Quel giorno la storia passò sul Gran Sasso

-di Giustino Parisse-(Da Il Centro)  Fra la fine di agosto e il 12 settembre del 1943 sul Gran Sasso passò la Grande Storia. Benito Mussolini, il Duce del fascismo che per più di venti anni era stato il padrone assoluto d'Italia, osannato da folle oceaniche e considerato un semidio, venne tenuto prigioniero per ordine del Re Vittorio Emanuele II - per una quindicina di giorni - prima in una villetta a Fonte Cerreto alla base della funivia del Gran Sasso e poi nell'albergo di Campo Imperatore a duemila metri di quota.

Il 12 settembre del 1943 era una domenica. Poco dopo le 14 nel cielo azzurro sopra la montagna più alta dell'appennino comparvero gli alianti (trainati fin là con gli aerei) con dentro i paracadutisti che avevano il compito di liberare Mussolini.

L'operazione Quercia, come era stata definita dai tedeschi, fortemente voluta da Hitler, nella sua fase finale durò pochi minuti. Gli alianti atterrarono nell'area antistante l'albergo di Campo Imperatore (qualcuno si schiantò a terra e ci furono dei feriti). Gli agenti a guardia del Duce non reagirono e Mussolini fu caricato su una "cicogna" e portato a Pratica di Mare e da lì, passando per Vienna, a Monaco dove fu accolto dal Fuhrer. Dopo pochi giorni iniziò la vicenda della Repubblica di Salò con l'Italia spaccata in due: gli alleati a sud e i tedeschi a nord. Questo è, ricostruito per sommi capi, quello che accadde 67 anni fa.

Venerdì sera il programma «La Grande storia» su Rai 3 ha ripercorso nei dettagli anche ciò che precedette quel 12 settembre 1943 a partire dal 25 luglio - meno di due mesi prima - quando il Duce fu sfiduciato dal Gran Consiglio del fascismo (che era una sua creatura) e subito dopo fatto arrestare dal Re (molto interessanti sono le trascrizioni delle telefonate fra Mussolini e la sua amante Claretta Petacci alla quale il Duce riferisce del suo stato d'animo dopo il Gran Consiglio).


Prima di arrivare sul Gran Sasso l'ex capo del governo era stato tenuto nascosto inizialmente all'isola di Ponza e poi alla Maddalena.

Come molte vicende della storia anche la liberazione del Duce a opera dei tedeschi è stata avvolta da misteri e la verità è stata a lungo seppellita. La propaganda del Reich diede nei giorni immediatamente seguenti una versione falsa del "blitz" sul Gran Sasso.

Il merito fu attribuito quasi totalmente a un losco personaggio, Otto Skorzeny, 35 anni, uno dei comandanti delle SS che in quella circostanza ebbe il solo merito di vendere bene la sua immagine. Nelle foto e nei filmati d'epoca appare sempre dietro a Mussolini. Non lo molla un attimo e chiede e ottiene di salire sullo stesso aereo che poi porterà via l'ormai ex capo del fascismo dalla «prigione più alta del mondo».

Hitler attribuisce tutto il merito alle «sue» Ss e per molti anni la versione di quello che accadde a Campo Imperatore è rimasta più o meno quella delle prime ore.

Si deve a un giornalista e storico abruzzese Marco Patricelli il merito di aver tolto il velo di falsità che circondava quella liberazione.

Patricelli, per primo, riuscì a rintracciare in Germania il maggiore Harald Mors che non aveva mai voluto raccontare la sua versione dei fatti.

Mors era un ufficiale dell'aviazione e fu lui che su ordine del generale Student ebbe il compito di guidare l'operazione Quercia.

Patricelli riuscì a convincere Mors a tornare in Italia, sul Gran Sasso. L'occasione si presentò nel 1993 quando il Centro turistico Gran Sasso contribuì a organizzare un convegno per i 50 anni da quel 12 settembre del 1943. Intervennero studiosi di tutta Europa e spuntarono anche significativi dettagli su quanto era avvenuto.

Ricordo bene quel convegno perché lo seguii per il Centro. Tutta l'attenzione era su Mors e non poteva essere diversamente. Quell'anziano signore dall'aria tutt'altro che militaresca raccontò tranquillamente ciò che ricordava di quel giorno. E ricordava tutto anche se, come ha sottolineato Marco Patricelli durante il documentario di Rai 3, sembrava quasi stupito che dopo tanti decenni ci fosse ancora curiosità per la liberazione di Mussolini.

L'operazione Quercia per i tedeschi fu indolore. Non ci furono vittime perché gli italiani a guardia di Mussolini non spararono, probabilmente per un ordine superiore. Nel filmato viene ricordata la frase del prefetto dell'Aquila che, rivolto ai guardiani del Duce, chiese di agire con cautela. Come dire: fate fare.

Eppure ci fu chi, fra gli italiani, si comportò come bisognava. Si tratta di due personaggi annegati nel silenzio della storia: Pasqualino Vitocco, una guardia forestale e Giovanni Natali, un carabiniere.

Vitocco e Natali erano a valle, uno ad Assergi e l'altro nei pressi della base della funivia. Nulla sapevano degli accordi sottobanco.

Il Forestale, come ha sottolineato Patricelli nel corso del programma, era a casa sua e stava mungendo. Aveva indosso la divisa e quando sentì i rumori del passaggio dei tedeschi guidati da Mors uscì fuori cercando di dare l'allarme ai carabinieri. Fu falciato da una raffica.

Giovanni Natali invece era con altri carabinieri a guardia della zona della funivia. Anche lui fu fatto fuori senza pietà. Nessuno lo ha più ricordato e la sua vicenda umana e militare è stata cancellata dalla storia.

La ricostruzione offerta da Rai 3 si è basata anche su delle testimonianze dirette: quelle di Nelio Pannuti che era a guardia del Duce e quelle di due paracadutisti tedeschi Willi Schmidt e Bernd Bosshammer. E' stata riproposta anche una intervista ad Harald Mors morto nel 2001. La ricostruzione si è tenuta alla larga da finti scoop e memoriali di improbabili testimoni che nel dopoguerra hanno dato versioni diverse e cervellotiche di quello che accadde. Forse un cenno poteva essere fatto a Lisetta Moscardi, la donna di Camarda che fu cameriera del Duce in quei giorni a Campo Imperatore e che Mussolini chiamava «bambina». Lei spesso dispensava lo scoop del tentativo di suicidio del Duce che provò a tagliarsi le vene con una lametta. Episodio da sempre noto ma che ogni volta riusciva a conquistare le prime pagine. Oggi Campo Imperatore, dove 67 anni fa è passata la storia, è quasi inaccessibile ai turisti. La funivia è ferma, gli impianti di sci non si sa se ripartiranno a dicembre. La politica aquilana è riuscita a far più danni della guerra.


Guarda video: Assergi nella storia

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