Assergi antico - Chiesa di Santa Maria Assunta

Assergi possiede un edificio di culto cristiano di inestimabile valore artistico, culturale, storico e architettonico: la Chiesa di Santa Maria Assunta in piazza S. Franco, costruita intorno al 1150, un gioiello di architettura romanica del XII secolo, mentre la facciata ha un portone e un rosone costruito in stile gotico. Secoli di storia l'anno attraversata, la mano dell'uomo l'ha plasmata, decorata, arricchita di preziosissimi lavori che le hanno dato quella bellezza artistica che si conserva (in parte) tuttora.

Tanto è stato scritto e da tanti autori su quest'opera che è forse la più rappresentativa per Assergi, ma nessuno come don Demetrio, che ho avuto la fortuna di conoscere, è stato così incisivo e determinante nel fare piena luce con la sua personale e minuziosa ricerca dei particolari, con la sua scrittura dettagliata sulla chiesa di S. Maria Assunta. Don Demetrio, che come tutti sanno fu parroco in Assergi e che curò di persona i restauri dell'edificio, scrisse il libro " Assergi e S. Franco ", 439 pagine con bellissime fotografie in bianco e nero in appendice, che parla della storia di Assergi e della chiesa, di S. Franco protettore. 
Prima di chiudere, vorrei citare il secondo paragrafo a pag.180 del libro, riguardante la partecipazione di don Demetrio ai lavori di restauro della chiesa:

"Il nuovo pavimento corrisponde alle istruzioni del Soprintendente prof. Guglielmo Mattiae che, in data 15 dicembre 1964, mi scriveva tra l'altro: < Per quanto riguarda la costruzione del pavimento si precisa fin da ora che l'opera dovrà essere realizzata con mattoni in cotto rettificati dalle fornaci Impruneta o di tipo analogo, riquadrati con marmo grezzo alla superficie di Vigliano o di Trani" >.
                                                        Demetrio Gianfrancesco, 1980.

Assergi - Chiesa di S.Maria Assunta.

 

Dal libro "Assergi e S. Franco Eremita del Gran Sasso" di Demetrio Gianfrancesco, che, come dice l'autore nella sua premessa a pag. 9, ha visto la luce nel 1967 ed è stato finito di stampare nel settembre del 1980, ecco l'autorevole descrizione della chiesa di S. Maria Assunta.

 La Chiesa e l’Arte

 
 
La data dell’edificazione (o riedificazione?) del tempio di S. Maria Assunta in Assergi ad opera di Berardo, vescovo di Forcona, è riportata in una piccola pergamena, scritta in latino, rinvenuta insieme con reliquie di Santi in una scatolina di legno rotonda con piede, in data incerta, nella demolizione dell’altare di S. Egidio, già eretto nella recuperata cappella adiacente all’altare lapideo di S. Franco. Ma non poteva essere quella la collocazione originaria, essendo l’altare di S. Egidio molto posteriore.

 

Secondo Eva Tea (1886 – 1971), docente e storica dell' Arte , accanto alle chiese basilicali comparve  nel secolo XII un nuovo tipo di pianta, quella rettangolare o quadrata senza abside o con semplice piccola nicchia, come a Santa Maria Assunta di Assergi. La chiesa del 1150 non aveva, però, le forme e le dimensioni di quella attuale. Era ad una sola navata, come scriveva il De Dominicis: << Della prima costruzione ad una navata resta soltanto la cripta, recuperata intatta nel suo impianto strutturale di origine attraverso i recenti lavori di liberazione, che, per altro, hanno portato un contributo decisivo alla chiarificazione delle varie vicende di tutto il complesso monumentale, permettendone la ricostruzione, per ora ideale, nelle sue varie fasi >>.

