Le radici raccontano la "Cultura Contadina dei Dragonetti a Paganica"


 

 

Un atto notarile del 3 settembre 1578  determina la presenza a Paganica della famiglia Dragonetti, che oltre a quella che oggi è “Villa Dragonetti”, acquisì anche decine di ettari di terreno dal Barone Giuseppe Carafa.  
Giovan Battista Dragonetti, nel 1798 durante i primi moti rivoluzionari di Napoli contro i Borboni, fu arrestato ed esiliato in Francia.  Il marchese, essendo stato già dal 1794 Presidente della Società di Agricoltura del Regno delle Due Sicilie, al suo rientro in Italia nei primi anni dell’800, da Marsiglia riportò a Paganica la semina dei fagioli bianchi.
 Teodoro Bonanni lo racconta nel suo libro scritto nel 1888, “Le Antiche Industrie della Provincia dell’Aquila,”- in pochi anni si diffuse in ogni dove , - a discapito di molte  altre tipologie coltivate fino allora, ma le loro caratteristiche organolettiche, meglio gli furono conferite dai terreni sciolti della pianura bagnata dalle acque del fiume Vera, con una produzione annua superiore ai trentamila tomoli (unità di misura locale).  
Nel 1810 tutte le Società di Agricoltura, furono trasformate in Società Economiche vere e proprie Istituzioni, in tutte le provincie del Regno.
 Nel 1820 fu realizzata la strada che collega Paganica con Bazzano e nel 1825 il figlio di Giovan Battista,  Luigi Dragonetti, segretario della Provincia dell’Aquila, nonché due volte Senatore nel Regno Borbonico e dopo l’Unità d’Italia eletto per la terza volta nel primo governo, chiese al Decurionato paganichese, l’autorizzazione per piantare lungo i due argini della “nuova strada,” piante di gelso con l’intendo di sviluppare l’industria del baco da seta, non conosciuta nel territorio e nello stesso tempo, fare l’ombra per i viandanti.
Tale proposta in un primo momento fu approvata e successivamente ritirata, a favore della piantagione di pioppi, poiché secondo il Decurionato, più utile ai confinanti sia per la legna da fuoco, che per l’esigenza sempre maggiore dei pali (sostegni) per i nuovi fagioli bianchi rampicanti, non avendo nel territorio sufficienti aree boschive. Tali pioppi, in pochi anni iniziarono a dare il frutto della loro rapida crescita, anche perché alimentati da due canali d’acqua per l’irrigazione dei campi in ambo i lati della strada provenienti a tratti per la sua lunghezza, dal torrente Raiale, dalla sorgente della Cona, quella di Sant’Angelo, dalla Riga di Mezzo e  dal fiume Vera.
In quasi due secoli di vita,  divenuti enormi, ancora oggi sono testimoni con le loro basi del tronco ai margini di questa strada.
Il fagiolo bianco detto “a pane”, maggiormente coltivato in questo territorio dopo due secoli , assieme a l’altro tipo detto “a olio”, così come sono registrati nell’atlante dei prodotti tradizionali d’Abruzzo, meglio conosciuti come “fagioli di Paganica”, sono divenuti uno dei 6 nuovi presidi  Slow Food Abruzzo del 2014, l’obiettivo è quello di valorizzare alcuni prodotti, custodi del patrimonio di biodiversità agricola a rischio scomparsa e incrementare le produzioni.

Raffaele Alloggia



 



Condividi

    



Commenta L'Articolo