Il pianista sul Gran Sasso...

Campo Imperatore non è certo l’Oceano, e l’Hotel in cui è stato prigioniero Benito Mussolini tra il 28 agosto e il 12 settembre 1943 non è il transatlantico Virginian. Lì, racconta Giuseppe Tornatore nel film del ’98, venne ritrovato un bimbo in fasce in una cassetta di limoni. È la famosa storia del pianista sull’Oceano, dal talento portentoso come improvvisatore. L’Hotel Campo Imperatore, storica struttura a 2mila metri di altitudine sul Gran Sasso, avvolta in uno scenario suggestivo e senza tempo, per Mario Tommasino è stato un po’ come il Virginian per il pianista del film. In questo luogo è nata la leggenda (facendo le dovute proporzioni con il leggendario personaggio uscito dalla penna di Baricco) del pianista di Campo Imperatore. Lo scopri mentre gusti la tua cena nella penombra di un’atmosfera romantica creata ad hoc e, all’improvviso, si siede qualcuno sul pianoforte a muro e comincia a suonare in modo celestiale. Solo più tardi ti accorgi che è il cameriere, quello che poco prima ti ha servito un bicchiere di vino. E tutto si ferma. Mario ha il volto scavato da chissà quante esperienze ed emozioni, ed è un pianista “ritrovato” di 51 anni. È arrivato all’Hotel di Mussolini per caso: «Dovevo vedere come funziona un noleggio di attrezzature invernali gestito da un mio amico», racconta, ma la sua attenzione più che dagli sci è stata subito attratta dal pianoforte a coda al centro del ristorante. Ed è stato di nuovo amore. «Mi sono seduto e ho cominciato a suonare come se 38 anni, da quando ho messo per l’ultima volta le dita su una tastiera, non fossero mai passati», dice, ricordando che aveva 12 anni. Ma le mani si muovono sui tasti come spinte da una memoria autonoma: «Non ricordavo nemmeno gli accordi, suonavo e basta». E lo ha fatto così bene, che il gestore dell’hotel, Paolo Pecilli, ha voluto che restasse a suonare per i clienti del ristorante. Per Mario, nato a Napoli ma per anni vissuto a Roma, inizia così una nuova vita, divisa tra fare il cameriere e suonare. «Ringrazio Paolo che mi ha spinto a suonare per la gente. Spesso i clienti mi chiedono dove possono venire a sentire i miei concerti, ma io suono soltanto in questa sala di ristorante. Mario non immaginava di avere ancora nelle mani una dote scoperta a 10 anni, quando cominciò a prendere lezioni da un maestro napoletano. «Nessuno vuole credere che ho preso lezioni per 3 anni soltanto», dice. La sua grande passione per il pianoforte venne interrotta da un forte choc emotivo, come spesso succede da bambini. «I miei genitori si separarono e io seguii mia madre a Roma. Da allora non ho più suonato», spiega. Certe strade, però, nella vita non possono essere interrotte. E Mario ha ritrovato la sua sopra al Gran Sasso. Qui Antonietta Cerocchi, la vice direttrice dell’Accademia Santa Cecilia di Roma, lo ha sentito suonare e lo ha invitato nella Capitale. «Ci andrò a ottobre, una giornata soltanto per me», dice Mario emozionato. Per la Cerocchi quello di Tommasino è un talento naturale. Intanto, a breve, sarà pubblicato il suo primo album. A volerlo è stato il gestore dell’hotel, Pecilli: un regalo ai clienti innamorati del pianista ritrovato. L’album si chiamerà “Area 51”, in omaggio a una nuova vita cominciata a 51 anni.

- da Il Centro -

 



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