La "Sciusciona" e "j'orte a peje la valle"...l'albero maledetto

 - di Sante Acitelli - La mia bisnonna Domenica, detta la "Sciusciona" aveva "j'orte a peje la valle" (l'orto nella valle bassa - n.d.r.), confinante con quello della sorella Massimina; sul suo orto cresceva un albero, un olmo che, per esposizione, mandava l'ombra nell'orto della sorella dove Massimina si riposava, cosa che non faceva piacere alla mia bisnonna perchè si riteneva proprietaria non solo dell'albero ma anche dell'ombra!
Non doveva correre buon sangue tra le due sorelle visto che la mia bisnonna le ripeteva: "che stu' sole te pozza cecà" e Massimina le rispondeva: "te dicesti a te pigliasti". Fatto sta che la mia bisnonna morì cieca! Da allora quell'albero divenne .... l'Albero Maledetto!


Passano gli anni, gli orti furono abbandonati come purtroppo avviene ed un bel giorno l'olmo crollò a terra, tanto era vecchio! Non potevo lasciarlo lì e così decisi di portarlo in segheria, un pò per farne legna ma soprattutto per mantenere un ricordo di due donne anziane alle quali ero molto legato. Contattai il trasportatore, convenimmo il compenso e ci demmo appuntamento; quando arrivò mi disse che non valeva assolutamente la pena di portarlo in segheria perchè il legno era fradicio e non ne avrei ricavato neanche legna da ardere ma io, testardo, decisi di portarlo lo stesso! Lo sramò, lo tagliò in tronchi da due metri (la giusta misura per farlo salire sul cassone del camion), caricò e lo trasportammo. Anche il titolare della segheria, quando vide di cosa si trattava, mi sconsigliò di tagliarlo ma io insistetti; mi disse che la lama avrebbe fatto tagli ogni nove centimetri di spessore ma che di tavole ne avrei ottenute pochissime ed il tutto si sarebbe trasformato in segatura ed ogni volta che la lama tagliava erano 10.000 lire (tanti anni fà); gli dissi di tagliare comunque perchè, per me, era importante anche ottenere una sola tavola; non
era per il legno ma per il ricordo.
Notai gli sguardi ironici che si scambiarono il trasportatore ed il titolare, l'atteggiamento dell'operatore che sistemava il primo tronco sotto la sega ed i sorrisi quando la lama attraversò il legno senza resistenza, tanto si sbriciolò! "Che faccio continuo?" Mi domandò il titolare? Gli risposi di sì: "fino a tagliare tutti i tronchi" e rimasi ad osservare speranzoso raccontando la storia di quell'Albero Maledetto. La mia testardaggine o la mia stupidità come la consideravano, si trasformò in partecipazione; non sogghignarono più, i loro sguardi divennero attenti, nei loro occhi si leggeva la delusione quando la lama affondava "a vuoto" e fu bellissimo l'urlo di gioia quando una tavola uscì integra, poco mancò che ci abbracciamo tutti. Risultato! Dei dodici metri di albero, ricavammo solo due tavole (scrivo al plurale perchè ormai quell'albero era diventato di tutti noi)! Il titolare della segheria non volle nulla per il lavoro ed anzi mi disse: grazie!
Il trasportatore mi offrì da bere e si fece pagare solo la metà del compenso pattuito!
Uscimmo tutti più "ricchi" da quella esperienza: ricchi "dentro", ricchi di aver fatto qualcosa di bello; un vecchio albero che ha condizionato la vita di due donne morte mezzo secolo fà e che, oggi, ci lascia un ricordo bellissimo! P.S. delle due tavole, una fa da spalliera al letto di un mio amico e
l'altra fa da arredamento al camino di casa.

by Cifone
 



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