L’Aquila – Inaugurato il Museo Nazionale d’Abruzzo a Borgo Rivera

 

 



- di Fulgenzio Ciccozzi - C’è un angolo dell’Aquila che per storia e tradizione assurge a simbolo del capoluogo abruzzese. Questo luogo è Borgo Rivera. E proprio là, dietro alla chiesa di San Vito, vicino alla Fontana delle Novantanove Cannelle, che il ministro Dario Franceschini, insieme al Sindaco, al vescovo Mons Giuseppe Petrocchi e ad altre autorità locali, tra le quali Lucia Arbace (direttrice del Polo Museale dell’Abruzzo), ha inaugurato il MUNDA, in attesa che il Castello Cinquecentesco torni fruibile dopo le opere di ristrutturazione. Il museo, la cui realizzazione è stata finanziata dal Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo (attraverso Invitalia), nell’ambito del progetto Mumex, prende vita dalle “ceneri” del plesso dove a fine Ottocento venne allestito un mattatoio in funzione di sopravvenute emergenze igienico-sanitarie, nonché fiscali. Ancora prima, nell’area sorgeva la chiesa della Madonna del Rifugio dei Peccatori, con attiguo insediamento religioso. La chiesa venne edificata in virtù delle conseguenze di una marachella perpetrata da alcuni ragazzi che, nella primavera del 1605, con violenza scagliarono una palla di neve sull’immagine votiva della Madonna con il bambino. L’affresco, impresso sul muro di una delle case dei numerosi ortolani che vi risiedevano, venne scalfito e bonariamente “rappiccicato” dagli stessi autori del misfatto. Con il terremoto del 1703 l’edificio sacro andò distrutto e l’area rimase abbandonata per più di un secolo. Oggi, se vogliamo, la storia si ripete. Ne sono una tangibile testimonianza i numerosi fabbricati ancora distrutti che circondano il “borgo”. Mentre i tracciati viari che portano a Villa Gioia sono inibiti al transito per via dei rovi e del terriccio che ne ostruiscono il passaggio. Il Museo, diviso in cinque ambienti espositivi (in cui si notano ancora i binari volutamente lasciati in ricordo del lavoro che ivi si svolgeva) è un concentrato di opere di famosi artisti italiani e abruzzesi (Saturnino Gatti, Andrea Delitio…) tra cui spicca il Trittico di Beffi: pittura su tavola del XV secolo. Il percorso parte da una sezione archeologica e si dispiega in altre sale in cui sono esposti simulacri in legno (assicurati su piastre antisimiche) e dipinti che hanno, in parte, come soggetto il culto Mariano. Da non dimenticare un’opera che è il cardine del rinascimento aquilano: la statua di legno intagliato del San Sebastiano di Silvestro dell’Aquila. Il gioco del chiaro scuro e di un severo realismo, con tratti tipicamente caravaggeschi, emergono nella natività della Vergine: dipinto del maestro emiliano Giacinto Brandi. Alcune opere esposte erano state gravemente danneggiate per via del sisma del 2009. Tra di esse è bene ricordare la Madonna e santi di Giovanni Paolo Cardone. Il dipinto, rimasto sotto le macerie per circa un mese, vilipeso dagli agenti atmosferici, è stato “miracolosamente” riportato in vita grazie alla certosina opera di restauro effettuata da Eugénie Hélène Knight. Un lavoro minuzioso e altamente professionale che potremmo metaforicamente definire una vera e propria carezza all’arte. Al termine del suo intervento, il Ministro ha enunciato che farà di palazzo degli Ardinghelli (in restaurazione grazie ai contributi della Russia) una sede distaccata del Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) di Roma. Nell’edificio nobiliare, posto a ridosso della piazza di Santa Maria Paganica, verranno esposte opere di importanti artisti contemporanei ai quali lo stesso esponente di governo ha chiesto un contributo artistico. Quando la città sarà ricostruita, e verrà ricomposto il suo patrimonio “genetico-architettonico”, avrà uno dei centri storici più belli d’Europa, in cui l’arte e la cultura non potranno che avere un posto di rilevo. Solo così, L’Aquila potrà volgere il suo sguardo al futuro e assurgere ad ambita meta turistica nazionale e internazionale.

 



Condividi

    



Commenta L'Articolo