Muore a 53 anni il responsabile della segreteria amministrativa, ateneo in lutto

Lo aspettavano per partecipare a una riunione del consiglio di Dipartimento. Ma Angelo Colella, noto e stimato dipendente dell’Università, uscito dal lavoro ieri a metà mattinata – dopo aver regolarmente timbrato l’ingresso alla consueta ora – non è più rientrato. Lutto negli ambienti accademici per la scomparsa, a 53 anni, del responsabile della segreteria amministrativa didattica, trovato senza vita a San Giuliano, nei pressi del viadotto dell’autostrada A-24. Profondo sconcerto è stato espresso dalla direttrice del dipartimento di Medicina dell’Università Maria Grazia Cifone. «Non riesco a capire che cosa possa essere successo. La prima persona con cui ho parlato oggi (ieri per chi legge, ndr) è stata proprio Angelo. Nel nostro dipartimento si respira sempre uno spirito di simpatia e di famiglia. Eravamo tutti e due impegnati per il consiglio di Dipartimento, poi qualcuno lo ha visto parlare al telefono. Ha detto che sarebbe uscito per qualche minuto ai colleghi. Di ora in ora, quando vedevamo che non tornava, l’angoscia è salita». Colella, infatti, era amico di tutti. «Aveva un carattere accomodante, sdrammatizzava sempre nei momenti di difficoltà, una persona solare, meravigliosa: era difficile non diventare amici con lui», continua Cifone. «Non possiamo sapere cosa è successo, né possiamo dire nulla in un momento del genere. Raccontava sempre di una famiglia bellissima, era innamoratissimo della moglie e delle figlie. Di tutto questo era molto orgoglioso. Era anche uno sportivo, aveva mille hobby. Sembra incredibile quello che è successo e mi fa tornare alla mente il grande dolore provato per Rocco Pollice, un anno fa». Non si conosce ancora la data dei funerali.
- da Il Centro -

Riflessioni di Giosafat Capulli sul suicidio

Per mestiere mi sono occupato decine di volte di casi di suicidio. Inspiegabili tutti, comprensibili tutti. E i faciloni si affannano a fornire ragioni sociologiche. Gli altri a coltivare dei dubbi. Per debiti? Per un amore fallito? Per incomprensioni familiari? No. Nulla di tutto questo. L'idea della morte si insinua negli anni. L'autostima che sprofonda e tu che non sai cosa fare. Parli di te con te. Ti interroghi sul senso dell'esistenza che vivi e non trovi appigli, né approdi, né porti dove arenare l'assenza della voglia di continuare a vivere. Ed è così che contro tutto e tutti, essenzialmente contro di te, decidi che un bel giorno è splendido morire. Majakovschj, Pavese e altri fiori eccellenti del suicidio, si sono tolti la vita per non aver saputo superare il muro che li avrebbe portati alla pazzia: l'unico vero antidoto contro l'idea di farla finita. La cosiddetta pazzia salva la vita. Ecco perché l'ho definita una volta la saggezza delle minoranze. La lucidità nel non volerci più essere ti spinge a gettarti da un ponte. La pazzia a cantare a squarciagola in ogni luogo e pisciare dove capita. L'uomo in difficoltà, quindi, si salva solo nella pazzia. Diversamente muore nella più profonda delle lucidità. Un pensiero per loro e un doversoso silenzio sui perché. Si nasce per mistero e si muore per lo stesso mistero. Rispetto. Solo rispetto.


Giosafat Capulli-
 



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