Tanti i fedeli alla "Messa di mezzanotte" ad Assergi

 

 

 

Era gremita di fedeli ieri sera la Congrega della chiesa di Santa Maria Assunta. I parrocchiani di Assergi si sono stretti intorno al loro parroco – Don Vito – che ha celebrato la funzione più sentita, quella più carica di suggestione: la messa di mezzanotte. Nel corso della celebrazione, ha voluto ringraziare le persone che hanno reso possibile la celebrazione in un locale coibentato e dotato di riscaldamento e quelli che hanno realizzato lo splendido presepe.


Ai fedeli è stata consegnata la lettera dell'arcivescovo all'Aquila monsignor Giuseppe Petrocchi agli aquilani per gli auguri di Buon Natale.
“A Natale la Chiesa proclama con gioia che «il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Dunque, la Parola di Dio, assumendo una natura umana, è diventata “uno di noi”, in tutto partecipe della nostra storia, fuorché nel peccato.
In Gesù, perciò, possiamo ascoltare la Verità che ci parla e svela a noi il Volto del Padre, ma anche manifesta noi a noi stessi. Gesù, infatti, non si limita a “dire” parole “su” Dio (come i profeti di tutti i tempi), ma è lo stesso Dio che parla di Sé e parla pure “di” noi a noi, affinché - accogliendoLo- possiamo capire “Chi” è Dio e “chi” siamo noi: “chi” siamo noi per Lui e “Chi” è Lui per noi.
Nella Chiesa dunque, risuona incessante la Parola e tutta la Comunità cristiana è chiamata ad viverLa e trasmetterla con fedeltà. Ma oltre a “far parlare” la Parola, ogni credente deve apprendere l’arte di parlare “con” la Parola, cioè di “dire parole” che siano eco autentica della Parola. Per questo vanno evitate espressioni cattive e volgari, come pure la tendenza a “sparlare”, propagando “il” male (cioè, pensieri contrari al Vangelo) o “dicendo male” di altri. Il Signore ci ammonisce che dovremo rendere conto di «ogni parola infondata» (Mt 12,36): c’è perciò un serio motivo per vigilare sulla nostra mente e sulla nostra bocca, perché le frasi che pronunciamo non siano mai in stridente dissonanza con la Parola.
Oltre a parlare “della” Parola, il credente sa che è fondamentale anche parlare “alla” Parola: cioè pregare, sapendo che, se avremo bussato con perseveranza alla Sua porta, ci verrà aperto (cfr. Lc 11,9-10).
Ma il Natale ci porta un altro messaggio sconvolgente: in Gesù, infatti, la Parola non solo si fa ascoltare “così come è” in Dio, ma anche “si fa vedere” nel nostro mondo. Proprio così, in Gesù la Parola si manifesta al nostro udito, ma pure ai nostri occhi, poiché la Parola si è resa “visibile” nell’umanità del Signore: nei suoi tratti personali e nei gesti che ha compiuto. Infatti, tutto in Gesù è rivelazione dell’Amore: non solo ciò che dice, ma anche ciò che è e che fa.
Si potrà obiettare che questo era vero per i contemporanei di Gesù, ma non più per noi, dato che il Signore è asceso al Cielo. Tuttavia la domanda resta pressante: «è possibile “posare lo sguardo” su Gesù, qui ed ora? L’attesa degli uomini del nostro tempo che (come quei forestieri che si rivolsero all’apostolo Filippo) vogliono “vedere Gesù”, è destinata a rimanere delusa? (cfr. Gv 20,21)».
Lo Spirito del Risorto ci assicura che, come possiamo ascoltare Gesù che parla oggi nella Chiesa, così possiamo “incontrarLo” e “percepirLo” “in” noi e “tra” noi : Egli, infatti, si fa nostro compagno di viaggio, tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20).
Il Natale ci ricorda che, sempre meglio, dobbiamo imparare a “vedere” e a “far vedere” Gesù: «l’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» (Ap 1,8). Certo, non si tratta di vedere Gesù “in carne ed ossa”, come Lo hanno contemplato e toccato i Suoi discepoli (cfr. 1Gv 1-4) , ma possiamo cogliere il riflesso della Sua Parola e della Sua grazia con lo sguardo della nostra intelligenza, animata dalla fede.
Ricorro ad un esempio per spiegarmi meglio. Se alle nostre spalle ci fosse un faro, anche se non fossimo in grado di osservarlo direttamente, potremmo, tuttavia, vedere “davanti a noi” gli oggetti illuminati dalla luce che proietta. In questo caso, saremmo abilitati ad asserire che, pur non potendo guardare frontalmente la “fonte” della luce, ne cogliamo però la presenza e l’azione, dai riverberi che compaiono sulle realtà “toccate” da raggi che emette.
Applicando l’analogia, possiamo affermare che “dove” la Verità, la Carità e la Bellezza si rifrangono nel loro splendore, lì il Signore diventa “riconoscibile”, anche se indirettamente e attraverso lo sguardo della fede. Pure a ciascuno di noi Gesù dice: «se credi, vedrai la gloria di Dio» (Gv 11,40).
 
