Il direttore del GSSI: sì alla città della conoscenza

Una vita per la fisica e lo studio dell’universo. All’Aquila ha diretto per tre anni i Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso. E qui ha deciso di fondare il Gran Sasso Science Institute, una scuola internazionale di formazione post-universitaria, che fonde sapientemente didattica e ricerca. L’ambizioso progetto punta a trasformare il capoluogo abruzzese in una «città della conoscenza», al pari di Oxford, Cambridge o Pisa. Il 6 aprile 2009 L’Aquila viene devastata dal terremoto.

Quali sono state le conseguenze del disastro sui Laboratori di fisica nucleare? «La notte del sisma ero a Pisa per un congresso. Appena ho saputo l’accaduto sono rientrato all’Aquila e ho constatato che i Laboratori e la sede di Assergi non avevano subìto conseguenze, né dal punto di vista strutturale che degli esperimenti in corso. Ma il 90 per cento dei dipendenti era rimasto senza casa: mi sono trovato a gestire una situazione difficile, per garantire il buon funzionamento dei Laboratori sotterranei. In quell’occasione ho avuto modo di vedere la grande dedizione dei ricercatori dell’Infn, che continuavano a svolgere il loro lavoro con grande professionalità, nonostante fuori regnasse la distruzione totale».

Per alcuni mesi avete messo a disposizione della facoltà di Fisica la sede di Assergi. È in quest’occasione che ha preso corpo il progetto Gran Sasso Science Institute? «L’ateneo aquilano aveva avuto danni pesantissimi. Su richiesta del preside abbiamo ospitato le lezioni e gli esami della facoltà di Fisica nella struttura di Assergi. L’occasione per sviluppare un’idea legata alla nascita, all’Aquila, di una scuola internazionale di dottorato di ricerca. Un modo per contribuire a rilanciare l’immagine e l’economia di una città duramente colpita dal sisma, che poteva comunque risultare attrattiva per gli studenti. Ne ho parlato con l’allora preside della facoltà di Scienze Paola Inverardi, e con Piero Marcati, direttore del Dipartimento di Matematica. Il 3 luglio 2009 il progetto è finito sul tavolo del governo e l’Ocse lo ha giudicato il più importante tra quelli messi in campo per rilanciare il tessuto economico della città».

Quali indirizzi di studio abbraccia il Gran Sasso Science Institute? «La scuola di specializzazione, che ha sede alla Villa Comunale, nell’ex Isef, prevede dottorati di formazione e ricerca in fisica, matematica, informatica e scienze sociali. Il progetto è stato approvato dal governo Monti nel 2012, ma l’inizio dell’attività risale a ottobre dello scorso anno. Per l’annualità 2013-2014 abbiamo ricevuto 552 richieste di ammissione da laureati di tutto il mondo: ne sono stati selezionati 36 sui quattro corsi di dottorato». L’attività della scuola non è finalizzata solo alla formazione di eccellenze, ma ha uno stretto legame con il territorio. «Sì. Il centro di ricerca, nella prima fase sperimentale di tre anni, sarà gestito dall’Infn. La prospettiva è di elevarlo ad ateneo a ordinamento speciale. I motivi che ci hanno spinto a mettere in campo l’iniziativa sono molteplici: la volontà di far entrare L’Aquila nella mappa delle città della conoscenza, richiamando qui scienziati e ricercatori da tutto il mondo. Il secondo obiettivo è fungere da polo di attrazione anche per l’Università. Abbiamo, infatti, già avviato un progetto di borse di studio per gli studenti meritevoli che si iscrivono all’ateneo aquilano».

Su quali progetti di ricerca lavorano gli studenti? «Alcune tematiche riguardano l’attività dei Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso. Ci sono, poi, nuovi spin-off finalizzati alla crescita e allo sviluppo, che potranno avere ricadute positive sul territorio».

In qualità di presidente del Comitato internazionale sulle onde gravitazionali, come giudica la scoperta di un gruppo di scienziati di Harvard sulle tracce delle onde gravitazionali del Big Bang? «Per la prima volta sono stati registrati segnali di una fase primordiale, di “infanzia” dell’universo, che finora non erano noti alla comunità scientifica internazionale. Questo ci indica la strada per selezionare le tante teorie sulla nascita dello stesso e indirizzare gli studi futuri per comprendere la natura delle forze fondamentali. I dati della ricerca sembrano confermare che le onde gravitazionali emesse dal Big Bang si sono amplificate, portando l’universo a nascere e amplificarsi in una frazione di secondo. Ecco perché le onde non si sono smorzate con il tempo, perché si sono moltiplicate. Ora è stato possibile rilevarne le impronte su una superficie di fondo di radiazioni di fotoni».

- da Il Centro -



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