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I 90 ANNI DALLA GRANDE AQUILA E LE MUNICIPALITA'SOPPRESSE

 

 

 

 

 

- di Enrico Cavalli -
L’inattendibilità della lettura sulla nascita delle province di Pescara e Rieti nel gennaio 1927, ascrivibili da un lato, al "ras" Acerbo e ”vate” D’Annunzio, dall’altro, al reatino principe Potenziani, talora, riaffioranti per mere ritualità mediatiche, si sono riverberate, poi, anche per la spiegazione della Grande Aquila, al massimo, una sorta di recepimento locale, della politica urbana di regime.   Risulta, perciò, di necessario, valutare le diverse fasi della affermazione del fascismo ad Aquila, per disvelare le conseguenti dinamiche strutturali.

Fermo nel primissimo dopoguerra aquilano, la prevalenza reducista e nazionalistica, sulle forze socialpopolari,  le tradizionali classi dirigenti garantite sul piano dello status quo, dal collante in camicia nera, ovvero, dall’astro di Adelchi Serena, si confrontavano sugli ambiti regionali e provinciali; nel 1926, la podestatura di Serena, di contro al Sottosegretariato del sulmonese Alessandro Sardi, sanzionava il ristabilimento delle “giuste gerarchie” nella provincia. Di qui, a sanare i più ampi personalismi del fascismo regionale, appunto, il suddetto governativo rivoluzionamento abruzzese, del 1927.

  Ecco la deliberazione podestarile del 4 marzo 1927, per cui in nome della trasformazione edilizia e turistica di Aquila (dal r.d. n.1891 del 1939, L’Aquila), si chiede al Governo, di ingrandirla con otto comuni finitimi (Arischia, Bagno, Camarda, Lucoli, Paganica, Preturo, Roio, Sassa, e San Vittorino, frazione di Pizzoli). Tale annessione, (ufficiale il 5 settembre, 1927),  in richiamo alla unità tra città e contado sino al XVI secolo, pur rientrava nel contraddittorio urbanesimo di regime, ma, per arginare il campanilismo del nuovo polo pescarese.

  Alla temperie urbanistico-turistica, una versione aggiornata di analoghi tentativi di inizio’900,e, indotta dallo statalismo post crisi 1929, insomma, dovettero sacrificarsi le risorse delle otto ex municipalità. Nonostante  inversioni di rotta, da parte delle locali intellettualità umanistiche e tecniche di fine Autarchia, la soppressione di quelle autonomie, precluse l’ambizioso progetto di sviluppo del Gran Sasso.  In era Repubblicana,  un quadro di sfacelo morale e materiale nella ruralità, venne portato ad una soluzione parziale. Alle istanze separatiste in specie, di Lucoli (di nuovo libero comune nel 1947, per spinte di emigrati Oltreoceano), Arischia e Paganica, cioè, dove più forte era il senso comunitario, non corrispondeva un riequilibrio fra città e frazioni, le quali, sicché, diventano ancora spendibili alla formale Grande L’Aquila, in approssimarsi dell’ordinamento regionale; nemmeno, in recepimento dei dettami di resilienza sociale, vanno taciuti, ad un revisionismo di un fatto pur traumatico, come la perdita di autonomia, le contro proposte per l’urbs et agris, delle èlites, comunque, presenti, nelle ex municipalità.

  La definizione dell’assetto abruzzese nel 1927, riguarda processi della vita politico-amministrativa regionale, al cospetto dei mai sopiti, anzi, rafforzati, dalle congiunture post 2009, aneliti di ricongiungimento alla provincia aquilana del Cittaducalese, ma anche delle vocazioni dell’area Metropolitana di Pescara. I rivendicazionismi dei comuni soppressi, non volevano né potevano porsi in veste antagonistica, rispetto ad un Grande comune, alle prese con una circoscrizione tanto eterogenea, un problema, superabile, da una condivisa politica di recupero dell’identità materiale e culturale, del territorio aquilano. Si avverte la necessità di un orizzonte di sviluppo comprensoriale, che travalichi la mera espressione, ieri, come oggi, di un netto dualismo città-ruralità,  per sfociare in una ricostruzione per ciò stessa anche delle frazioni, che così potranno riassorbire socialmente, le polarità delle new town, altrimenti, riproponendosi, in chiave diversa, quelli che furono i limiti e le artificiosità, di novanta anni fa.

