IL MIO PAESE

(Di Giacomo Sansoni) - Chiedo venia per l'eccessiva intrusione. In virtù del coinvolgimento che i luoghi che mi hanno informato,ovvero messo in forma, chiedo mi venga perdonate le mie pletoriche incursioni. Mi è grato inviare una mia riflessione poetica su:
 
 
 
 
IL MIO PAESE 
Il mio è il paese dove i ragni tessono il silenzio.
Il mio è il paese dove i grilli e le cicale
liricano il pianto prefico per le agonie dei giorni.
Il mio è il paese che accarna il silenzio.
Dietro il cielo, del mio paese, c'è un'altro cielo
e l'aria è così larga, che i pensieri evaporano.
Il mio è il paese del silenzio che affanna
e le parole organizzano e compiono il cosmo.
Il mio è il paese, dove il tempo e lo spazio
tengono la materia litica dell'angoscia
e le montagne avvicinano la paura del cielo.
Il mio è il paese in cui i muri tengono la storia
all'orgoglio egotico dei sassi
e il tempo li prova con le sue muffe entropiche.
Il mio è il paese dove i ricordi sono una sudata rugiada
che distilla e accaglia la notte.
Il mio è il paese nel quale, perché il silenzio, che è la musica dell'eterno,
avesse confini che non spaurassero gli uomini,
parlarono anche i cani.
Il mio è il paese, dove per la gravità dei miracoli,
nacque un fiume, che diluisce e dissala i destini
di chi, per fine, o riinizio di sasso
in esso si posero.
Il mio è il paese, che m'offrì quello che non si chiede,
e lasciò che desiderassi ciò che non si ottiene.
Il mio è il paese, che nemmeno un fiato di sapienza,
appresi fuori delle sue stagioni e delle piramidi dei suoi giorni.
Il mio è il paese che m'affatturò in una ferre lagena di destino,
e m'affaticò a cercargli la patita libertà della gola;
poi quando, fuori ebbi il filo sudato dei giorni,mi svanì tra le mani.
Ora mi allevo il male sufficiente, di sapermi lontano,
perché approdassi al desiderio d'appartenerti,
da marinaio stanco dei bottini di vento,
in questo tempo sgranato, in cui le estati si logorano,
le facce sono conquise, i monti non tengono più il telo del cielo,
e tutto vira alla malinconiosa senescenza,
i muri si avviliscono alle gravi seduzioni di terra,
e non v'è più chi attende al mulino al pentagramma doganale,
i neumi perplessi del fiume.
Il mio è il paese dove posi, per endice, un sasso
che come una chioccia tornerò a covare,
quando si dissanguano gli anni
e si piange anche per la carne dei sassi.

Giacomo Sansoni



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