I risparmiatori occupano Banca Etruria

 

 

 

 Nelle urla di Sandro Cicchetti, imprenditore del mobile ora in pensione e cliente beffato dal “Salva banche”, c’è il disagio di migliaia di piccoli risparmiatori, gente comune, pensionati, piccoli imprenditori di un Comune come Pizzoli, che conta 1.500 obbligazionisti di Banca Etruria su un totale di 5mila abitanti. Un numero enorme di persone che hanno perso tutto o quasi per avere sottoscritto (spesso all’insaputa dei rischi reali) le obbligazioni subordinate che nella notte tra il 22 e il 23 novembre scorso si sono volatilizzate come polvere al vento per effetto del provvedimento del governo. Facendo, così, sparire progetti, idee di investimenti, somme accantonate per figli e nipoti, liquidazioni, risparmi di una vita. E ora il governo, dicono, non vuole rimborsare tutti e subito, ma tenere fuori quelli che hanno un reddito oltre i 22mila euro. Come se ci fossero «clienti di serie A e clienti di serie B». Cinque mesi insopportabili per i risparmiatori – molti al di sopra dei 60 anni – che ieri, giorno in cui il governo ha discusso dopo diversi rinvii il decreto sui rimborsi, hanno deciso di lasciare i luoghi di lavoro, uscire di casa e letteralmente occupare Banca Etruria. Per chiedere tutte le informazioni e la procedura per chiudere i loro conti e portarli via dall’Italia, all’estero, «dove ci sono più garanzie». In trenta a metà mattinata sono entrati, poco per volta, sotto lo sguardo impassibile dei tre dipendenti (anche loro, in qualche modo, vittime inconsapevoli di un sistema definito distorto) della piccola e storica filiale di credito che a Pizzoli esiste da 50 anni sotto nomi diversi, oggi Etruria, e con addosso il peso maledetto di far parte del quartetto di banche a rischio default salvate in extremis dal governo con il provvedimento “Salva-banche” dall’amara contromisura: l’azzeramento dei soldi dei piccoli risparmiatori. “Un sistema che per salvare se stesso è diventato il nostro carnefice“, dice Amedeo Gregori del comitato “Difesa dei risparmiatori della Banca Etruria” di Pizzoli. «Hanno messo in crisi tutto il sistema bancario, perché ormai siamo sfiduciati e lo saranno sempre più persone, come lei, come altri. Questa banca, che esiste da decine di anni a Pizzoli», rincara Cicchetti cacciando fuori tutta la rabbia repressa in mesi di promesse, «prima era per noi come il dottore, adesso è il nostro nemico. I soldi noi li rivogliamo tutti e con gli interessi, basta giocare sulla nostra pelle». Un “bank run” (fuga dalle banche), quello messo in atto dai risparmiatori, che deve coinvolgere, nelle loro intenzioni, anche tutte le altre banche italiane. «Abbiamo deciso di allontanare i nostri pochi risparmi rimasti dopo l’azzeramento del governo e di portarli all’estero perché siamo completamente sfiduciati nei confronti del sistema bancario», spiega Gregori. «Abbiamo preso informazioni sullo stato di salute e capacità di garanzia per i nostri risparmi delle altre banche italiane, e siccome il sistema, nella sua grandezza, non riesce a trovare 300 milioni per ricostruire un minimo di fiducia rimborsando 10.500 obbligazionisti, vuol dire che questa garanzia in Italia non esiste. Siamo determinati a chiudere i nostri conti e non riaprirli con nessun altra banca del Paese. Molti lo hanno già fatto».
di Marianna Gianforte - da Il Centro -
 



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