XENON, sotto il Gran Sasso per la ricerca dell'inafferrabile Materia Oscura

La Materia Oscura è più di una ipotesi. Sappiamo, dalle misure dell’abbondanza residua di elementi leggeri generati pochi minuti dopo il Big Bang, che la materia a noi conosciuta, “barionica”, costituita da protoni e neutroni, non è sufficiente a spiegare la densità di materia-energia dell'Universo. Una componente della Materia Oscura, di bassa energia cinetica, è stata misurata dalle osservazioni molto accurate della radiazione cosmica di fondo a microonde, emessa 300.000 anni dopo il Big Bang.

La materia oscura è un elemento necessario per poter dare inizio alla trasformazione o collasso delle piccole fluttuazioni nella distribuzione della radiazione cosmica di fondo, negli enormi aggregati di materia che si osservano oggi nell'Universo, contrapposti ai grandi spazi vuoti.
La Relatività Generale prevede che la luce e quindi le immagini dei corpi celesti possano essere deformate da forti campi gravitazionali.

 Questo effetto, chiamato “Lensing” gravitazionale, insieme con la dispersione di densità degli ammassi di galassie, i più grandi sistemi legati osservati fino ad oggi, mostrano che la materia oscura è la componente di massa dominante nell’Universo. Studi dettagliati di alcuni ammassi di galassie interconnessi hanno chiaramente escluso possibili spiegazioni alternative del problema della Materia Oscura che richiedessero la modifica della legge di gravitazione universale. Recentemente questi studi hanno permesso di sondare le proprietà della Materia Oscura stessa. Sappiamo anche che la materia oscura esiste nella nostra galassia, la Via Lattea, dove è stato osservato che la velocità di rotazione delle stelle sono indipendenti dalla distanza dal centro galattico. Simili osservazioni hanno trovato conferma in altre galassie a spirale il cui comportamento è stato studiato in dettaglio e come si è soliti dire, la curva di rotazione misurata delle stelle ha una forma piatta quando ci si sposta dal centro galattico verso l’esterno. La curva di rotazione, piatta, delle stelle nelle galassie è in netto contrasto con quella prevista dalla legge di gravitazione di

Newton, secondo cui la curva di rotazione dovrebbe decrescere quanto più ci si allontana dal centro galattico, ma si spiega in modo naturale se ipotizziamo che le galassie sono immerse in un alone di Materia Oscura che compone, in larga parte, la massa del sistema in esame.

L’esistenza della Materia Oscura trova conferme indipendenti in misurazioni che coprono vaste scale di tempo, da alcuni minuti dopo il Big Bang fino ad oggi e alle scale di lunghezza da quella cosmologica, nel suo insieme, alle singole galassie. Eppure, ciò di cui è composta la Materia Oscura rimane del tutto sconosciuto. La ricerca sulla natura della Materia Oscura rimane della massima importanza per la nostra comprensione del Cosmo. A tal proposito sono studiate, con varietà di approcci diversi, le interazioni della
Materia Oscura con altre particelle note e con se stessa, a diverse energie.
La Materia Oscura può interagire, seppur debolmente, con la materia “standard”, in modo che possa essere cercata con esperimenti di laboratorio. Questa è quella che si dice ricerca diretta della materia oscura ed è perseguita con una varietà di tecnologie complementari adottate in diversi esperimenti. Il progetto XENON, in particolare, è riuscito a costruire e mettere a punto uno degli apparati più sensibili per la ricerca della
Materia Oscura.

 Il principio di rivelazione dell’esperimento XENON

 L'apparato di misura del progetto XENON, trova il suo sito naturale sotto una montagna presso il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso d'Italia di proprietà del Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il posizionamento sotto uno schermo naturale, quale è uno spessore di 1400 m di roccia, è il luogo ideale per schermarsi dalla radiazione cosmica che accecherebbe un qualunque apparato per la ricerca di eventi rarissimi quali sono le interazoni di Materia Oscura con quella ordinaria.

La trasmissione della RAI TG Leonardo ha intervistato il Prof. Marcello Messina


Nell’apparato attualmente in presa dati sono utilizzati, come bersaglio attivo per la rivelazione della Materia Oscura, 62 kg di xenon liquido. In particolare sia la fase liquida che quella gassosa vengono utilizzate in quella che viene chiamata “Camera a proiezione temporale a doppia fase” per cercare interazioni delle particelle di materia oscura.

Un’interazione nel bersaglio di xenon genera luce di scintillazione che viene registrata come segnale primario dell’avvenuta interazione tra materia oscura e materia ordinaria (chiamato S1) da due sistemi di fotomoltiplicatori (PMT), installati rispettivamente nella estremità superiore e inferiore del rivelatore. Inoltre, ogni interazione libera elettroni, che sono attirati da un campo elettrico verso l'interfaccia liquido-gas, con una velocità di circa 2 mm/μs. Quindi, un forte campo elettrico estrae gli elettroni dalla fase liquida a quella gassosa e genera una nuova scintillazione che sarà registrata dagli stessi sistemi di fotomoltiplicatori come segnale secondario (chiamato S2). La differenza di tempo tra questi due segnali permette di misurare una delle coordinate del punto d’interazione (coordinata temporale o lungo l’asse del campo Elettrico) nella camera a proiezione temporale con una risoluzione al di sotto del millimetro.

Inoltre, la distribuzione del segnale di luce S2 sul sistema superiore dei fototubi permette di ricostruire la posizione orizzontale del vertice d’interazione anche esso con una risoluzione di pochi mm. Quindi l’apparato dell’esperimento XENON è in grado di localizzare con precisione gli eventi in tutte e tre le coordinate spaziali. Ciò consente di definire il volume del bersaglio in cui selezionare gli eventi interessanti, riducendo sensibilmente gli eventi spuri dovuti a eventi radioattivi provenienti dall’ambiente circostante grazie alla capacità di autoschermatura dello xenon liquido.
Inoltre, il rapporto S2/S1 consente di discriminare rinculi di elettroni, che sono registrati in gran numero, dai rinculi nucleari, che ci si aspetta siano maggiormente dovuti alla interazione della Materia Oscura con quella ordinaria. Inoltre, più energia è depositata nel rivelatore maggiore è l’intensità dei segnali S1 e S2, permettendo cosi di ricostruire con elevata precisione anche l’energia depositata della particella.
\r\n Il progetto XENON, fino ad oggi, ha costruito e fatto funzionare un primo esperimento chiamato XENON10, il, cui nome ricorda la massa impiegata di 10 kg di xenon. Con questo rivelatore è stata provata l’efficacia del principio di rivelazione. In seguito è stato costruito un secondo rivelatore, chiamato XENON100, ancora oggi in funzione e con cui il primato della maggiore sensibilità nella ricerca della Dark Matter è stato mantenuto fino all’anno scorso dopo aver primeggiato per circa 10 anni. Un terzo rivelatore con una massa attiva di 3000 kg di xenon (XENON1T) in una prima fase e di 7000 kg nella seconda fase (XENONnT), è in fase di completamento e sarà in presa dati dall’estate 2015. Con quest’ultimo esperimento ci si aspetta di condurre la ricerca nel campo della Materia Oscura per molti anni a venire.



Condividi

    



Commenta L'Articolo