Giovane milanese sospettato dell’omicidio del ventenne di Gignano ucciso in Inghilterra

Francesco Leccese, aquilano di 21 anni era arrivato a Birmingham – in Inghilterra – per inseguire le sue passioni. Passioni che aveva saputo trasformare in un lavoro, facendosi assumere a tempo indeterminato come croupier di casinò.

Martedì mattina, la polizia è intervenuta in un appartamento di Daley Close, nella zona di Ladywood, località dell’hinterland di Birmingham. Il ragazzo si trovava da poco tempo in Inghilterra e solo dall’inizio di settembre era stato assunto con contratto a tempo indeterminato allo Genting Casinò nella Chinatown, una struttura prevalentemente a uso e consumo della clientela asiatica. Sin da subito, la pista più accreditata dalla polizia inglese è stata quella di omicidio consumato all’interno delle mura domestiche. Gli inquirenti, infatti, hanno fermato il coinquilino del giovane ucciso e che è sotto interrogatorio da parte della polizia locale. Si tratta di uno studente Erasmus originario di Milano. L'identità del fermato non verrà divulgata fino a quando il quadro accusatorio non sarà chiaro. Questo è almeno quanto riferito dal portavoce della polizia del West Midlands. Il giovane è stato fermato proprio nei pressi del luogo in cui è stato trovato il corpo senza vita di Francesco. «La morte è stata dichiarata sulla scena del crimine», spiega ancora il portavoce, «le indagini sono in corso e un esame forense post mortem è stato eseguito». Secondo fonti investigative ci sarebbe anche un testimone che è stato ascoltato a lungo. Tramite il ministero degli Esteri sono state attivate tutte le procedure per entrare in contatto con la famiglia del giovane, figlio tra l’altro di un funzionario di polizia, Giuseppe Leccese, conosciuto e stimato in città. Sono stati i carabinieri a raggiungere in serata l’abitazione della famiglia, nel quartiere di Gignano e avvisare i familiari. 

I genitori del giovane sono partiti per Birmingham ieri mattina. Anna, una vicina ha visto nascere e crescere Francesco e i suoi due fratelli, li ha visti giocare nel cortile. «Io sono anziana ma in questa zona non è mai successo nulla di così orribile ai danni di una persona» racconta. Domenico vive a pochi passi dalla villetta della famiglia Leccese. Sta facendo addormentare la nipotina appena nata quando dai cronisti che suonano alla porta viene a sapere che Francesco, il ragazzino che correva a perdifiato da bambino con i coetanei di Gignano, non c'è più. «Sono sconvolto, non ci posso credere... era un ragazzone alto, estroverso. Non posso pensare che i genitori debbano ricordarsi una tragedia del genere. Ci conosciamo da una ventina d’anni, siamo venuti qui negli anni Novanta. L’ultima volta che li ho visti è stato una quindicina di giorni fa, quando sono venuti a trovare mia figlia che ha avuto una bambina». All’uomo trema la voce: reprime a fatica il pianto dietro gli occhiali, si stringe la maglia al petto e ricorda: «Era in Inghilterra da sei mesi circa, un ragazzo che voleva darsi da fare, attivo e impegnato. Sono venuti qui i tre fratelli che erano bambini, Filippo il più piccolo e Ludovico, il fratello di mezzo. Ci frequentavamo abitualmente. Prima non c’era nemmeno la rete a separare le due case e c’era uno scambio continuo di comunicazione fra noi. Da un po’ di tempo le abitudini erano cambiate e c’incontravamo meno spesso, ma siamo sempre stati legati». È stato don Bruno Tarantino, il parroco di Gignano, a divulgare la notizia sin da ieri mattina presto attraverso la sua pagina Facebook. «Francesco ti vogliamo bene» scrive, «tutta la parrocchia piange per te insieme ai tuoi genitori. Non è giusto andarsene così». Il giovane, che faceva parte del coro parrocchiale aveva un ruolo attivo con la corale Gran Sasso, così come frequentava la parrocchia di San Pio X, con il centro sportivo “Camaleonti”. «Era legatissimo alla nostra comunità e spesso legava con i più piccoli, grazie a suo carisma musicale e alla sua capacità di sapere ascoltare», ricorda ancora don Bruno. Oggi si dovrebbe sapere quando la salma di Francesco potrà rientrare in Italia per i funerali.

Una comunità nel dolore
La tenda-chiesa di Gignano è già stracolma quando entrano tenendosi per mano i fratelli minori di Francesco Leccese. Ludovico, quello "di mezzo", Filippo, il più piccolo. Ad accoglierli l'abbraccio di don Juan, che li stringe forte a sè per lunghi istanti, mentre la tenda continua a riempirsi. In prima fila ci sono loro, i fratelli alti e snelli di Francesco e la nonna. Tutt'intorno c'è la comunità d Gignano, la piccola frazione dell'Aquila dove tutti si conoscono, per nome e cognome, come una grande famiglia. Ci sono però soprattutto i ragazzi, compagni di scuola delle medie, delle superiori (Francesco si è diplomato alle Industriali) e del conservatorio. Tanti, ovunque. Con gli occhi gonfi e in silenzio assoluto, fino a occupare gli angoli di questa tenda-chiesa che non merita di accogliere una comunità così coesa. La chiesa, quella vera, dedicata all'Immacolata Concezione, è ancora fasciata e in ricostruzione nella piazza centrale. Sì, perché questo ragazzone dal sorriso sempre pronto, estroverso «fino a sembrare spavaldo» raccontano i compagni di conservatorio, era «un genio della musica con la passione per il tavolo verde». Così scrive di lui don Bruno Tarantino nella lettera letta da un parrocchiano al termine della messa dedicata alla famiglia di Francesco. Don Bruno non ha potuto presenziare e la messa è stata celebrata da don Juan, che ha visto crescere Francesco, Ludovico e Filippo. Non è facile per il parroco colombiano prendere la parola. S'interrompe un paio di volte sulle parole: «Francesco era ironico e solare. Voglio ricordarlo così, e voi dovete pensare a lui non con tristezza, ma con nostalgia». Poi si lascia andare ai ricordi, d'altra parte è lui che ha accolto la prima confessione del giovane croupier e dei suoi fratelli, ancora quasi bambini. «Sapeva imitarmi come nessun altro. Prendeva il mio telefono e fingeva che fossi io». Ci cascavano tutti. Una famiglia «perbene» genitori che hanno tirato su «come si deve» i loro tre ragazzi. Con la sensibilità tipica di chi deve condividere una stanza, un giocattolo, un abbraccio. Una telefonata è arrivata anche dai vigili del fuoco di Trento, che hanno aiutato la comunità di Gignano nel post-sisma. All'esterno della tenda- chiesa la folla non smette di allargarsi. Gente continua ad arrivare in punta di piedi fino alle 20. Gruppetti qua e là si scambiano ricordi, sottovoce. «Su Facebook mi aveva detto che ci saremmo rivisti all'Aquila» dice un ragazzo a una compagna vicina «e invece... mi tocca salutarlo così». «A ogni problema c'è una soluzione, comunicate, sbattete porte e urlate se serve, ma non chiudetevi in voi stessi» dice don Juan rivolgendosi ai ragazzi. Poi incoraggia Ludovico e Filippo: "Sostenete voi mamma e papà".

- da Il Centro -



Condividi

    



Commenta L'Articolo