Manifesto per la Ricostruzione (di Sante Acitelli)

 

 

 

Dopo tre settimane già si sono spenti i riflettori sul post terremoto amatriciano, restano ancora vive le iniziative per la donazione a favore di banche e associazioni! Strano! Pensavo impiegassero più tempo a spengersi invece, come è consuetudine (purtroppo), passato il primo momento di partecipazione emotiva, tutto entra a far parte dell’oblìo. Negli ultimi 40 anni, l’Appennino ci ha “regalato” ben 5 terremoti tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria e tutti tra il 5° ed il 6° grado cioè devastanti per quelle case antiche o vecchie che dir si voglia che, anche se ristrutturate, non lo erano però in chiave antisismica. E questo è il primo e vero problema! Quelle case, costruite secoli fa, avevano sopportato altri terremoti ma avevano “retto”;  non è che i “vecchi” non sapevano costruire, lo sapevano fare benissimo ma lo facevano per quelle che erano le tipologie abitative del momento cioè un tetto per ripararsi ed un camino per scaldarsi; poi sono arrivati i “servizi”: prima l’acqua si prendeva con la conca alla fontana, la corrente era la famosa “125” con il filo a “piattina”, lo scarico era la “comoda” con la cenere, il gas era una bombola. Una volta arrivati i servizi tutti a scavare tracce nelle pietre per l’acqua, per il bagno, per l’impianto elettrico sotto traccia, per il gas da cucina e per il riscaldamento, addirittura per la climatizzazione; i contatori? E che li lasciamo “ a vista”? Assolutamente no, tutti incassati nel muro! E le pietre venivano scavate, allontanate tra loro (tanto basta una putrella) e la struttura si indeboliva; pochi se non nessuno si preoccupavano  di ristrutturare in chiave antisismica ed ecco i risultati! Sembra che per adeguare tutti gli edifici dell’Appennino non bastino 100 miliardi di euro! Ed allora parliamo di soldi! Prendo l’esperienza del terremoto aquilano e di quanto ho letto e sentito per quello amatriciano per fare di questo “post” il mio Manifesto per la Ricostruzione. La premessa iniziale è che la stragrande maggioranza dei centri sull’Appennino vive di turismo o di attività indirettamente legate al turismo e quindi la stragrande maggioranza sono le cosiddette “seconde case” dei NON residenti che non sono le case dei ricchi ma le case dei nonni, degli avi o case economiche comprate da chi le vive per le feste o per le ferie e sono proprio questi NON residenti coloro che fanno vivere l’economia locale e, quindi, non può esserci ricostruzione e ritorno economico senza le seconde case. Altra considerazione è chi paga questa ricostruzione. Giustissimo che sia lo Stato a ricostruire le case dei residenti e ci mancherebbe altro che lo stato non intervenisse a favore di coloro che hanno perso tutto anche se, un piccolo “sassolino” chiede di uscire dalla scarpa; due esempi: il primo riguarda, per il cratere aquilano, quei soldi dati a “pioggia” per le tipologie A ovvero agibili dove lo Stato donava 10mila euro per l’adeguamento antisismico per quelle case che NON avevano subìto danni; tutti a presentar fattura per ottenere il contributo ma pochissimi coloro che avevano, veramente, speso quei soldi per l’antisismicità; la maggior parte li aveva spesi per “ripitturare” casa!!!!!! Ma le scosse del terremoto amatriciano si sono sentite anche nell’aquilano ed alcune di quelle case “ripitturate” adesso sono lesionate! Ed ora che facciamo? Rifinanziamo un’altra volta la ricostruzione? È giusto che lo Stato ripaghi per quello che aveva finanziato ma che non è stato fatto? Un altro esempio è quello purtroppo famoso della scuola di Amatrice! Quella scuola aveva avuto i soldi dalla regione Lazio proprio in virtù del terremoto aquilano ed i risultati li abbiamo visti tutti, ed ora? Rifinanziamo un’altra volta la ricostruzione della stessa scuola? Si ma quelli erano soldi per il miglioramento e non per l’adeguamento si può obiettare e quindi? I soldi per il miglioramento non sono stati spesi lo stesso? Non contano nelle casse pubbliche? Sento poi parlare “esperti” del settore finanziario e politico di scelte che, secondo me, sono scellerate e pure un po’ demenziali ma, dato che loro sono esperti ed hanno studiato tanto per partorire queste idee, è evidente che il mio Manifesto sarà un cumulo di sciocchezze…. Sento parlare infatti di:

-          Assicurazione obbligatoria contro i terremoti (ma il valore dell’immobile lo certifica un tecnico da pagare + quello che l’assicurazione chiede come interventi + il premio ecc…. e allora non faccio prima ad adeguare casa? Che ci faccio col premio dell’assicurazione se poi casa è crollata?)