Come discepoli, che celebrano il Natale, siamo chiamati ad “ascoltare” e “vedere” la Parola che continua a “farsi carne” nella Chiesa: cioè, riconoscere con gioia che, per opera dello Spirito, il Vangelo si concretizza ogni giorno nella vita della Comunità cristiana e diventa, così, accessibile a tutti coloro che cercano Dio, talvolta andando come a tentoni (cfr. At 17,27). Siamo consapevoli che la Chiesa è santa e madre di santi, ma anche famiglia che comprende nel suo seno peccatori. Perciò, finché è pellegrina nel tempo, essa è “sede della Sapienza”, ma anche “Comunità esposta all’influsso del male”: per questo, sempre bisognosa di penitenza, di purificazione e di rinnovamento (cfr. LG, n. 8).
Fare-Natale, perciò, significa impegnarsi a rendere le nostre famiglie e le nostre parrocchie “luoghi” dove la “Parola vissuta” si mostra e si rende sperimentabile: infatti, il Signore ci ha promesso che si fa presente dove due o tre sono riuniti nel Suo nome (cfr. Mt 18,20). Ecco perché l’apostolo Paolo invita i cristiani ad essere assemblea di “profeti” (cioè, persone che accolgono, praticano e proclamano la Parola), quindi, gente “affidata al Signore e al Suo Vangelo” (cfr. At 20, 32): così intensamente - afferma - che se sopraggiungesse un non-credente, quando la Comunità è riunita, si manifesterebbero «i segreti del suo cuore e così, prostrandosi a terra adorerebbe Dio, proclamando che veramente Dio è fra voi» (1Cor 14,25).
Proprio così, la Chiesa è dimora del “Dio-con-noi” (cfr. Mt 1,23), dove gli uomini di buona volontà possono “andare” e “vedere” con gioia “dove abita Gesù” (cfr. Gv 1,35-37).
Il Natale, in questo Giubileo della Misericordia, è, a titolo speciale, tempo di conversione e di grazia, in cui siamo chiamati a testimoniare Gesù, cioè, a lasciare che la luce della sua gloria si rifletta - come in uno specchio - sui nostri volti (cfr. 2Cor 3,18): in questo modo, agendo da veri “figli” di Dio renderemo “visibile” il Figlio-fatto-uomo, essendo trasformati progressivamente nella Sua immagine, secondo l’azione dello Spirito (cfr. ibid.).
Perché questo evento di salvezza si realizzi - “in” noi, “tra” noi e “attorno” a noi - occorre che avanziamo nel “discernimento evangelico”, cioè nella capacità di scrutare, con gli occhi della fede, la nostra storia e riconoscere, in ogni circostanza, l’azione di Dio che la visita (cfr. Lc 7,16). E, insieme all’invocazione che venga accresciuta la “lungimiranza” della nostra fede, dobbiamo pure chiedere che venga potenziato ed affinato il nostro “udito spirituale”, che ci consente di ascoltare la voce del Signore, il Quale continuamente ci parla attraverso la Comunità ecclesiale, le persone che incontriamo e gli eventi che cadenzano la nostra esistenza.
Anche oggi ci sono tante persone che, come Zaccheo, essendo piccoli di “statura interiore”, cercano un “sicomoro” su cui salire, per vedere Gesù (cfr. Lc 19,3-4).
La nostra comunione fraterna e la fattiva disponibilità all’aiuto (nell’esercizio delle opere di misericordia) debbono offrire a questi fratelli gli “appoggi evangelici” su cui elevarsi per “guardare” Gesù che, anche oggi, attraversa le strade della nostra vita. Anzi, si tratta di “sostenerli” nella carità perché Gesù stesso «alzando lo sguardo» su di loro li avvicini con la Sua benevolenza ed entri nella loro casa! Impariamo da Gesù - «mite ed umile di cuore» (Mt 11,29) - che, pur essendo immerso nella folla, concentra la Sua attenzione su un fratello in difficoltà e lo fissa con amore: non “dall’alto in basso”, ma dal “basso verso l’alto” (“alzò lo sguardo” - dice il Vangelo). Questa è la logica del Signore, che scende nelle nostre profondità, ferite dal male, per spalancare le porte del nostro cuore sull’orizzonte della Carità che salva.
In particolare, all’unisono con Papa Francesco, chiediamo la grazia di “vedere” Gesù nei poveri e nei sofferenti, moltiplicando l’attenzione e aprendoci all’amore che - attraverso loro - il Signore ci chiede, ci dice e ci dà. Infatti, il Verbo-fatto-carne ci ha assicurato che qualunque cosa avremo fatto al più piccolo dei Suoi fratelli, l’avremo fatto a Lui (cfr. Mt 25,40). Ecco perché, quando facciamo gesti di generosità verso il prossimo, lodiamo Dio e rallegriamoci perché è infinitamente di più ciò che riceviamo rispetto a quello che doniamo.
Maria è maestra nell’arte di rendere “visibile” la Parola, perché in Lei il Verbo si è fatto uomo, per opera dello Spirito Santo. La Chiesa, proclamandola Modello e Guida, cerca di imitarla e di riproporla nel “Sì” totale a Dio. Facendosi eco di quell’ “Amen”, la Chiesa lascia che la sua umanità sia - per così dire - “assunta” e “modellata” dal Vangelo:  così può “portare” il Signore, “mostrando” agli uomini l’Invisibile e diventando Famiglia evangelica, fraterna e ospitale: Casa e Scuola di Comunione!
Con l’augurio di Buone Feste, rivolto di cuore a tutti e a ciascuno, vi saluto con un forte abbraccio!”

 



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