All’Aquila dottorandi da tutta Italia in occasione degli incontri di Fisica Speranze, aspirazioni

All’Aquila dottorandi da tutta Italia in occasione degli incontri di Fisica
Speranze, aspirazioni e una certezza: sappiamo già che qui non c’è futuro

«Noi, ricercatori in Italia con il destino segnato»
L’AQUILA Marco Mariti ha 25 anni, riccioli chiari e faccia furba; Francesco Negro ne ha 27 ed è alto più di tutti i suoi colleghi: dicono che assomigli ad Aldo el trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo. C’è anche la tedesca Katharina Von Sturm, che viene da una cittadina vicino a Stoccarda, anche lei 27enne. Hanno il sorriso fresco di chi ama il proprio lavoro, ma parlano una lingua difficile da capire per i loro coetanei che nella vita fanno tutt’altro: quella della fisica teorica e sperimentale. È “l’esercito dei fisici” - dottorandi, post-doc, ma molti anche professori associati, la maggior parte under 30 - arrivati all’Aquila da tutt’Italia per la tre giorni dell’Ifae, la XIII conferenza nazionale “Incontri di Fisica delle alte energie” che ogni anno si riunisce in una diversa città d’Italia. L’anno scorso Cagliari, l’anno prossimo Roma; quest’anno tocca alla città che ospita il Gran Sasso Science Institute, diretto da Eugenio Coccia (uno degli enti che, insieme ai Laboratori nazionali del Gran Sasso, ha organizzato la convention) ospitare il confronto scientifico che si sviluppa tra l’Auditorium di Renzo Piano, al parco del Castello, e Assergi, sede dei Laboratori di fisica. Oggi è l’ultimo giorno e per molti giovani ricercatori si è trattata della loro prima occasione di presentare davanti a un centinaio di scienziati un loro progetto di ricerca. Marco Mariti, ad esempio, viene da Lucca e studia Fisica teorica a Pisa. Ha illustrato il suo lavoro teorico sulle proprietà magnetiche del “Quark gluon plasma”, «uno stato della materia che si realizza nella collisione tra ioni pesanti», spiega. Roba complessa per la gente comune, che «non ha ricadute nella vita di tutti i giorni», prosegue Marco sorridendo, ma è un piccolo granello di ricerca «utile per la comprensione dei meccanismi di evoluzione di tale stato: un lavoro che contribuisce a fare andare avanti la ricerca scientifica, come tanti altri progetti internazionali aperti nell’ambito dello studio delle leggi della fisica delle particelle elementari». Ma restare in Italia a fare ricerca è difficile. «Sappiamo già che qui non c’è futuro», dice Marco, qualche settimana fa a Chicago e Zurigo, confermando un’opinione generale: «La mia aspirazione è portare avanti una passione nata negli anni del liceo, grazie a un professore che ha saputo darmi i giusti suggerimenti». E mentre i suoi coetanei leggevano romanzi, lui cresceva a suon di saggi scientifici. Sono ragazzi che amano studiare. «Siamo spinti da una misteriosa curiosità verso le leggi dell’universo«, raccontano Giovanni Zurzolo, 28 anni, e Vieri Candelise, 27. Vengono entrambi dalla Calabria, si sono laureati insieme e ritrovati all’Aquila dopo quattro anni. Giovanni è un dottorando, lavora a un progetto di ricerca che cerca di scoprire che cosa c’è oltre il modello standard del Bosone di Higgs; Vieri è un post-doc impegnato in progetti di fisica sperimentale. Anche loro sanno che dovranno, prima o poi, lasciare l’Italia, malgrado qui la comunità scientifica sia di alta qualità. «Soprattutto quella che ruota intorno al mondo universitario e all’Infn», spiegano dopo che Giovanni ha ripassato davanti all’amico tutto il lavoro che presenterà di lì a pochi minuti. «Perché andremo via? Per una questione di opportunità, forse anche di guadagno». In Italia dottorandi e post-doc hanno uno stipendio rispettivamente di mille e 1.500 euro: poco, per ragazzi il cui studio è legato alla scienza, quella con la “S” maiuscola, dove si discute di Bosone di Higgs, di neutrini e materia oscura, di messaggi cosmici, di ioni pesanti, di fisica delle collisioni ultra-periferiche. Stiamo parlando di progetti che rientrano nei più grandi esperimento mondiali nell’ambito della fisica. Lo sa anche Katharina Von Sturm, dottoranda di fisica sperimentale all’università di Padova da oltre un anno. Innamorata dell’Italia, le è piaciuto «molto più l’Auditorium di Renzo Piano che i laboratori di Assergi». Il lavoro che Katharina ha presentato rientra nell’esperimento Gerda: «Cerchiamo di capire di che natura è il neutrino». Il futuro? «Non ci penso, per me conta il presente. E poi, è nella natura della professione del ricercatore non fermarsi mai oltre due-tre anni nello stesso Paese. Mi piacerebbe girare il mondo». Francesco Negro viene da Genova. Studia le interazioni tra le particelle elementari. Anche lui si è appassionato alla fisica tra i banchi dello Scientifico: un altro esempio di quanto sia importante il livello dell’istruzione superiore nella formazione futura dei giovani.

- da Il Centro -

 



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