Il commento di Giuseppe Lalli:

"Come si evince con chiarezza, il nostro comune ( quello di Camarda ) aveva il territorio più esteso.
Mi vado chiedendo da anni se quella soppressione, per noi soprattutto assergesi sia stato un bene o un male. La domanda non credo sia banale. In termini di partecipazione alla " cosa pubblica " fu senz'altro un male. Ma, dal lato dello sviluppo, a parte gli incerti esiti a cui siamo pervenuti, senza alle spalle la spinta della grande Aquila di Adelchi Serena, si sarebbe anche solo concepire il complesso turistico di Campo Imperatore, albergo compreso ? Ho i miei seri dubbi. Il Fascismo era una dittatura, e per questo non si può rimpiangere, ma in fatto di programmazione del territorio si avevai una visione chiara".

RIPORTIAMO ALTRI COMMENTI POSTATI SU FACEBOOK:

Gianni Giacobbe
Gianni Giacobbe Caro Peppe, condivido!
 

 

Giuseppe Lalli
Giuseppe Lalli Grazie, riguardo poi alla rapp resentanza, poco male. Avevamo un Giacobbe sindaco, sul finire dell 'Ottocento, avremo un Giacobbe assessore, all'inizio del terzo millennio !!!
 

 

Pasquale Corriere
Pasquale Corriere Caro Giuseppe sicuramente con il Comune di Camara ci sarebbe stato un grosso supporto turistico del nostro Gran Sasso peccato!!!!!!! Ciao
 

 

Giuseppe Lalli
Giuseppe Lalli Caro Pasquale, se ti riferisci alla situazione attuale, sicuramente hai ragione, ma negli anni trenta, senza la richiamata spinta propulsiva e il forte impegno del gruppo dirigente del nostro capoluogo quell'insediamento, che oggi a noi pare poca cosa ma che al tempo rappresentò un fiore all'occhiello per L'Aquila, non si sarebbe potuto realizzare. Bisogna riconoscere a quella classe dirigente determinazione e lungimiranza. L'errore è stato semmai non aver saputo, dopo, a differenza di Lucoli, non aver saputo riconquistare l'autonomia. Oggi paghiamo il prezzo di questa occasione mancata, ma ciò non ci deve far dimenticare i meriti di quegli amministratori, che misero compirono un grande sforzo di modernizzazione. Certo. erano favoriti dal contesto politico, ma questo é ...un altro discorso. Ciao !!!
 
Domenico Corbelli
Domenico Corbelli Ciao Giuseppe, ultimamente ti sto seguendo con attenzione e curiosità.
Credo che tale cosa non ti infastidisca, anzi sono certo che uno scambio di vedute possa giovare ad un sempre più proficuo confronto.
In questo tuo post, poni un quesito importante
sul quale si potrebbe mettere molta carne a cuocere.
E l'arrosto, secondo me, non sarebbe dei più buoni!
L'ampiezza del vecchio Comune di Camarda, comprendente tra le altre tre frazioni anche Assergi (concedimi questo piccolo orgoglio di campanile), al giorno d'oggi, qualora fosse rimasto tale, e quindi non ricompreso nel grande Comune de L'Aquila di fascista memoria, mal gliene sarebbe incolto.
Perché?
Come sappiamo i finanziamenti dello Stato non vengono erogati in base ai Km2 nei quali è ricompreso un comune, ma in base alla propria popolazione residente. Va da se', quindi, che chiunque si fosse trovato ad amministrare un territorio tanto vasto, non avrebbe mai potuto programmare opere pubbliche di un certo rilievo! Ma ad amministrarlo come si faceva una volta: con quattro spazzini, due addetti cimiteriali, due/tre guardie campestri e qualche operaio. Cioè avremmo avuto solo ordinaria manutenzione.
Lo stesso problema si ripercuote su L'Aquila che, in quanto a superficie, è il nono comune d'Italia. Ma 85esimo per numero di abitanti !!
Per non parlare poi del problema politico! Secondo te, per fare un esempio, i consiglieri e assessori comunali di Paganica, avrebbero preferito ricoprire tali ruoli per il loro paese con lo stesso entusiasmo (eufemismo) nel farlo per il Comune de L'Aquila? Io qualche dubbio ce l'ho.
Le Circoscrizioni, abolite da qualche anno, così come strutturate, sono servite solo a creare "portatori d'acqua" ai veri detentori del potere amministrativo. Da quest'ultimi rimpianti, non perché si è avuta, successivamente all' abolizione,una minore o scarsa "partecipazione alla vita amministrativa" del Comune, ma perché devono faticare molto di più nella ricerca del consenso elettorale.
Per finire e per non annoiarti oltre, ti ricordo tutti i comunelli che si sono dovuti consorziare per tirare a campare. Oggi che senso ha il fatto che esistono comuni di 300/400 abitanti?
Non ci sono finanziamenti Europei, dei Parchi, o di altri enti che potrebbero sopperire e ripianare bilanci comunali quasi sempre in rosso!
Per non parlare dei vincoli, delle condizioni, dei requisiti che quest'ultimi pongono.
A risentirci presto.
Giuseppe Lalli
Giuseppe Lalli Caro Domenico, innanzi tutto ti ringrazio della...curiosa attenzione che mi riservi. Forse con l'età ho preso il gusto di gettare piccoli sassi nello stagno e, con la
modestia delle mie risorse, di contraddire il senso comune in nome del buon senso. Q
uante piccole e grandi bugie si sono dette e scritte anche sui libri di storia !!!
Per tornare a noi, mi pare che il tuo intervento vada nella direzione da me tratteggiata, con buona pace di tanto localismo in buona o cattiva fede. La vicenda della " grande Aquila " , va vista, a distanza di 80 e più anni, come un fatto politico-amministrativo da cui ricavare considerazioni valide anche per l'oggi. Non si tratta certo di alimentare nostalgie. Solo di rilevare come una classe dirigente, pur all'interno di una inaccettabile logica autoritaria, seppe coniugare,
nella gestione del territorio, efficienza e " visione " , ciò che purtroppo manca alle nostre classi dirigenti locali.
Sono d'accordo con te. Bisognerebbe procedere ad una energica opera di disboscamento amministrativo. Ci sono enti territoriali, piccoli e grandi, che, anziché avvicinare i cittadini alla cosa pubblica, servono solo ad alimentare clientele. Per esempio, mi chiedo : ma la gestione, da parte delle regioni, della sanità non si è rivelata fallimentare ? La sanità, come la pubblica istruzione, non sono servizi pubblici tipicamente " statali " ?
E si potrebbe continuare per molto tempo ancora...
Io credo che 2 + 2 fa sempre 4 , in tutti i climi e in tutti i tempi. Stiamo attenti : chi semina demagogia, raccoglie ...populismo.
E con questo ti saluto cordialmente, non senza ricordarti, però, che nel Comune di Camarda , Camarda era il capoluogo per via della sua centralità topografica, non certo per la entità del suo apporto territoriale. Assergi apporto' un territorio enorme, ereditato dalla sua antica e fiorente " università agraria ".
I sindaci si alternavano tra Assergi e Camarda ( i Giacobbe e iMoscardi ). Ciao. ti abbraccio.
 