 

Rimosso l’intonaco dai muri della cripta, sono state scoperte  -  nella parete di sinistra  -  due finestrine cieche che gettano, però, sprazzi di luce sulla storia dell’architettura del sacro edificio. Esse, che una volta dovevano essere aperte sulla campagna, forse sull’orto dei monaci, mentre oggi danno su due tombe della chiesa superiore, manifestano e confermano ciò che già si poteva arguire dalla presenza di una spigolo di pietra sommerso nella muratura di espansione della larga facciata absidale: cioè che la primitiva chiesa fu appunto a una sola navata. La cripta ne occupa esattamente la metà.

 

 

La cripta.

 

Questa sorse, con ogni probabilità, anteriormente al 1150, sul posto di una precedente chiesetta monastica ed ebbe (o conservò) il nome di “S. Maria in Sìlice”, derivante dalla natura rocciosa del suolo.

 

Infatti, le cinque colonnine dell’altare, riscoperte il 16 dicembre 1965, poggiano sulla viva pietra, anzi, una di esse affonda in un leggero incavo appositamente praticato. Le sottili colonnine hanno un foro alla sommità, contenente, all’atto del ritrovamento, piccole tracce quasi certamente di ossa polverizzate: mentre l’Arcivescovo Carrano decretava di porre la pietra sacra “nell’altare della cripta per potervi celebrare la messa”. Evidentemente ignorava la presenza delle reliquie nei pilastrini sepolti e nascosti sotto la mensa di pietra, che per metà era scoperta e fungeva da altare.

 

Nella cavità della colonnina centrale è stata riposta una pergamena a ricordo dei lavori eseguiti tra il 15 dicembre 1965 e il 1° giugno 1966, per effetto dei quali la cripta si ammira in tutta la sua primitiva severa bellezza, anche con la sobria illuminazione elettrica. L’antico altare in pietra era stato incorporato in una costruzione di stucco. Demolita la sovrastruttura barocca si è riscoperta la visuale dell’abside, con l’agile finestrina che è servita da modello per il ripristino di quelle laterali, riquadrate e ingrandite nel 1870.

 

Rimosso il cancello di ferro, è stato restituito l’arco all’ingresso della cripta, la cui scalinata si è accresciuta di quattro gradini, in seguito al ritrovamento del piano del vecchio pavimento dell’aula, che era stato interrato fin quasi a livello del presbiterio (presbiterio deriva da presbitero, ed è un termine liturgico e architettonico per indicare la parte della chiesa riservata al clero officiante)

Schema di presbiterio.


Contiene l'altare se presente, o l'altare maggiore se ve ne è più d'uno, forse in occasione della urgente apertura delle sei tombe della chiesa dopo la peste del 1656. Il pavimento è stato rinnovato ad imitazione di quello preesistente, trovato in pessime condizioni, fatto di calce rossiccia per mattone pesto.

 

Notevoli due plinti di pietra grezza forati, rinvenuti sepolti nel pavimento e reintegrati sui presunti rispettivi basamenti dalle misure corrispondenti: con probabilità vi erano fissati i montanti di legno, che portavano uno steccato divisorio (specie di iconostasi), per impedire l’accesso del popolo al presbiterio con il muretto di sopraelevazione della cancellata di ferro. La predisposta impossibilità di accesso al presbiterio con il muretto di sopraelevazione senza accenno di scala e la cancellata di sbarramento costituiscono, dal punto di vista icnografico, una nota veramente singolare ed unica in Abruzzo.

 

E’ superato anche il dubbio del Gavini, condiviso da altri, riguardo alla presunta continuazione del caratteristico vano attiguo e coevo alla cripta, che si credeva fosse in origine di area doppia, nel senso che occupasse anche la parte sottostante alla terza crocera della nave di sopra adibita a uso di sepolcro.

 

Scendendo nella mistica chiesetta sotterranea, ritornata alla fisionomia e snellezza originarie, ci si trova di fronte ad un’architettura del passato realizzata, è vero, con povertà di mezzi e con materiali ingrati, ma con tanta potenza espressiva da portare immediatamente il pensiero al raccoglimento ed alla meditazione.

 

La chiesa superiore.

