Torna libero lo studente che ricattava il prete

 Torna libero lo studente israeliano finito in carcere in quanto accusato di aver ricattato un parroco straniero (ma incardinato nella diocesi aquilana) minacciando di rivelare i loro messaggi hard se non lo avesse pagato. Nei giorni scorsi il giudice per le indagini preliminari del tribunale, Giuseppe Romano Gargarella, ha revocato prima la misura dell’arresto in carcere e poi la detenzione domiciliare. Questo sulla scorta delle istanze fatte dagli avvocati Ernesto Venta e Massimiliano Venta. La libertà provvisoria, dunque, è stata ottenuta ma a una condizione. Che è quella che sovente si applica quando c’è l’accusa di stalking che solitamente avviene tra uomo e donna, ovvero il divieto di avvicinamento: il giovane israeliano dovrà stare lontano dai luoghi solitamente frequentati dal prete a cominciare dalla parrocchia fino a un altro luogo di culto dove il sacerdote esercita la sua missione. Qualora l’indagato si trovasse da quelle parti per motivi non giustificati il beneficio della libertà provvisoria sarebbe revocato. La vicenda nonostante il tentativo (durato poco) di celare il fatto, forse per non compromettere l’immagine della Diocesi, è venuto alla luce a fine gennaio scorso: quando esasperato dalle continue richieste di soldi, sotto minaccia di rivelare messaggi whatsapp a sfondo sessuale per lui compromettenti, il prete ha preso coraggio e ha fatto arrestare il suo aguzzino. In cella finì lo studente universitario israeliano, Mehez Amara di 28 anni, nativo di Nazareth che vive negli alloggi della Residenza San Carlo Borromeo tra Coppito e Preturo, gestita proprio dalla Curia. E dove è stato anche in occasione dei domiciliari. Il giovane venne arrestato in flagrante cadendo in una trappola nella quale la squadra Mobile lo ha incastrato. I due si conobbero nel marzo scorso ma verso la fine di giugno 2014 il giovane chiese di incontrare il sacerdote. Un incontro che ci fu nei pressi del centro commerciale L'Aquilone. Lo studente disse che alcuni suoi amici avrebbero letto quei messaggi tra loro intercorsi e li avrebbero divulgati se non avesse pagato. Il parroco decise di sottostare alla richiesta consegnando 7mila euro dilazionati in mille al mese. Nell'agosto scorso il religioso consegnò ad Amara i primi 2mila euro e poi, ogni fine, mese, gli avrebbe dato mille euro. Poi, dopo la denuncia in polizia, è scattata la trappola.

- da Il Centro -

 



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