Domenico Corbelli
Domenico Corbelli Caro Giuseppe, se ti ho detto che ti seguo con curiosità, non è per misurare il tuo grado di "canoscenza e virtute", ci mancherebbe!
Ma l'ho detto solo per vedere se il nostro modo di pensare si assomiglia o no.
In quanto al disboscamento amministrati
vo, sono perfettamente d'accordo con te.
Se ne avessi il potere, abolirei oltre alle Province, anche le Regioni. Per tornare all'Italia dei Comuni!
Sono convinto che solo responsabilizzando al massimo l'ente locale, i cittadini avrebbero punti di riferimento più vicini a loro.
Con risposte immediate e senza troppa burocrazia.
Per non parlare dell'enorme sperpero di denaro pubblico per consiglieri, dirigenti, funzionari, tecnici, portaborse, ecc. ecc.
Che senso ha l'esistenza di un grande ente come la Regione, quando poi deve sottostare, per quanto di competenza, ad altri Enti come la Sovrintendenza ai Beni Ambientali o al Parco?
 
Giuseppe Lalli
Giuseppe Lalli Caro Domenico,
se i miei modesti interventi ( che mi piacerebbe magari un giorno raccoglierli sotto il titolo " Memorie di un ottuagenario " ...eh eh eh ) ti interessano, la cosa non può che farmi piacere. Mi sforzo di ragionare, ma mi pare di constata
re che, anche se non soprattutto, nei social network spesso la ragionevolezza manca. Si grida, si inveisce, si pubblicano frasi insensate . Si vogliono denunciare scandali e ingiustizie e non ci si accorge che lo scandalo è proprio questa ignoranza e questo non senso che ci circonda
Mi pare poi di constatare che tra noi due c'è abbastanza assonanza di vedute.
Tu sembri una persona inteettualmente onesta. Credo poi che anche in caso di disaccordo, non si debba mai smarrire il senso dell misura. Purtroppo in Italia da qualche tempo si assiste ad uno scontro politico che assomigli ad una sorta di guerra civile combattuta con altre armi, quelle della diffamazione o, peggio ancora, delle inchieste giudiziarie. Brutto clima e tocca a a noi cattolici di svelenirlo. Speriamo di continuare questo dialogo a distanza e magari di chiacchierare attorno a un tavolo.
Un saluto cordiale.
.

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