-          La tassa di scopo (e quando si definisce raggiunto lo scopo? Ma se ancora paghiamo le tasse sull’Abissinia e sul Vajont, vuol dire che sarà una tassa eterna per permettere allo Stato di finanziare la ricostruzione con soldi pubblici e visti i risultati ed i tempi necessari……..)

Quello che più si avvicina alla mia concezione di ricostruzione è il cosiddetto ECO BONUS dove si applica la legge della detrazione del 65 % per l’adeguamento antisismico ed ecco allora il mio

Manifesto per la Ricostruzione

1 – Informazione: informare la popolazione sui rischi sismici del territorio con seminari, pubblicazioni  ed incontri con tecnici del settore; se questa campagna informativa può mettere ansia e paura tra i cittadini ben venga la paura, meglio averne che ritrovarsi con la casa crollata

2 – Formazione: organizzare corsi sul comportamento in caso di terremoto, quali le cose da fare e quali da non fare ad iniziare dalle scuole; video con cineforum per la partecipazione attiva e non per subire “perdite di tempo” che poi si possono tramutare nella perdita della vita

3 – Zonazione ovvero la conoscenza del terreno con le sue caratteristiche : “zonare” un territorio come l’Appennino è un problema enorme ma ricordo quando l’ I.G.M. “mappò” tutta l’Italia in scala 1 : 25000; migliaia di tecnici “batterono” tutto il territorio nazionale con tutte le curve di livello; sembrava una “mission impossible” eppure, ancora oggi, a distanza di decenni sono strumenti validissimi per la conoscenza del territorio; se è stato possibile allora, deve essere possibile ancor di più oggi. Zonazione che deve essere organizzata e gestita dallo Stato e non delegata ai Comuni perché non credo che un Comune possa autorizzare una licenza edilizia e dire, contemporaneamente, che quel terreno è pericoloso; non credo sia possibile che un Comune individui un Piano Regolatore e poi dire che è un terreno alluvionale e quindi più soggetto a crolli; non credo che un Comune abbia la forza di opporsi ad una destinazione d’uso edificabile di un terreno e dichiararlo non edificabile per rischio sismico

4 – Consorzi: riprendere l’esperienza di individuare gli aggregati come fece la Protezione Civile a L’Aquila e trasformarli in consorzi obbligatori; i consorzi non sono altro che condomini a tempo ovvero un insieme di case dei centri storici che devono presentare un unico progetto con un unico progettista; questo costringerebbe tutte le abitazione dell’aggregato a DOVER intervenire per l’adeguamento antisismico; sarebbe infatti un non senso se io mettessi in sicurezza la mia casa e non lo facesse anche il mio vicino; in caso di scossa la mia casa subirebbe gli stessi danni per colpa dei danni subìti dal vicino che non l’ha messa in sicurezza. Obbligare i consorzi ad intervenire sulle strutture del consorzio stesso con un max. di 10 anni; il consorzio che non rispetti tale scadenza viene tassato o, peggio, denunciato penalmente; tale obbligo risolverebbe anche quelle abitazioni “pro indivise”, mai portate in successione o delle quali si è persa la proprietà, integrandole nel patrimonio comunale per esproprio

5 – Economia: lo Stato adegua l’antisismicità per tutti gli edifici pubblici e senza aggravio per i cittadini che già pagano le tasse per la sicurezza e la sicurezza antisismica è già componente della tassazione; tutta la ricostruzione privata è a carico dei proprietari detraendo il 100 % delle spese per l’adeguamento antisismico; non il 65 % com’è adesso per il risparmio energetico o il 50% per le ristrutturazioni ma tutto il 100%. E’ vero che lo Stato dovrebbe rinunciare ad un mancato introito fiscale per 100 miliardi ma sarebbe sicuramente un risparmio a fronte delle fasi dell’emergenza e della ricostruzione e, in 10 anni, muoverebbe un mercato interno dell’edilizia che risolverebbe anche il problema del Lavoro. Si calcola che un adeguamento antisismico per una casa “appoggiata” alle altre come spessissimo si vede nei centri storici costi circa 200 euro / mq. cioè per una casa di 100 mq. il costo sarebbe di 20mila / 25mila euro e non credo che uno o più proprietari di una casa di 100 metri quadrati non possano affrontare una spesa simile ed avere la sicurezza di non rimanerci sotto in caso di scossa anche perché la somma spesa  verrebbe recuperata in 10 anni!

Si dice ormai da tanto tempo che prevenire è meglio che intervenire; ecco! Io ho detto la mia; così è come interverrei sulla ricostruzione, per ora posso solo dire che dopo 7 anni la mia casa è crollata e non vedo ombra di ricostruzione; gli anni passano, la speranza di rivederla diminuisce mentre la rabbia aumenta.

cifone


 



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