 

Tra la fine del secolo XIII e il secolo seguente la primitiva chiesa sorta sulla cripta venne ampliata e sviluppata a pianta basilicale (lunghezza interno m. 22, larghezza m. 17), a tre navate con sei colonne rotonde e otto arconi, in pietra: impossibile precisare se il lavoro fu eseguito per iniziativa dei monaci o dopo la loro partenza.

 

Nella prima metà del XV secolo fu costruita l’attuale facciata, probabile opera di maestri comacini o lombardi, con il bel portale di stile romanico, simile e coevo a quello della chiesa dentro le mura cittadine oggi detta del Carmine, fondata dagli assergesi nel secolo XIV o XV. L’architrave è ornato di ramoscelli di vite e di pioppo o edera, nascenti da piccolissimi vasi con l’Agnello tra due stemmi di Assergi, nei quali la spiga si eleva sulla vetta del centrale di tre colli (mentre in altri stemmi figurano sei colli).

 

La pittura della lunetta rappresentava la Madonna con S. Franco e S. Egidio ai lati.

 

A destra del portale, che alcuni attribuiscono al secolo XII, è inserita una piccola pietra scura rettangolare, purtroppo rovesciata, scolpita in quattro riquadri, uno dei quali reca la croce benedettina. Potrebbe essere un avanzo della vecchia facciata, quella primitiva, di cui è ignota la conformazione.

 

Forse verso il 1446, cioè qualche anno dopo che la porta era già in opera, fu eseguito lo splendido rosone gotico, dove è chiaro l’intervento delle maestranze aquilane educate alla scuola di Collemaggio. Esso somiglia ad altri due rosoni gemelli, uno a Rosciolo e l’altro ad Albe, tanto che le tre opere, diverse solo un po’ nelle dimensioni e in qualche particolare, possono dirsi dello stesso artefice.
 

Uno splendido primo piano del rosone gotico della facciata di S. Maria Assunta.


 

In quel tempo dovette essere sviluppato anche il caratteristico campanile a vela e forse furono costruite, se pure non preesistevano, le due cappelle delle navate nord e sud con archi di pietra, nonché l’aula della sacrestia, ancor pavimentata con lastroni del ‘500. Il  portichetto dell’ingresso laterale è quasi interamente costruito di materiale frammentario che va dal XII al XVI secolo. Notevole la pietra con lo stemma di Assergi, sormontato da una pigna, simbolo della saggezza per l’armonica e sapiente distribuzione dei suoi semi.

 

Col Seicento termina la storia monumentale di Santa Maria di Assergi e ne comincia la trasformazione barocca. Il gusto d’Italia tutta sentiva il bisogno di svincolarsi dalla sobria eleganza del Cinquecento. Non si ebbe il coraggio di smantellare la facciata, ma l’interno della chiesa subì trasformazioni organiche tali da cancellare ogni carattere di rinascenza. Gli artisti del XVIII secolo non si fecero scrupolo di spiccar volte su quadri dipinti a fresco, di seppellire colonne dentro piloni di muratura. Nel 1746 le colonne furono riquadrate e fu ristuccata la Chiesa. Nel 1781 l’edificio fu rialzato, con notevole pregiudizio della statica, nonché dell’estetica propria del carattere romanico. Fu murata la finestra a rosone della facciata e quella sesti acuta sopra l’abside e furono aperti otto finestroni laterali, quattro per ciascuna parete, nel tratto di muro sopraelevato.

Chiesa di S. Maria Assunta - facciata absidale.

Su progetto della Soprintendenza ai Monumenti, sotto il cui vincolo si trova la chiesa per il suo carattere artistico, con l’autorizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione ai sensi dell’art. 2 della Legge 1-6-1939, n. 1089, furono eseguiti i lavori della chiesa superiore, nel periodo compreso fra il 23 novembre 1964 e il 6 marzo 1965.

