L’alpinista Fasciani lancia l’allarme: "rischi spesso sottovalutati"

«Le montagne abruzzesi spesso sono sottovalutate, anche da chi viene dal nord ed è abituato alle Alpi. Anche la via più facile può diventare fatale». A parlare è l'alpinista abruzzese Italo Fasciani che lo scorso 3 ottobre ha raggiunto la vetta himalayana del Cho Oyu (8.201 metri), sesta montagna più alta del mondo. Proprio Sul Corno Grande del Gran Sasso, nei luoghi della tragica escursione in cui sono morti due alpinisti, Fasciani, 50 anni, di Sulmona ( istruttore di alpinismo e di sci alpinismo del Cai) ha svolto parte dell'allenamento per la sua impresa himalayana. «Piccole o grandi che siano le vette», dice l'esperto «ci vuole poco per mettersi nei guai. Ci vogliono attrezzature e tecnologie giuste ma anche l'esperienza per saperle usare bene». «Uno scivolone sul ghiaccio su un pendio di 40 gradi, quindi non così ripido e su cui si può ancora sciare» spiega Fasciani, «fa prendere una tale velocità che è come saltare nel vuoto. Andare giù per 20, 50 o 100 metri e poi scontrarsi con le rocce produce danni enormi». «Il Corno Grande è un blocco di roccia grandissimo», dice Fasciani che si può affrontare da varie parti». «La via Normale in d'estate» riferisce l'alpinista «è un sentiero che può percorrere anche chi non è mai andato in montagna. Sale su un pendio e il consiglio, se in estate si vuole fare un'escursione, è quello di andare al mattino presto». Ma nelle altre stagioni, «se c'è neve e ghiaccio», spiega Fasciani «la stradina non si vede più». In tutti gli ambienti naturali, al mare come in montagna, aggiunge ancora l'alpinista, l'incidente è dietro l'angolo, «chi è esperto può accorgersene prima». Ma la prima regola è la conoscenza dell'ambiente in cui ci si muove, la preparazione, le attrezzature e il loro uso corretto. «Prima di affrontare qualunque via in montagna»- avverte infine l'esperto», è necessario conoscerla e aver fatto apprendistato. L'avvicinamento va fatto per gradi e le attività più complicate vanno affrontate con le guide». Da non trascurare, conclude l'alpinista, il fattore meteo: «Oggi, grazie alle precise previsioni di cui possiamo disporre, non si può affrontare qualsiasi escursione o scalata senza conoscere prima le condizioni meteorologiche».

 



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