Cronaca di una escursione sul Gran Sasso, la direttissima di Corno Grande

 L'Appennino abruzzese mi sta stregando. Campo Imperatore sembra un Tibet in miniatura ed il Corno Grande con i suoi 2912 metri è una vera montagna.
paulã¬n

Per un piemontese trapiantato in Veneto da 10 anni svegliarsi a Campo Imperatore (AQ) è una sensazione inedita. Il mio terreno d'azione abituale sono le Alpi. Eppure l'Appennino abruzzese mi sta stregando.
Campo Imperatore sembra un Tibet in miniatura ed il Corno Grande con i suoi 2912 metri è una vera montagna, dal carattere per di più spiccatamente dolomitico. Sono le 6 del mattino quando sguscio fuori dalla stanza dell'hotel in punta di piedi. Mia figlia dorme profondamente, mia moglie apre un occhio e mi allunga un fagottino, poi si riaddormenta. Esco sul piazzale antistante l'hotel. Al nostro arrivo ieri sera, in fuga dai 40 gradi di Pescara, era tutto un viavai di auto e moto. Ma a quest'ora è possibile godersi la solitudine di una mattina d'agosto con lo zaino in spalla: il vento soffia forte tutto intorno a me e sul sentiero sento solo il suono dei miei passi. Dietro di me nessuno, davanti neppure. C’è solo questo ventaccio che non molla. Forse quando c'è così tanto vento in Appennino si rinuncia alla salita? Mi accuccio ai piedi del sassone che segna l'inizio della direttissima e apro il fagottino: dentro trovo due biscotti di Burano (una bomba di zucchero e uova). Mi rivolgo idealmente a loro, mentre li sgranocchio di gusto.
Ditemi voi se devo andare su. Risposta: "quando pensi che tornerai a Campo Imperatore?". Ecco, tra gli alpinisti c'è un po' questa dannata cosa che ogni lasciata è persa...soprattutto se ci si trova a centinaia di chilometri da casa.
Guardo la direttissima. Le descrizioni classificano questa salita come F+, con passi di II grado. Dunque per chi ha un po' di esperienza alpinistica è una ascensione facile, tranquillamente affrontabile senza attrezzatura (meglio sempre avere un casco, ma per fortuna sopra di me non c'è nessuno). Ma il dubbio, quando sono da solo, si diverte spesso a giocare con le mie paure. Dai, vado ancora un po' più su. Poi ce la vedremo, io e il dubbio, ovviamente. Più mi infilo nel canalone e più sono riparato dalle raffiche e il vento a tratti è inavvertibile. Sorrido. Si va! Mano dopo mano, piede dopo piede. Roccia ottima. Difficoltà contenute e poca esposizione. Si vede che gli 'appenninisti' abruzzesi amano questo canale in invernale: le rocce mostrano i segni di migliaia di ramponate e colpi di picca. Vado su e mi godo la vista. Arrivo in vetta che sono passate da poco le 8. In giro non c'è nessuno. Paradossalmente in cima il vento sembra essere calato e mi posso godere il calore del sole del mattino. Guardo con compassione i pochi metri quadrati di ghiaccio sporco che ricordano che laggiù, nella conca ai miei piedi, il "ghiacciaio più meridionale d'Europa", il Calderone, lotta per resistere ancora qualche anno alle temperature estive sempre più calde.
Il panorama comunque è immenso e solo la foschia mi impedisce di vedere Pescara e l'Adriatico. Giù a Sud la Majella (ci andrò due giorni dopo) a Nord la val Maone ed il Pizzo di Intermesoli. Quante idee: anche in Appennino una cima chiama altre cime in un gioco di rimandi e suggestioni. Vado giù dalla cresta Ovest e incontro i primi salitori del giorno. Saluti. E giù sempre più veloce, perché non voglio far aspettare la famiglia. Una scappata al rifugio Duca degli Abruzzi per un saluto surreale (la radiolina del gestore suona Africa dei Toto) e via fino all'Hotel dove le mie donne mi abbracciano e il gestore non nasconde la sua meraviglia: "già qui?" "Sì, posso ancora avere la colazione?".

- da La Stampa -

 



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