UN'ALTRA PAGINA NERA NELLA STORIA DELLA CITTA'

Non possiamo tacere dinanzi alla barbarie che si è di nuovo manifestata per voce di un consigliere di maggioranza, nel consiglio comunale di ieri all'Aquila. Tanta scomposta reazione per il solo fatto che il nostro unico consigliere ha chiesto conto al sindaco, a cinque anni dal sisma, dell'efficacia del piano di protezione civile e di altre emergenze cittadine quali il lavoro e le politiche aggregative per le fasce più deboli della popolazione. Se quelli espressi ieri in consiglio sono i valori dell'Italia Dei Valori allora, sia ben chiaro, LCV, il movimento fatto da donne e uomini liberi e con coscienza, combatte quei valori e si considera altro rispetto a chi non prende le distanze da tale cinismo interessato. Oggi è stata scritta un'altra pagina nera, fra le tante dal 2009, da parte di questi uomini, espressione dei partiti di maggioranza che governano la città già prima del 2009. Un consiglio in dialetto con battutine, risatine, gomitate fra compagni di banco, riferimenti a terapie di gruppo per chi è emotivamente colpito e tante altre meschinità che hanno veramente poco di umano nel nostro contesto. Gli attori di questo teatrino drammatico provano a scambiarsi le parti per dare alla cittadinanza, che attende invano da 5 anni, un senso di movimento, recitando a vuoto dei falsi contenuti. Tuttavia il comun denominatore rimane sempre lo stesso: mantenere senza dissonanze la maggioranza fine a se stessa e mettere un'ipoteca su quel resta del futuro della città. La politica che si esprime dal 2009 è un mostro a più teste che di volta in volta si ricompone e mantiene la città divisa e nel degrado più assoluto, nonostante ci siano tutte le condizioni per dare un senso alla tragedia dell'Aquila e trasformare la stessa in opportunità per tutti i sopravvissuti. Ed invece no. Le varie espressioni partitiche da 5 anni mantengono la città in uno stato vegetativo considerando solo due cose, il dovere e l'ammutinamento. Tutto quello che viene ordinato di fare per mantenere il controllo della città è dovere e silenzio, tutto il resto è considerato ammutinamento e come tale è punito come sulle navi: la morte civile delle persone che provano a proporre un futuro per tutti. La segreteria politica di questo movimento, con lo spirito e con i valori che l'hanno accompagnata fin dalla nascita, ritiene di non poter tacere, di non assimilarsi ai tanti che si guardano bene dal dire quel che pensano perché, in questo sistema non democratico, con la sincerità e con il coraggio si trovano . Il silenzio e la negazione dei valori che la nostra collettività conserva potrebbero essere ammessi se fossero gli unici modi per sopravvivere ma questa di oggi nella città dell'Aquila, senza idea di città e senza visione del futuro, non è vita bensì negazione di un se collettivo a tempo indeterminato. E allora LCV censura l'atteggiamento di coloro che, con la certezza di poter avere delle prebende dai partiti, hanno eliminato ogni desiderio di dare un futuro a tutta la città, un futuro condiviso da tutti, indistintamente, sulla base di valori che non possono non essere condivisi da chi ha vissuto la nosta tragedia. Fra questi i primi valori sono la sicurezza dei cittadini nella nuova città e la dignità degli stessi espressa attraverso il lavoro ottenuto per meriti e non per conoscenza. Nei partiti di maggioranza e di opposizione deve tornare il coraggio di esprimere ciò che la coscienza ci dice, senza le sbarre del dovere di partito. Il momento è storico per la città dell'Aquila e non si può far finta di niente sia dentro il consiglio che fuori il consiglio. In ogni associazione di categoria o ordine professionale della città si deve levare alto lo sdegno per come stiamo ricostruendo L'Aquila. Alla Harvard University questo silenzio generale sarebbe definito come il frutto della Sindrome di Belmonte. Ma noi non possiamo permetterci pesi morti nel nostro contesto e nella nostra situazione. Chiediamo con forza alle persone di buona volontà di alzare i cuori e di prendere le distanze da ciò che la coscienza non considera un bene. Il momento lo impone. Infine, un invito all'ultimo arrivato, il dott. Trifuoggi. Dottore, lei di sicuro non ha accettato l'incarico offertole per mettersi in mostra e per cercare di avere un ruolo storico nell'album della ricostruzione di questa città. Si tiri per ora indietro e prenda anche lei le distanze da tale politica che non potrà mai fare il bene della città perché è macchiata dal peccato originario del 6 aprile, giorno in cui invece di mettersi con la cravatta a fare le foto e le dirette tv doveva stringersi intorno alle vittime, riconoscere di aver sbagliato, se non penalmente... di certo politicamente, e chiedere alla comunità di unirsi senza bandierine per rinascere nel bene di tutti. Questo la politica aquilana non lo ha fatto, ma si è arroccata nelle stanze del palazzo con altri traffichini venuti da Roma, ottenendo i risultati sotto gli occhi di tutti. Di nuovo, in alto i cuori.

Vincenzo Vittorini

Movimento civico L'Aquila che vogliamo



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