Roio Piano, ricostruzione del centro storico

 

 

 



In merito alla ricostruzione dei centri storici delle frazioni emerge ancora un quadro piuttosto lacunoso. Tale situazione è la conseguenza di varie problematiche, alcune delle quali sorgono in virtù del frazionamento delle proprietà immobiliari, in parte ascrivibili a persone residenti fuori Regione o, addirittura, all’estero. Non solo. I dati catastali, che certificano il vanto di un diritto reale sugli immobili che ne sancisce il diritto alla ricostruzione, non sono sempre aggiornati. Un altro elemento che, in alcuni casi, ritarda notevolmente la presentazione dei progetti, è l’iter istruttorio della Commissione pareri affinché si esprima circa la demolizione di alcuni fabbricati “non vincolati”, ma considerati di interesse paesaggistico, per i quali i proprietari hanno fatto richiesta di abbattimento (come previsto dalla legge in materia per la ristrutturazione edilizia), con relativo accollo delle spese. Avremmo preferito che questa attenzione sulla conservazione degli antichi impianti villici fosse stata riposta negli anni precedenti al terremoto, quanto i paesi esistevano e c’era ancora qualcosa da tutelare. Trattasi, in genere, come nella frazione di Roio Piano, di semplici abitazioni popolari costruite all’inizio del secolo scorso, aventi parti strutturali deboli, costituite da muri a sacco (pietra, mattoncini e sabbia), i cui unici elementi di pregio sono normali stipiti in pietra e finali lapidei i quali, con i dovuti accorgimenti, potrebbero essere tranquillamente reimpiegati anche in una struttura ex novo, senza che ciò possa ledere all’aspetto esterno della fabbrica, la quale rimarrebbe invariata, ma sicuramente acquisterebbe una maggiore sicurezza, cosa di cui è sempre lecito tenere conto. Nel caso del consorzio di “via Lucoli - via Cavour - via Monteleone”, è da rilevare che il complesso edilizio è composto da più unità abitative, alcune delle quali, secondo la Commissione pareri, possono essere abbattute mentre altre più “vecchie” no! Qualora si ricostruisse l’aggregato provvedendo con demolizioni a macchia di leopardo, ciò determinerebbe un ulteriore indebolimento delle case da ristrutturare (comunque sollecitate da mezzi meccanici atti all’abbattimento dei fabbricati adiacenti) e una consistente perdita della quota di proprietà per i confinanti i quali dovranno utilizzare parte dello spazio utile interno per poter poggiare i pilastri in cemento armato ove ricostruire l’assetto strutturale del nuovo edificio. Al di là di ogni considerazione, questo consorzio, che ha il maggior numero di abitazioni principali del paese, poteva essere già cantierizzato. Non dimentichiamo che nel rimpallo di responsabilità tra Pubblica Amministrazione e tecnici, in mezzo ci sono i proprietari, i quali avranno pur diritto (dopo quasi otto anni di preoccupazioni, e conti alla mano) di non rimanere schiacciati da questa mastodontica macchina burocratica e magari vedere avvicinarsi il momento del rientro nelle proprie case. Tali estenuanti lungaggini potrebbero dunque precludere a qualche persona più anziana il concretizzarsi di tale desiderio. Allora sarebbe lecito affermare che non è stato fatto e non si sta facendo un buon lavoro!

di Fulgenzio Ciccozzi

 



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