 

Liberate le colonne dagli stucchi settecenteschi, fu rimosso il pavimento e, formato il vespaio di pietre, fu gettato il massetto di cemento armato, necessario per il consolidamento dei numerosi vuoti sottostanti (cripta e tombe). Il vecchio e sconnesso pavimento, simile a quello lasciato nella sacrestia, era di semplicissimi lastroni di pietra calcarea, due dei quali, datati 8 maggio 1538, son conservati nel piccolo museo parrocchiale, pavimentato, insieme con la stanza attigua alla cripta, con le migliori pietre recuperate nella chiesa.

 

Non sappiamo come fosse il pavimento della chiesa del 1150 a una navata e neanche di quella attuale con le tre navate, dal tempo dell’ampliamento fino al 1538.

 

E’ scomparso l’altare maggiore barocco, in muratura, alto e pesante, che impediva la vista dell’abside, sfondo tipico del tempio romanico. Il nuovo altare, frontale, è costituito dalla mensa medioevale rinvenuta nella demolizione dell’altare di S. Franco, nel 1973.

 

A fianco di esso spicca il meraviglioso tabernacolo del 1502, in pietra policroma, di Michele il  Tedesco. Sintesi di arte gotica e rinascimentale, è “lavoro rarissimo ed originale” non trovandosi negli Abruzzi nulla di somigliante, eseguito con quella franchezza e genialità che sono proprie dei grandi maestri. Al vertice porta scolpita la fiamma, al centro il calice con l’Ostia, a destra lo stemma di Assergi. Sotto l’archetto cuspidato, che si sviluppa su due eleganti pilastrini quadrati, è dipinto un espressivo Cristo morto, col sangue che scende dallo squarcio del petto: realistico intuitivo richiamo  all’Eucarestia. Il mirabile affresco è attribuito a Francesco da Montereale, morto intorno al 1541 e sepolto nella chiesa di S. Francesco, nell’Aquila, demolita nel 1878. I due angeli che sorreggono il Cristo sono quasi completamente perduti a causa di un inspiegabile trasferimento subìto dal tabernacolo che il Gavini trovò nella parete settentrionale della chiesa, a sinistra dell’altare di S. Franco, e del quale curò il ritorno al posto di origine, verso il 1900.

                                                                                Demetrio Gianfrancesco, 1980.

 

Un'immagine di don Demetrio, già arciprete presso la chiesa del Cristo Re all'Aquila, visibilmente commosso, mentre osserva il quadro della Madonna donatogli dalla comunità di Assergi sull'altare della chiesa di S. Maria Assunta che fu per molti anni la sua parrocchia. Egli fu chiamato ad Assergi per ricevere l'omaggio  e volle celebrare egli stesso la funzione religiosa nella chiesa che aveva tanto amato. Quel giorno vi ritornò con tanta nostalgia, nel poter stare dentro a quelle sacre mura assieme a coloro che un tempo erano stati i suoi parrocchiani. Fu quella l'ultima apparizione di don Demetrio nella chiesa di Assergi. La fotografia risale al 1993.            
 
 

Al suo interno, S. Maria Assunta ospita numerosi quadri e affreschi di inestimabile valore. Qui si possono vedere tra le statue della Madonna e di S. Antonio.

 



Notizie:  La chiesa di S. Maria Assunta (già S. Franco) sorge sullo sperone roccioso che chiude ad oriente l'abitato di Assergi. La chiesa mostra oggi un volto essenzialmente tardo romanico ma le sue strutture testimoniano ancora un passato artistico complesso ed articolato che ha visto nel corso dei secoli il succedersi di tanti e svariati interventi architettonici: ampliamenti, restauri, consolidamenti, ammodernamenti ed infine un discusso restauro in stile. In luogo di un più antico monastero, probabilmente dedicato a S. Maria in Selice, nel 1150 è edificata la nuova chiesa per volontà del vescovo di Forcona Berardo, come ricorda un piccolo cartiglio di pergamena rivenuto nella demolizione dell'altare dedicato a S. Egidio alla fine del Settecento; le strutture di questa primitiva chiesa, in seguito dedicata a S. Franco (eremita nato a Roio nel 1156 e morto santamente tra il 1220 e il 1230), possono essere individuate nella cripta dell'odierna S. Maria Assunta.

