Restituita la reliquia rubata poi ne spunta una nuova

Restituiti alla Curia arcivescovile i frammenti della reliquia di Papa Giovanni Paolo II rubata due mesi fa dal santuario di San Pietro della Jenca, ai piedi del Gran Sasso, contenente il sangue del defunto Papa, e recuperata dalla polizia il 30 gennaio scorso. La riconsegna è avvenuta ieri negli uffici della questura, presenti, tra gli altri, Maurilio Grasso, dirigente della squadra Mobile, Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliare, e don Carmelo Pagano Le Rose, cappellano della polizia. Presente anche Pasquale Corriere, presidente dell’associazione culturale «San Pietro della Jenca». La restituzione è stata resa possibile dopo che la Procura ha emesso un decreto di dissequestro di tutto il materiale religioso rinvenuto dalla polizia, disponendone la restituzione all’arcidiocesi. Per custodire i frammenti sarà usato un reliquiario regalo della comunità ecclesiale e civile di Bisceglie (Barletta-Andria-Trani). «Si conclude questa storia nel migliore dei modi», ha commentato D’Ercole. «È stato fatto un grande lavoro. In tanti, non soltanto le forze dell’ordine, hanno messo impegno e sofferenza quando tutto sembrava perduto». «Ora», ha detto ancora, «si deve pensare all’installazione di un impianto di sicurezza al santuario, ne stiamo discutendo con il Comune». Ma la cerimonia è stata caratterizzata da due novità. Il vescovo, infatti, ha esibito una nuova reliquia che sarà posta nel santuario dopo la canonizzazione del 27 aprile e un’altra ancora è stata donata al cappellano della polizia come riconoscenza per il buon risultato delle indagini. Un dono graditissimo che ha sorpreso piacevolmente Grasso il quale concorderà con il questore un luogo adatto per custodire il reperto. La reliquia, quella restituita ieri, venne rubata dal santuario la notte tra il 25 e il 26 gennaio da tre giovani, Simone Scopano, Davide Celletti, Alessandro Acierno, ora indagati, che, pensando di avere a che fare con un oggetto di grande valore economico, avevano provato a rivendere tutti i pezzi sottratti. Resisi conto solo in un secondo momento che il contenuto della teca non era oro e, quindi, non ne avrebbero ricavato un utile vendendolo, se ne liberarono seppellendola all’interno del Parco di Collemaggio. Cominciate dai carabinieri, le indagini vennero poi proseguite dalla polizia consentendo di accertare che l’idea di sottrarre il reliquiario fu di uno dei giovani, un elettricista che aveva svolto lavori nell’area del luogo di culto.

- da Il Centro -

 



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