Travolti dalla slavina Oggi ultimo saluto a Sabbatini e Remigio

 Sono morti insieme e l’addio alle spoglie mortali si svolgerà alla stessa ora. Oggi alle 15 si svolgeranno i funerali di Pino Sabbatini e David Remiglio. Per il primo la cerimonia funebre sarà celebrata al duomo di Teramo. Nella chiesa di Sant’Andrea, a Pescara, si svolgeranno invece i funerali di Remigio celebrati da padre Costante Baron. Il corteo funebre partirà dall’obitorio dell’ospedale dove per tutto il pomeriggio di ieri, da quando salma è arrivata da Teramo, c’è stato un continuo viavai dei parenti e dei tantissimi amici di David. La salma di Sabbatini è stata invece esposta fino alle 19,30 di ieri nell’obitorio dell’ospedale. Centinaia di persone hanno voluto salutare la guida alpina, che significativamente indossava la divisa rossa del Soccorso alpino. La salma poi è stata trasferita nella chiesa di San Bartolomeo, dove si è svolta una veglia funebre e da dove sarà portata in corteo nella vicina cattedrale oggi. In entrambi i casi il dolore sui volti era accompagnato all’incredulità per quanto accaduto. Condizioni meteo ottimale e poca neve, domenica scorsa. Eppure si è staccata una slavina contro cui la perizia di entrambi ha potuto ben poco. Pino Sabbatini era guida alpina espertissima, e anche David Remigio, con cui era partito dal piazzale dei Prati di Tivo, poco prima delle 9 per fare una via alpinistica, il cosiddetto Cammino di mezzo sul Corno Piccolo, aveva una buona esperienza di montagna, non a caso era istruttore di snowboard e stava pensando di entrare nel Soccorso alpino. Ha assistito alla tragedia, almeno a parte di essa, un gruppo di alpinisti ascolani che era in vetta. A raccogliere la chiamata è stato Guido Zecchini, membro del Soccorso alpino e caro amico di Sabbatini: «Pino era un fratello, mi ha insegnato tante cose, eravamo legati da reciproca stima». Con parole addolorate Zecchini racconta: «Mi ha girato la chiamata il 118», racconta, «i ragazzi hanno raccontato che hanno sentito un boato e che si sono girati per vedere che cosa fosse accaduto. Non hanno visto partire la valanga, ma hanno visto che travolgeva due persone. Poi la loro visuale si è coperta». Erano quasi le 13 e poco prima Sabbatini aveva postato su Facebook un selfie con il suo cliente: erano quasi sulla cresta. I colleghi alpinisti, che sapevano che Sabbatini avrebbe affontato il Cammino di mezzo hanno subito temuto il peggio. La conferma è arrivata quando con gli elicotteri i soccorritori hanno ritrovato i corpi: un lastrone di ghiaccio e neve si è staccato praticamente sotto i loro piedi. Purtroppo Sabbatini e Remigio non sono stati trascinati verso il Cammino di mezzo, dove forse si sarebbero potuti salvare, ma verso un burrone. Hanno fatto un salto di circa 300 metri da cui era impossibile sopravvivere. ©RIPRODUZIONE RISERVATAdi Antonella Formisani wTERAMO Ci sono dei momenti in cui le parole sembrano superflue, inadatte a descrivere il grande dolore per la perdita di un caro. Ma poi l’amore riesce a superare la barriera della lingua. Ed ecco che quanto scrive al padre la figlia Eva, affidando il suo messaggio a Facebook, riesce a cogliere l’essenza di quel che è stato Pino Sabbatini. «Grazie per avermi riempito le giornate di sorrisi. Grazie per avermi fatto capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Grazie per avermi insegnato a vivere. Sei sempre stato il migliore per me, sei sempre riuscito a tirarmi su di morale anche nei momenti più brutti. Quindi posso solo dirti grazie, posso solo ringraziarti per tutto ciò che mi hai donato. Mi hai fatto amare la montagna proprio come l'amavi tu... Proprio come io amavo te...». E poi l’altra figlia Gaia: «Grazie per ogni singolo momento nostro, un padre migliore di te non lo posso nemmeno immaginare perché non esiste! Grazie di tutto, per me sei e sarai per sempre il migliore. Ti amo!». Pino Sabbatini non lascia un vuoto solo nelle vite delle due figlie e della moglie Mariella. Sono in tanti, tantissimi a ricordarne le doti umane. «Era un alpinista eccezionale, un maestro di mountain bike, capostazione del Soccorso alpino, uno sportivo. Ma, soprattutto, io una persona così buona non l'ho mai vista». Lo ricorda così Mirco Foracappa, suo compagno nelle scalate – e soprattutto nelle discese – in bici delle vette più alte di Alpi e Appennini. «Era una persona gioiosa, sempre sorridente e pronta alla battuta», ricorda un amico e collega del Soccorso alpino, Biagio Mengoli, «Pino era molto prudente e professionale. Ricordo che qualche anno fa, nel decennale della morte di Gino Di Sabatino – a cui Pino era molto legato – andammo a ripetere quella via a nord-est del Paretone. Anche se la parete era difficile e incuteva timore, con lui mi sentivo sicuro. Da più di vent'anni siamo colleghi del Soccorso alpino: dopo ogni incidente grave facevamo una riflessione sui pericoli della montagna, sul perchè capitano certe cose. Quella parete lui l’ha percorsa centinaia di volte, ha fatto ridiscendere decine persone da lì». «Era un uomo che sapeva godersi la vita ma sul lavoro era molto professionale», ricorda Antonio Riccioni, direttore della Siget, «era un punto di riferimento di molti, che venivano invogliati da lui a praticare la montagna in maniera sicura. Sarà veramente duro sopperire alla sua figura. Ho avuto la fortuna di lavorare con lui negli ultimi tre anni perchè è stato il responsabile del servizio di prevenzione valanghe. E lo sarebbe stato anche quest’anno: avevo con lui un appuntamento per parlare proprio di questo nel pomeriggio di domenica, appena sarebbe disceso. Per capire com’era Pino basta guardare le migliaia di foto che pubblicava su Facebook: era sempre col sorriso. Anche nell’ultima: si capisce che si stava divertendo».

 



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