Una delle tre navate centrali.
 



 La cripta è stata ricondotta alla sua "primitiva severa bellezza" (Gianfrancesco D, 1980) dai restauri condotti dalla Sovrintendenza tra il 1965-66, durante i quali furono elimiate le decorazioni barocche settecentesche. La cripta mostra oggi un impianto a tre navate con archi a tutto sesto e copertura a volta a crociera; i fusti delle colonne monolotiche si ergono senza base e sostengono dei larghi capitelli, due dei quali dalla "forma cubica pulvinata" (Gavini, 1937), gli altri scolpiti con un irregolare motivo a dentelli. Su di un capitello è leggibile l'iscrizione ALDO PR ET MONAHI (Aldo presbitero, o priore, e i monaci - Gianfrancesco, 1980).




 

Sotto la Chiesa, la cripta con l'urna di S.Franco.







In seguito ai restauri sono emersi lungo le pareti interessanti brani di affreschi. Nella cripta è possibile ammirare opere di particolare valore artistico come la preziosa cassettina in argento dorato contente le reliquie di S. Franco, opera del maestro Giacomo di Paolo di Sulmona datata 1481, sorretta dal pluteo di un perduto ambone scoperto dal Gavini, sul quale in una "maniera secca e poco argomentata"  sono scolpiti quattro rosoni ed un pavone, accostabili per stile al pulpito pure frammentario di Castelli.

 

Bellissima immagine dell'urna contenente le ceneri del santo.




 

Altre due pregievoli opere sono collocate nella navata sinistra: su un cassone in legno datato 1636, sul quale sono dipinte una Madonna con Bambino e Santi, è adagiata la bellissima scultura lignea raffigurante un'insolita Madonna puerpera riferibile al XIV secolo (vd. sezione Scultura Lignea, L'Aquila). Accanto alla cripta si apre un ambiente diviso in quattro campate da una colonna posta al centro, sulla quale convergono le volte a crociera; attraverso una scalinata si sale alla sagrestia.

Dall'altro lato la Madonna puerpera su cassone di legno del 1636.
 



L'interno della cripta è protetto dalla cancellata in ferro battuto.









Chiesa di S.Maria Assunta - particolare dell'altare.





 
 

La chiesa superiore assume l'attuale impianto a tre navate, "larghissime"e "sproporzionate" come sottolineava il Gavini (Gavini, 1937), tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento. Nonostante a partire del XIII secolo il linguaggio goticizzante si diffonda nella nostra regione, soprattutto tramite la mediazione cistercense, tuttavia assistiamo ancora fino al XIV e addirittura al XV secolo al permanere di una spazialità, di moduli e motivi di sapore essenzialmente romanico, come è possibile riscontrare nella chiesa di S. Maria Assunta ad Assergi. L'interno è stato riconodotto alle forme romaniche in seguito al restauro degli anni Sessanta del Novecento.

 


Il campanile a vela di S. Maria Assunta.



 Il Gavini che visitò la chiesa barocca lamentava "gli artisti del XVIII secolo non si fecero scrupolo di spiccar volte su quadri dipinti a fresco, di seppellir colonne entro piloni di muratura..." (Gavini, S. Maria Assunta).




 

 


 Già nel XVI secolo le pareti si erano arricchite di altari, dal momento che la visita pastorale datata 13 ottobre 1577 ne registra ben otto; nel corso del Settecento, oltre le colonne riquadrate in pilastri e la decorazione a stucco, sono aperti quattro finestroni lungo le navatelle ed è innalzata la copertura; ancora nel 1902 si interviene con la "marmoriazione delle colonne, con dorature, con ornati, con nuove pitture" realizzate da Giacomo Cervelli e Giacinto Muzi: tutte opere che il restauro condotto dal Moretti provvederà ad elimiare per riportare alla luce "intatte le strutture romanico-aquilane della fine del secolo XIII" (Moretti, 1972). 

