Le Scuole di Ballo: CUORE MIO e FLY DANCE" presentano il charleston

 

 

 

Il charleston è un ballo di derivazione jazzistica (che si collega con il rag time) diffusosi intorno agli anni venti, prima in America e poi in Europa. Di andamento veloce e brillante, ha ritmo sincopato in 4/4. Il charleston è senza dubbio il più brioso, gaio e scoppiettante ballo dell'epoca moderna. Per la sua struttura, si stacca nettamente da tutti gli altri balli, possedendo una personalità inconfondibile ed inimitabile.
Le Scuole di danza "Cuore Mio" e "Fly Dance", hanno pubblicato un bellissimo video:
Base musicale: "Green Hill Instrumental"
Scuole di Ballo: "CUORE MIO" (L'Aquila") e "FLY DANCE" (Arezzo)
Insegnanti: Lucilla Bucci e Francesca Scarpini
Ballerini e Ballerine "CUORE MIO": Matthew, Fiorella, Luisa, Pina, Antonietta,Gemma, Daniela, Maria Franca, Giuliana, Anna,Carlo, Patrizia, Antonellina, Marilena, Antonella, Simona, Gabriella, Catia
Ballerine "FLY DANCE": Teresa, Oriana, Elisabetta, Daniela, Andreina, Maria Teresa, Piera, Franca, Assunta, Matilde, Nicole, Martina


Tutti ricordano la magnifica scena del Gattopardo come qualcosa di più che un semplice giro di valzer, come una delle espressioni di un certo tipo di società. E lo stesso si può dire del celebre Cotton club di Coppola: in questo film lo snodarsi delle vicende è scandito dal ritmo del tip tap e del charleston che fanno da sfondo alla New York dei tempi del proibizionismo. Gli anni venti erano quelli di Al Capone, delle sparatorie tra bande di gangster e dei fumosi club dove spesso, come nel film, qualcuno moriva a ritmo di claquette. Ma erano anche gli anni dell'old jazz, delle donne con il caschetto e i cappellini a cloche, dei primi abiti corti, con la vita bassa e la gonna plissettata, delle grosse Ford dalle quali scendevano le ingioiellate signore che si recavano a ballare il charleston. Tra i balli di derivazione jazzistica in voga in quel periodo il charleston era il più scatenato (il tip tap si sarebbe esteso al grande pubblico solo a partire dagli anni trenta): i movimenti che lo caratterizzavano erano così frenetici e la musica d'accompagnamento così sfrenata che qualcuno malignamente arrivò a definirlo "il ballo degli epilettici". La carica istintiva della musica jazz, unita all'eccentricità dei passi, dovette infatti sembrare ai benpensanti, più che una liberazione dagli schemi precedenti in nome di una nuova spontaneità, una sorta di delirio collettivo. Non potevano certo immaginare che il charleston era solo il punto di partenza di un'evoluzione del ballo – o meglio, di una rivoluzione – che, nata dall'incontro con la musica afro-americana, avrebbe generato nell'arco di qualche decennio fenomeni quali il boogie woogie e il rock'n'roll. Il charleston infranse tutte le regole dei balli da sala di provenienza europea. Il suo passo consisteva nel gettare all'esterno le gambe con le punte dei piedi rivolte all'interno cercando di mantenere le ginocchia unite. Seguivano poi sgambettamenti velocissimi, contorsioni, salti, calci e tutto ciò che suggeriva il ritmo fortemente sincopato e swinging della musica jazz, sottolineato dal suono di un nuovo strumento a percussione annesso alla grancassa, il charleston (costituito da due piatti di metallo posti uno sopra l'altro). Sembra che i primi a ballare una forma di charleston fossero stati gli scaricatori neri del porto dell'omonima città statunitense (Sud Carolina); si ispiravano ai movimenti che solitamente eseguivano per caricare o scaricare le merci dalle navi. Ma è possibile che questo modo di ballare avesse origini molto più lontane: alcuni studiosi infatti ne riconducono i movimenti di base alle danze propiziatorie delle tribù africane. La brillante idea di portare il nuovo ballo dalle banchine del porto di Charleston ai teatri di mezza America venne all'impresario George White, che nel 1923 lo inserì nel programma della rivista musicale “Runnin' Wild”. Lo spettacolo, interpretato da una compagnia di artisti neri, fu presentato per la prima volta a Broadway e da lì fece il giro di tutte le città del Sud degli Stati Uniti. Il charleston eseguito dai cantanti-ballerini del “chorus” di White non prevedeva alcun accompagnamento musicale: la scansione ritmica era data dal battito delle mani e da quello dei piedi sul pavimento. Durante lo stesso anno Ned Wayburn, direttore artistico della compagnia di Florenz Ziegfeld, introdusse un numero di charleston in “Follies 1923”, in scena al New Amsterdam Theatre di New York
Attorno al '20 le donne ottennero – in molti Paesi – il diritto di votare. Le donne del charleston non furono dunque solo quelle che portavano i capelli al garçonne e le gonne corte, che fumavano e guidavano l'auto – le più ricche – ma furono anche le prime a godere di uno stato di parità tra i sessi, se non sociale, almeno politico. Non si erano soltanto liberate dei lunghi gonnelloni che ne impacciavano i movimenti, ma erano riuscite a lasciarsi alle spalle una condizione di inferiorità che le ingabbiava in un ruolo totalmente passivo. Nel 1918 l'Inghilterra era stata la prima nazione, grazie alle battaglie portate avanti dal movimento delle suffragette, a stendere il diritto di volto al sesso femminile. Due anni dopo fu la volta degli Stati Uniti seguiti a breve distanza dai paesi del Nord Europa. Il suffragio universale fu rappresentativo di un loro riconoscimento come soggetti politici e di un processo di emancipazione femminile riscontrabile in molti aspetti della vita sociale, alcuni dei quali come la moda e il ballo, apparentemente poco rilevanti ma significativi. D'altra parte il periodo che si aprì con la fine della prima guerra mondiale fu caratterizzato da una tale euforia e smania di divertimento che il ballo assunse un ruolo di primo piano nella vita sociale. Il charleston rispose innanzi tutto al bisogno di svago della gente ma allo stesso tempo consentì di vivere in maniera più libera i rapporti sociali: la presenza di un partner costante era infatti del tutto trascurabile in questa danza. Le relazioni tra uomini e donne erano profondamente mutate e il ballo rispecchiava tale rinnovamento anche nella tecnica d'esecuzione; inoltre i frequenti scambi di partner tra un passo e l'altro offrivano alle donne una libertà di scelta che prima non avevano. Ma se il charleston fu da un lato espressione di una maggiore libertà e simbolo di una, se pur ancora timida, emancipazione femminile, dall'altro rappresentò un punto di svolta rispetto alle tecniche precedenti: non si era mai vista una rotazione di piedi en dedans (verso l'interno); tutt'al più, quando i piedi non erano paralleli l'uno all'altro, venivano leggermente ruotati en dehors (verso l'esterno), come nella tecnica classico-accademica. Tuttavia la voga del charleston non durò a lungo: ben presto venne soppiantato dal quick step, dal lindy hop, dal black bottom e dagli altri balli jitterbug che, accentuando la tendenza a dare spazio all'esecuzione solistica, provocarono quell'apertura della coppia che avrebbe caratterizzato i generi seguenti. Nonostante la sua breve durata, il charleston contribuì a creare una delle immagini più suggestive di quel decennio “ruggente” che aveva visto nascere la radio e il cinema sonoro che si concluse con il crollo di Wall Street nel 1929.


 



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