Wojtyla, il santo, e i segni del paradiso

- di GIANFRANCO COLACITO -
(Foto: la croce sulla cima Wojtyla, San Pietro alla Ienca, Wojtyla cardinale alla villetta del Gran Sasso nel 1962) – Fattezze del paradiso, forse, le cercava con i suoi occhi stretti tra le palpebre socchiuse per il Sole anche quando se ne stava seduto su un macigno muschioso a San Pietro della Ienca, in silenzio nel silenzio sovrano del Gran Sasso. Forse i profili aerei di quelle montagne così solenni e disegnate nel cobalto del cielo erano i dintorni del paradiso. Nella sua mente e nel suo cuore di uomo speciale, vestito da papa. Ora, secondo le regole della Chiesa, Karol Wojtyla è sicuramente in paradiso e da lì compie miracoli. Uno riguarda una malata che lo pregò e guarì, ma forse la vox populi ne riferisce anche altri.
Il 27 aprile sarà santo. L’Aquila pare non essersene accorta, eppure è molto profondamente legata a questo evento.
La canonizzazione è la dichiarazione ufficiale della santità di una persona defunta da parte della Chiesa. Si proclama solennemente – in base ad un miracolo riconosciuto – che quella persona si trova con certezza in paradiso. Giovanni Paolo II può essere venerato in tutto il mondo, mentre da beato poteva esserlo solo in alcuni luoghi.
Nella Chiesa cattolica, la canonizzazione avviene al termine di una lunga e spesso controversa procedura. E’ necessario che vengano riconosciuti dei miracoli attribuiti all’intercessione della persona oggetto del processo. Per il polacco (che molti volevano istintivamente “santo subito”) la procedura non è stata lunga. Segno che quell’uomo ha sempre toccato nel profondo fedeli e non fedeli, evidenza di cui la Chiesa si è accorta.
Un mistero, infatti, aleggia e aleggiava in vita attorno al papa oggi quasi santo. Una inspiegabile percezione che tocca chi crede ma soprattutto – e questo accade di rado – chi non crede, eppure avverte, come Einstein e altri grandi cervelli della storia, appunto il mistero distante e non conoscibile che pare pulsare nell’Universo, fatto non di spazio, non di tempo, ma di guizzanti primarie energie. La meccanica quantistica, frontiera estrema della fisica, del resto, conferma. La realtà non è come appare. Dunque, taluni uomini non sono come gli altri uomini? L’inconoscibile, probabilmente, è come l’omino che attraversa la piazza buia con dei lampioni accesi. Quando la luce lo illumina, si scorge. Esiste. Quando percorre l’ombra, smette di esistere. Accade anche nelle dimensioni di Planck.
Wojtyla è nato il 18 maggio 1920 durante un’eclisse di Sole. I funerali si sono svolti nell’aprile 2005, durante un’eclisse di Sole. Lucia si chiamava la pastorella veggente di Fatima, Lucia si chiamava la suora che consentì la cattura a San Pietro di Alì Agca, l’attentatore. Lo trattenne per un braccio impedendone la fuga. Questione di attimi, ma essenziali.
Attentato il 13 maggio alle 17. Il 13 maggio alle 17, presunta apparizione di Fatima. A Maria Woytjla era profondamente devoto.
Sono le coincidenze rievocate su Voyager di Roberto Giacobbo, in un servizio dedicato alla canonizzazione. Certo, va detto, un’eclissi di Sole non è fenomeno rarissimo e tra quello della nascita e quello della morte del papa ce ne sono state altre. Ma alcuni elementi lasciano pensare, destano interrogativi. E’ sciocco colui che rifiuta a priori qualsiasi ipotesi e qualsiasi dato, respingendo tutti gli argomenti in cui non crede. E’ sciocco anche colui che crede senza criticare, senza razionalizzare. Ma c’è, in alcuni casi, una via di mezzo che non si può ignorare. C’è un’ampia, insondabile fascia di indeterminazione, sulla quale non è possibile fare luce.
Che Giovanni Paolo II suscitasse attorno a sé delle percezioni assolutamente uniche può testimoniarlo chiunque lo abbia avvicinato. Chi scrive lo ha avvicinato molte volte, da cronista delle visite papali in Abruzzo, Marche e Molise. Lo ha osservato e ne ha analizzato sguardi e movimenti. Traendone sensazioni del tutto inspiegabili e inedite.
Sarà sicuramente un caso, ma indimenticabile, che la prima notizia al mondo sulla escursione del papa al Gran Sasso fu lanciata dall’AGI, di cui chi scrive era corrispondente in Abruzzo. Il papa sciatore fece il giro del globo, causando stupore e incredulità, ma era tutto vero. Stupefacente, in quegli anni lontani (fine anni Settanta, primi anni Ottanta del secolo scorso) un pontefice sciatore. Strepitoso giornalisticamente. E confermato.
E poi tante altre occasioni e viaggi, scappatelle e foto rubate. Anche una inattesa, fortuita intervista “clandestina”, fatta di scambi di domande a Giovanni Paolo II ai Piani di Pezza di Rocca di Mezzo.


Siamo alla vigilia del 27 aprile, giorno della canonizzazione. Sull’autostrada ci sono indicazioni del santuario della Ienca, ma non c’è scritto dove uscire per arrivarci. Basterebbe aggiungere “uscita Assergi”. Ma è troppo difficile, forse. Il santuario non ha bagni, non è vigilato, non sono stati eseguiti i lavori mille volte promessi e descritti. Si fatica a tenere aperta la porta della chiesina e la strada ingombra di neve. Mille ostacoli, burocrazie, lentezze, micragnosità economiche, meschinerie e piccolezze da terzo mondo. Il tempo stringe. Giovanni Paolo II è sempre lassù, alla Ienca, presenza indelebile. Lo credono migliaia di pellegrini, che diventeranno decine di migliaia. Nessuno, in fondo, può davvero provare che abbiano torto o ragione. Ma, ricordiamo, nella natura il tempo non esiste nel substrato delle cose. L’Aquila si ridesti dal suo torpore perenne, patologia perniciosa.

- da inabruzzo -



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