Assergi: il centro storico non deve morire....

A un mese dal sisma che ha sconvolto l’Abruzzo, il centro storico di Assergi è stato completamente abbandonato dalla Protezione Civile. Le verifiche di agibilità delle abitazioni che erano appena iniziate, sono state interrotte quando ci si è resi conto che  ci sono diversi edifici pericolanti.

 Ma pur volendo riparare e restaurare i danni come e quando si potrà nuovamente accedere alle case del centro storico?  Prima si dovranno mettere in sicurezza le strade e le mura di cinta.

E' un problema che riguarda le persone residenti nel centro storico ma anche quelli che si definiscono: "I ROMANI DEL CENTRO STORICO". Va pure considerato che in questo periodo, numerosi nostri connazionali che vivono all’estero e che sono soliti tornare al paese per qualche mese, non sanno cosa fare. Anche loro stanno vivendo da lontano questa angoscia e questa incertezza. Il centro storico di Assergi negli ultimi anni è stato rivitalizzato da queste persone che spesso con grandi sacrifici hanno restaurato le abitazioni nel rispetto dell'ambiente e delle caratteistiche del posto (come nella zona della Giganda). Occorre mettere in sicurezza le strade del centro storico per consentire la ripresa delle verifiche di agibilità delle abitazioni e la fruibilità delle abitazioni dichiarate agibili, ma bisogna fare presto per evitare l’abbandono definitivo e la morte di un paese ferito.

 

Case provvisorie

Sono salite a venticinque le zone dove verrà effettuata la ricostruzione.per una superficie complessiva di novanta ettari. Case a due piani capaci di ospitare in tutto oltre 13.500 persone. Abitazioni che verranno destinate in un primo momento a chi la casa l'ha persa perché distrutta dal terremoto, ma che in futuro, dopo la seconda fase di ricostruzione, verranno destinate a giovani coppie e studenti universitari. Tra le zone individuate resta confermato Assergi.

 

Consiglio Regionale

Il decreto terremoto va cambiato, così com’è non va bene, e un no fiero e fermo alla deportazione degli aquilani. E’ il succo condensatissimo della seduta solenne del consiglio regionale, presente Gianfranco Fini, che ha definito L’Aquila capitale del dolore e dell’orgoglio, apertosi alle 10,20 all’Emiciclo. Tutti gli interventi sono stati misurati, commoventi, intensi e sobri. Particolarmente, quelli del sindaco Cialente e della presidente Pezzopane. Il sindaco, turbato e provato, ha riferito che nella notte è stato ritirato un decreto che avrebbe trasferito altrove uffici e direzioni oggi presenti a L’Aquila: provvisoriamente, ma altrove. Cialente ha definito questo proposito una vera e propria deportazione degli aquilani, che, ha detto, per fortuna non avverrà: sono prevalsi, dopo concitate telefonate e interventi autorevoli (anche quello del presidente della Regione Chiodi), buonsenso e razionalità. Tutto resterà a L’Aquila, altrimenti la città morirà due volte, subirà un secondo terremoto, e non si rialzerà.

 

Protezione Civile

Guido Bertolaso oggi, ad un mese dal terremoto, assicura che la Protezione civile sara’ al fianco della popolazione colpita fin quando sara’ necessario. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio parla a nome del governo e risponde alle preoccupazioni degli amministratori locali che guardano con incertezza al futuro e avanzano critiche al decreto del governo. “Seguiremo le indicazioni del presidente della Repubblica, ascolteremo le esortazioni della nostra guida spirituale il Santo Padre, seguiremo quello che dice il governo, ma ascolteremo tutti”, sottolinea il capo della Protezione civile. “La Protezione civile nazionale rimarra’ fin quando riterrete necessaria la sua presenza con la sola e unica determinazione a collaborare con umilta’, ma anche con impegno e passione a far ripartire questa terra, a ridare all’Aquila la sua dignita’, al di la’ degli errori e delle mancanze che in un paese come il nostro -ammette Bertolaso- ci sono sempre stati e continueranno ad esserci”.

 

 


Guarda video:Un Paese Ferito

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