LA VISITA ALLE FOSSE ARDEATINE DEL PRESIDENTE MATTARELLA

- di Emanuela Medoro - Mi soffermo solo su questo episodio della lunga procedura   che ha portato l’On. Sergio Mattarella alla carica più alta dello stato, la Presidenza della Repubblica, al Quirinale, il palazzo sul colle più alto della capitale, in passato residenza di papi e di re.
Subito dopo la proclamazione a Presidente della Repubblica, ma prima del giuramento di fronte al parlamento, quindi non ancora nell’esercizio delle sue funzioni, l’uomo Sergio Mattarella, giudice costituzionale, si è recato con la sua macchina personale, una panda grigia, ed un seguito ristretto, a visitare il sacrario delle Fosse Ardeatine.
Un gesto denso di significati, anzi di storia. Nato nella guerra, Sergio Mattarella porta nel profondo, come tutti quelli che hanno avuto la sorte di nascere in quel periodo, una coscienza del bene e del male costruita nel vissuto quotidiano, un vissuto certamente non sereno, fatto di sacrifici, di impressioni indelebili, di esperienze del tutto lontane dalla felice quotidianità della prima infanzia nei tempi di pace. A ciò si aggiunge la tragica fine del fratello Piersanti, morto trucidato per mano di mafia nel 1980, che deve aver lasciato altra traccia profonda. Ebbene il vissuto lontano e quello più recente sono la molla che lo hanno portato al Sacrario delle Fosse Ardeatine, che, inaugurato nel marzo del 1949, è oggi il “Mausoleo nazionale di tutti i caduti nella lotta di liberazione per dare libertà e indipendenza alla Patria”. 
Il gesto illumina la coscienza democratica del nuovo Presidente della Repubblica, fatta della storia della resistenza italiana al totalitarismo fascista, la cui sconfitta è la radice fondante della nostra democrazia e delle istituzioni sancite dalla costituzione della repubblica, di cui lui sarà il simbolo ed il severo custode nei prossimi sette anni, arbitro imparziale fra le parti in competizione.
 A proposito di parti in causa sento il bisogno di dire che non sono più due, come nel passato recente, ma tante, a causa della frammentazione della società, dovuta all’arricchimento di una ristrettissima   élite ed al conseguente impoverimento delle classi medie che ha favorito i movimenti di protesta antisistema ed antieuropeista. Difficilissimo dunque il ruolo di arbitro.  Se a ciò si aggiunge la lotta contro il potere mafioso, ramificato e penetrato dappertutto, dobbiamo veramente sperare che le virtù di quest’uomo, roccioso, di poche parole, lontanissimo dagli esibizionismi chiassoni del recente passato, siano all’altezza della situazione.
Mi auguro che il sentimento di partecipazione a questa elezione sia fortemente unificante, non divisivo. E’ il filo ideale che lega l’artefice di questa operazione, il quarantenne Primo Ministro Matteo Renzi, fiorentino, alla generazione dei suoi padri, non disinvolto rottamatore questa volta, ma costruttore di ponti fra generazioni, unificatori per tutti gli italiani.
E come i padri, conservando differenze di opinioni, trovarono l’unione ideale per combattere i totalitarismi del secolo passato, così oggi   i figli devono trovare la stessa unità per combattere la barbarie del terrorismo di origine islamica. Il che comporta, per tutti, lo sforzo di uscire dal particolare campanilista ed opportunista per diventare europei.  Dunque, i conti della spesa, i sogni di ritorno alla lira, profondamente divisivi, anzi, disgreganti di tutto quanto è stato fatto dal dopoguerra ad oggi in Europa, siano ridimensionati e affiancati, finalmente, da   cultura, discorsi e fatti unificanti.
 Lego idealmente il gesto del Presidente Mattarella a quello del Primo Ministro Matteo Renzi, compiuto pochi giorni fa, quando accompagnò   la Cancelliera di ferro Angela Merkel a visitare la Galleria degli Uffizi a Firenze.  Un gesto forte teso a costruire una cultura europea comune, gesto che esplicita al resto dell’Europa che il contributo dell’Italia all’unione per le sfide del futuro è fatto anche di bellezza e di arte geniale.
 Finalmente anche la politica bella, da seguire con la mente e con il cuore, non solo con il portafoglio. Una liberazione.


 



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