 

La statua lignea di S. Franco donata alla chiesa da Angelo Acitelli.

Vista centrale della Chiesa.
 




Oggi l'interno mostra due file di semplici colonne, archi a tutto sesto ed una copertura con travi di legno a vista; dietro l'altare maggiore apre il semplice giro dell'abside sovrastato da un'ampia monofora; lungo le pareti e sulla superficie delle colonne è possibile individuare vari lacerti di una decorazione ad affresco che in origine doveva far splendere di colore tutta la chiesa.
 

Statua lignea di S. Franco con gli episodi più importanti della sua vita.

                                                        
 
 




Alcuni dei riquadri più recenti e meglio conservati sono da alcuni attribuiti a pittori di rilievo come Saturnino Gatti e Francesco di Montereale (secc. XV-XVI). All'interno della chiesa è inoltre possibile ammirare un tabernacolo del 1502 che unisce elementi rinascimentali a motivi gotici, dietro il quale è conservata una Pietà ad affresco, ed inoltre una scultura lignea raffigurante S. Franco, cui fanno da sfondo affreschi del XV secolo che narrano episodi della vita del Santo. Per finire, la facciata mostra, nella terminazione orizzontale e nelle linee del portale e del grande rosone di coronamento, elementi chiaramenti romanici, sebbene sia da datare al Quattocento: ancora una dimostrazione di quanto a lungo il linguaggio romanico abbia imperniato l'edilizia del nostro territorio.

Il tabernacolo del 1502, opera di Michele il Tedesco.

  Particolare di uno degli affreschi.

 

 
 
 

Il portale maggiore è fiancheggiato da esili colonnine con i capitelli a foglie di acanto, dai quali salgono gli archivolti a pieno centro decorati con un motivo a foglie e a spirale, inframmezzato da un giro largo e piatto sul quale si scogono ancora lacerti di una teoria dipinta di angeli in volo; non è più visibile la decorazione della lunetta, mentre ben conservato è il rilievo dell'architrave con i tralci della vite che fanno da sfondo all'agnello crucigero e ai due stemmi di Assergi. In alcuni tratti si individuano tracce del colore che in origine doveva rendere molto più vivace tutta la composizione. Il rosone disegna nella pietra una elegante trina traforata e ricorda molto i rosoni di S. Maria di Collemaggio a L'Aquila e di S. Maria delle Grazie di Rosciolo (Aq), tanto da far ipotizzare l'impiego di stesse maestranze. Al XV secolo può datarsi anche il bel campaniletto a vela.



Ci stà 'na cchièsa bbèlla,
ricca d'arte...
che guarda pè lla valla;

...restaurata...,
tra critiche e commenti...
mo' è quàsce còm'à nata.

                                                  
Dal libro "Scura Mea!"di Angelo Acitelli
due strofe tratte dalla poesia "Asserge Antiche"


 

Secoli di storia hanno attraversato la chiesa di S. Maria Assunta, dedicata a S. Franco protettore di Assergi.




Gavini, Carlo Ignazio, architetto, (Roma 1867 - Roma 1936)

Membro dell'Associazione Artistica dei Cultori dell'Architettura dal 1895, all'interno della quale fu direttore con Edoardo Cannizzaro della commissione per il restauro di S. Saba nel 1900. Collaborò a lungo con la Soprintendenza ai monumenti d'Abruzzo, curando il restauro di varie chiese nel territorio abruzzese. Si devono a lui anche progetti di restauro di edifici sacri in varie località del Lazio. E' autore di numerose pubblicazioni; tra queste si citano i due volumi della "Storia dell'architettura in Abruzzo" pubblicati nel 1927.
 


Edited by Roberto Carpi



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