"Il Centro" ricorda Papa Giovanni Paolo II e il suo grande amore per L’Aquila e l’Abruzzo


 

Da oggi sul quotidiano "Il Centro" il racconto delle visite pubbliche e private del Pontefice polacco sulle montagne della nostra regione.  Una serie di articoli che saranno pubblicati fino al primo maggio, giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro da parte di Benedetto XVI, sono tratti dal libro «Giovanni Paolo II e l’Abruzzo». Il libro (editrice Graphitype) scritto da Giustino Parisse, caporedattore del Centro, e pubblicato nel 2005 poche settimane dopo la morte del Pontefice, ripercorre le visite pubbliche e private del Papa polacco in Abruzzo. Alcuni passaggi del libro, oltre 300 pagine, sono stati rielaborati. Saranno tolti molti documenti, fra cui articoli di giornale, che pure fanno parte del volume. Un modo per ricordare il grande amore di Karol Wojtyla per l’Abruzzo e L’Aquila.

di Giustino Parisse
 Questa serie di articoli non è su Giovanni Paolo II. La figura e la grandezza di Papa Karol Wojtyla è tale che raccontare anche il più piccolo aspetto del suo pontificato, iniziato nel 1978 e terminato nel 2005, è opera titanica. Sul Papa sono stati scritti migliaia di volumi e altrettanti ne verranno scritti nei prossimi anni. Questo è soltanto un piccolo contributo che intende approfondire il rapporto speciale che Giovanni Paolo II ha avuto con l’Abruzzo e in particolare con le montagne aquilane. La nostra regione, a parte Roma e quindi il Lazio, è stato il luogo più frequentato dal Papa. Le visite ufficiali sono state 6. Quelle private accertate da documenti e testimonianze sono 35 (in realtà secondo il segretario di Giovanni Paolo II, Stanislao Dziwisz oggi cardinale e arcivescovo di Cracovia sarebbero più di cento). Il Gran Sasso, in particolare, è stata la montagna che più ha affascinato il Pontefice che l’ha visitata per sciare ma anche per trascorrere qualche ora a contatto “con Dio e con la natura”.
 Il racconto si svilupperà secondo una struttura di tipo cronologico: dal 1978 alla fine del 2004. Ma Karol Wojtyla conosceva la nostra regione sin da quando era ancora vescovo di Cracovia in Polonia.
 Ci sono tracce, rinvenute su testi che si sono occupati del Papa, in cui si fa risalire la prima visita in Abruzzo del futuro Pontefice addirittura al 1965 quando Wojtyla, a Roma per la conclusione del Concilio Vaticano II si recò a Celano per documentarsi su Tommaso da Celano, il più noto e attendibile dei biografi di San Francesco d’Assisi.
 Nel 1975, sempre nel corso di una sua lunga sosta a Roma aveva invece fatto una capatina a Ovindoli per sciare e da quel giorno era rimasto affascinato dalle montagne abruzzesi molto simili ai Monti Tatra in Polonia dove da prete, poi da vescovo e infine da cardinale, Karol Wojtyla amava trascorrere le sue vacanze da solo o con i suoi parrocchiani. Per Wojtyla - il concetto è stato ripetuto più volte in vari discorsi - la montagna con i suoi silenzi e con la sua bellezza è il luogo che più avvicina a Dio. In un articolo scritto per il settimanale “Epoca” Bruno Vespa, aquilano, giornalista e scrittore (uno dei pochi che poteva vantare un rapporto speciale con il Pontefice, tutti ricorderanno la telefonata del Papa in diretta a Porta a Porta) ha raccontato il suo primo incontro con il cardinale Karol Wojtyla. Vespa ebbe l’impressione di essere di fronte a “un montanaro, molto simile ai montanari d’Abruzzo”. Nel libro di Marco Politi e Carl Bernstein “Sua Santità” si racconta di come il futuro Papa nel luglio del 1948 fu inviato a fare una esperienza pastorale in una piccola parrocchia polacca, Niegowic. «I parrocchiani» scrivono