogo viene ripetuto dall’Icromm (piccola ma importante agenzia dell’Unesco, con sede a Roma, il cui scopo principale è il restauro dei centri storici). Non mancano esempi: da quelli di Beaune in Francia – dove pure esiste uno dei monumenti più visitati del Paese, ma il cui centro storico da anima dell’economia e della cultura della Borgogna è diventato una trappola per turisti – a quello di Varsavia, ricostruito (dopo che Hitler ne fece fare "terra bruciata") in base alle tele del Canaletto, ma diventato una scenografia da palcoscenico o da studio cinematografico. Per fare in modo che il centro storico dell’Aquila abbia un’anima non basta una ricostruzione ad opera d’arte, effettuata con la cura e l’amore che si ha proprio nei restauri delle opere d’arte. Occorre un disegno alto che gli dia una missione forte e non si basi sulla premessa – probabilmente illusoria – che, una volta completato il restauro, la popolazione rientri in abitazioni lasciate anni prima e riprenda attività economiche trasferitesi altrove.
L’Aquila è stata per secoli la capitale settentrionale dei vari regni che si sono succeduti nel Sud dell’Italia. Ultimo, in ordine di tempo, quello delle Due Sicilie. In quanto capitale settentrionale di regni rivolti verso il Mediterraneo, si è sempre caratterizzata come centro culturale , tecnologico ed economico non solamente amministrativo. La vita economica derivava, in grande misura, da quella culturale e tecnologica. La città può ipotizzare il proprio futuro riconquistando una centralità culturale e tecnologica e utilizzando come base l’università e il vicino Laboratorio del Gran Sasso. L’Aquila può insomma darsi come missione quella di diventare la «Cambridge dell’Italia centrale». Una missione che oggi può apparire più visionaria che realistica. Senza una visione, però, non si può dare un’anima neanche al centro storico più pregiato. Ciò comporta la necessità, sin da ora, di voltare drasticamente le spalle a prassi discutibili. In primo luogo, non si può creare un’università d’eccellenza (con centri di ricerca adeguati) se i docenti, anche quelli nati e cresciuti a L’Aquila, sono pendolari, vi pernottano per il tempo strettamente indispensabile, corrono tra una lezione e l’altra e vivono di fatto a Roma (dove ci sono maggiori opportunità per incarichi extra-accademici). In secondo luogo, è necessario un forte impegno scientifico e didattico al fine di acquisire quell’autorevolezza essenziale per avere un ruolo centrale in una rete culturale internazionale.
Commenta L'Articolo