Il parroco di Tempera Don Giovanni Gatto: «La camorra mi minaccia»

 

 

 

 

«La camorra mi minaccia». Il parroco di Tempera don Giovanni Gatto racconta di essere finito nel mirino di imprese ritenute vicine alla criminalità organizzata. «Dietro al loro sorriso serafico si nasconde solo il male», dice don Giovanni, che ha raccontato la sua esperienza al quotidiano la Tribuna di Treviso. Le minacce e le pressioni da parte di alcuni impresari della Campania, stando a quanto riferisce il parroco, sono iniziate nel 2009, con la richiesta di affidare direttamente i lavori per la ricostruzione della chiesa ad alcune ditte. Ma finora il parroco non ne aveva mai parlato pubblicamente. Don Giovanni si è rivolto ai carabinieri e, tramite l’associazione Libera, al Gico della Finanza. Il sacerdote riferisce di essere stato contattato prima telefonicamente e poi di persona dagli emissari di un’impresa che gli hanno chiesto l’affidamento diretto dei lavori. Da qui le minacce. «Non accetto ricatti, minacce e compromessi perché di fronte a queste cose non si può e non si deve tacere. Non ho paura e prego per queste persone, però si devono pentire. Ho fiducia nelle forze dell’ordine», ha dichiarato, «alle quali mi sono subito rivolto grazie a un volontario di “Libera”, l’associazione di don Ciotti, in prima linea per la lotta contro la mafia. Tramite il suo portavoce ho incontrato gli agenti del Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata, ho raccontato di essere stato contattato da un paio di impresari della Campania, in seguito ho saputo che sono affiliati del clan dei Casalesi e che uno dei due era stato arrestato, dopo la mia segnalazione, mentre trasportava un carico di droga dalla Spagna in Italia. Pretendevano che affidassi direttamente i lavori per la ristrutturazione della chiesa, distrutta nel terremoto, scavalcando di fatto la Curia. Non temo queste persone. E neppure quelle che si sono presentate nella mia chiesa mentre stavo preparando i ragazzini alla confessione. Una persona si è avvicinata, ma invece di confessarsi mi aveva fatto sempre la solita richiesta. Dopo un pezzo che parlava l’ho invitato ad accomodarsi fuori mentre un suo amico lo stava aspettando. Due settimane fa un impresario mi aveva contattato per telefono. Quando ha capito che non stavo alle richieste ha riattaccato e poi, dopo qualche giorno, sono stato avvicinato da una persona che mi ha detto che se non avessi accettato le loro “richieste” mi sarei dovuto aspettare qualche “scherzetto”. Di certo non mi lascio intimidire, intorno me succedono cose anomale e c’è gente strana ma questo non mi ferma».


 



Condividi

    



Commenta L'Articolo