Politi e Bernstein «lo vedevano spesso fare passeggiate solitarie dopo pranzo nei frutteti dietro la chiesa. Qualche volta pregava passeggiando. Poi trovato un angolino tranquillo si soffermava a meditare». La stessa immagine che vedranno tanti anni dopo coloro che hanno avuto il privilegio di assistere il Papa nei suoi momenti di riposo e raccoglimento sul Gran Sasso. Sempre i due autori sopra citati raccontano che a Karol Wojtyla piaceva molto stare con i giovani e da guida della parrocchia universitaria di San Floriano, sempre in Polonia, amava fare gite in montagna o ai laghi con i giovani: «Le escursioni e le gite erano intese non solo come occasioni di salutare divertimento. La natura era un mezzo per avvicinarsi a Dio, per stimolare l’anima mediante la meditazione, per arrivare all’essenza dell’umano e del divino, per farli incontrare». L’aquilano Giovambattista Santucci, gentiluomo di Sua Santità, ha raccontato che un giorno, nel corso di una udienza in Vaticano, il cardinale Angelo Sodano lo presentò al Pontefice. Il Papa, che solitamente salutava in maniera molto rapida, anche perché c’erano decine di persone in attesa, quando sentì la parola L’Aquila si soffermò dicendo: “Beato lei che può vedere tutti i giorni il Gran Sasso”.
 Una frase, più o meno dello stesso tono, è stata ripetuta in seguito anche al sindaco dell’Aquila Biagio Tempesta in occasione della consegna del premio Perdonanza 2001 e agli arcivescovi dell’Aquila monsignor Mario Peressin e monsignor Giuseppe Molinari in varie occasioni di incontro. Sempre Politi e Bernstein raccontano che quando era arcivescovo di Cracovia a una parete del palazzo episcopale erano appesi una Madonna rinascimentale e un paesaggio invernale polacco. Un amore smisurato quindi per la montagna, un amore che aveva soprattutto una dimensione spirituale. Diventato Papa il 16 ottobre del 1978 Wojtyla non volle rinunciare ai monti e ne individuò alcuni a due passi dal Vaticano che tanto somigliavano ai suoi Monti Tatra. Le sue “fughe” dal Vaticano sono state moltissime e sempre in compagnia di don Stanislao Dziwisz, suo fedele segretario sin da quando era arcivescovo di Cracovia. A cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso il gruppo di scorta a Giovanni Paolo II nelle sue “gite” fuori dal Vaticano era solitamente composto dal suo segretario, dal prefetto Enrico Marinelli capo del servizio di sicurezza del Papa, dal medico personale Renato Buzzonetti e da alcuni uomini (di solito quattro) a disposizione del prefetto Marinelli. Il corteo era composto mediamente da tre mezzi fra cui un fuoristrada visto che il Pontefice preferiva spesso zone impervie per passeggiare. Nei primi tempi tutti portavano un semplice zaino, come nella migliore tradizione del turismo montano. Il Papa non si è fatto mai preparare pasti caldi o catering ambulanti. Preferiva qualche panino ben imbottito con salame, prosciutto o formaggio, acqua e un sorso di vino o birra.
 Con l’avanzare dell’età e con i problemi di salute, che negli ultimi anni hanno praticamente impedito al Papa anche di camminare, il materiale al seguito è aumentato fino a comprendere anche delle tende e dei sostegni per consentire al Papa di potersi sedere il più comodamente possibile. Un’ultima annotazione prima di chiudere questa parte introduttiva. Le visite private del Santo Padre sono avvenute spesso di martedì, giorno che il Pontefice evidentemente aveva scelto come momento di riposo dai tanti e frenetici impegni dei rimanenti giorni della settimana. E a volte si è trattato anche del martedì di Pasqua.



 



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