Il ministro Franceschini lancia la sfida «L’Aquila viva in cinque anni»

 «L’Aquila viva in cinque anni». Del resto, se il premier Matteo Renzi può prendersi la licenza di annunciare «una riforma al mese», il suo ministro per i Beni culturali e il turismo Dario Franceschini – tornato a quattro anni dal tour dei deputati Pd a passeggiare nel centro storico della città ferita – usando la stessa unità di misura del tempo, può spingersi a dire che basta un lustro, questa è la sfida, per ridare fiato almeno a un polmone della città. Se non il segno, la visita dell’uomo di governo, scortato dal sindaco Massimo Cialente, da mezza giunta comunale e dai vertici della Direzione beni culturali, è destinata a lasciare sul campo il dibattito tra scettici e fiduciosi dopo il tweet ottimistico delle 12,50. CINQUE ANNI. Il ministro, dopo la riunione tecnica, il giro a piedi (col sottofondo dell’abbaiare dei cani) dal Castello alla Fontana luminosa, dall’Auditorium di Renzo Piano (che il Comune vuole intitolare a Claudio Abbado) a Palazzo Ardinghelli, la visita ai pochi negozi che hanno riaperto, scrive al popolo di Twitter: «Una grande sfida nazionale: tra 5 anni restituire al mondo il centro storico dell’Aquila bello e vivo com’era prima del 2009». I commenti si sprecano. In tanti non ci credono. Ma tutti ci sperano. VIVA L’AQUILA. Franceschini sembra avere le idee chiare, mentre parla appoggiato alla fontana di piazza dei Gesuiti. «So bene che ad aprile finiranno i finanziamenti e il governo affronterà anche il nodo delle risorse, ma probabilmente verranno rintracciate senza nuove tasse» E subito dopo: «Un bel museo non serve a niente. Ci vuole una città viva. Ecco perché la sfida tutta italiana è quella di riconsegnare L’Aquila in 5 anni agli aquilani, ma nello stesso tempo farla ridiventare quella meraviglia architettonica che era, in un contesto di città vissuta. Qui c’è stato l’impegno dello Stato ma anche tanti ritardi e promesse non rispettate». I RESISTENTI. Che di resistenza si tratti, il ministro se ne accorge quando Rodrigo Mimmone gli mette nelle mani il registro degli scontrini del suo negozio di pasta all’uovo in via Garibaldi. «Non ce la facciamo: qui c’è poca gente ma le tasse sono troppe: Inps e Inail e tutto il resto. Ma non c’era la zona franca? Dobbiamo pagare tutto». «Lei resista», dice il ministro. «È una parola...e per tirare avanti?». Poi l’ospite emiliano si mette in bocca un tortellino e dice: «Siete degli eroi». Il pasticcere Tullio Manieri si fa trovare davanti al negozio con un vassoio di frappe e mignozzi. Altro che zucchero ci vuole, qui, per ingoiare l’amarezza del tempo che scorre invano. Il macellaio di via Leosini Giovanni Palumbo riceve i complimenti: «Tenga duro». Poi un salto al Ridotto per le prove dell’Orchestra Sinfonica, accolto dal segretario generale Giorgio Paravano. L’IDEA DI CIALENTE. Il sindaco, che con la senatrice Stefania Pezzopane plaude alla visita («segnale forte e importante, la musica è cambiata»), pensa a «una struttura ad hoc a livello governativo che si occupi della ricostruzione dell’Aquila con la presidenza del Consiglio, con Delrio, col ministero dell’Economia e il sottosegretario Legnini, oltre alla struttura «L’Aquila viva» col ministero per i Beni culturali, dove affrontiamo il problema del centro storico. Come? Credito d’imposta per interventi per riattrezzare i negozi; non mettiamo la Tarsu per cinque anni; avviamo l’operazione di affitti agevolati per creare una serie di agevolazioni per chi vuole rientrare in centro storico. La leva fiscale è fondamentale». Cialente ritrova il sorriso: «Siamo ripartiti bene, con Trigilia abbiamo perso un anno». Anno più, anno meno...
- da Il Centro -


 



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