Il 13 Agosto si è ripetuto il tradizionale pellegrinaggio all’Acqua di San Franco

 

 

 

 

Tanti i pellegrini che il 13 Agosto, come ogni anno, si sono arrampicati sulla montagna, per assistere alla Messa che è stata celebrata dal parroco Don Nelson.
La leggenda vuole che S. Franco, percuotendo la roccia con il suo bastone, fece scaturire l'acqua alla quale si attribuiscono qualità taumaturgiche. Molti pellegrini, allora come oggi, si recavano a visitare questa sorgente bevendo e lavandosi con quest'acqua per ottenere la guarigione delle malattie della pelle.


La cappella, realizzata con pietra a vista, è stata edificata sopra due cabine nelle quali sgorga la Sorgente; essa presenta un ingresso ad arco e un sedile sulla parete destra. Sopra l'altare si trova una lapide in marmo bianco che ricorda il restauro operato nel 1945, mentre un pannello con 24 maioliche raffigura un miracolo del Santo.
San Franco nacque a Roio (L’Aquila) dopo aver fatto il pastorello, San Franco entrò nel monastero benedettino di San Giovanni Battista a Lucoli. L’abate del monastero di Lucoli lo accolse gioiosamente e lo destinò alla prosecuzione degli studi. A Lucoli, San Franco rimase per venti anni e acquisì l’amore per lo studio e per la pietà, quei due ideali che non lo abbandoneranno mai per tutti il resto della sua vita.
Dopo la morte dell’abate, gli venne proposta la carica abbaziale; ma San Franco, non avvezzo alla politica religiosa, rifiutò per dedicarsi a ciò cui voleva destinare la propria vita: la contemplazione di Dio per mezzo della contemplazione della Natura, il grande libro in cui era scritta la Parola sacra.
Fu per questo motivo che il Santo chiese ed ottenne dai suoi superiore di ritirarsi in solitudine tra le montagne dell’Abruzzo, lontano dai rumori della società, da solo nella solitudine degli alberi e delle rocce, alla ricerca dell’eternità.
Si ritirò, così, tra i boschi delle montagne di Lucoli, cibandosi di erbe, ghiande e frutti di bosco (“herbulis, glandulis et agrestibus pomulis“). Tuttavia, l’affluenza di pellegrini che si recavano da lui per avere dei consigli e il desiderio di solitudine e di silenzio lo costrinsero ad abbandonare il suo rifugio.
San Franco, allora, si ritirò sulle montagne del Vasto, vicino ad Assergi (L’Aquila). Lì, in un luogo arido e privo di rifugi, a 1173 metri di altitudine, si costruì un eremo in pietra, secondo il sistema tradizionale seguito dai pastori abruzzesi che spesso incontrava in quelle lande desolate.
Fu lì che avvenne il primo miracolo. Il Santo, per dissetare la madre che si era recata da lui in visita, fece sgorgare da una roccia una sorgente di acqua. Quella sorgente oggi continua a scorrere e gorgogliare sotto le pietre dell’eremo ed è chiamata Acqua di San Franco.
Molti pellegrini ancor oggi vi si recano, in quanto, secondo la tradizione, la sorgente ha poteri miracolosi ed è in grado di guarire soprattutto dalle malattie cutanee.
Anche lì, tuttavia, l’affluenza dei visitatori lo costrinse a cercare un luogo più impervio ed inaccessibile.
Secondo la tradizione, fu un’orsa con tre orsacchiotti che guidò il Santo al suo secondo eremo, in una grotta difficilmente raggiungibile sulla montagna del Gran Sasso, oggi conosciuta come Grotta di Peschioli.
Da lì, San Franco scendeva di tanto in tanto al paese di Assergi, durante le festività, per prendere i sacramenti nella Chiesa di Santa Maria in Silice. Fu proprio davanti quella chiesa, in una giornata come le altre, che avvenne il secondo miracolo di San Franco. Un lupo rapì un bambino ancora in fasce e fu soltanto l’intervento del Santo che fece fermare il lupo e permise di salvare il neonato. Il miracolo è così famoso da essere diventato un soggetto ricorrente nella iconografia di San Franco, raffigurato come un monaco con ai piedi un lupo che stringe tra le fauci un neonato.
Il desiderio di contemplare Dio nella solitudine più assoluta spinse il Santo ad abbandonare anche questo umile ricovero, per spingersi ancora più in alto, vicino la vetta del monte Cefalone (2533 metri di altitudine).
San Franco trovò ricovero in un’altra grotta, chiamata Grotta di Pizzo Cefalone, piccola e umida, in un luogo dove non esisteva nient’altro che rocce e silenzio.
Lì, rimase per i resto della sua vita, fino a quella notte in cui le campane della Chiesa di Santa Maria in Silice ad Assergi si misero a suonare da sole ed i galli cominciarono a cantare prima del sorgere del sole.
Gli abitanti di Assergi si destarono e guardarono in direzione della montagna. Sulla grotta del Santo c’era una strana luce: fu quella luce che indicò loro il sentiero da percorrere per raggiungere l’eremo.
Il corpo di San Franco fu portato ad Assergi nella Chiesa di Santa Maria in Silice e lì fu sepolto, nell’antichissima cripta che oggi conserva i suoi resti, posti all’interno di un’ urna d’oro e d’argento, opera dello scultore Giacomo di Paolo da Sulmona.
Il 5 Giugno di ogni anno, si festeggia ad Assergi la Festa in onore di San Franco e dal paese e da numerose altre parti d’Italia i pellegrini accorrono per bagnarsi in quella sorgente, che quasi mille anni fa il Santo fece sgorgare miracolosamente da una roccia.

 



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