Lo studioso Lalli: il libro di Dante, un diario esistenziale sul terremoto...

 
«Il piccolo libro del professor Umberto Dante (“Via Cascina 20”), pubblicato nei mesi scorsi, a differenza di altri lavori dedicati al terremoto, ha il pregio di essere un vero diario...
 
 
 
 
«Il piccolo libro del professor Umberto Dante (“Via Cascina 20”), pubblicato nei mesi scorsi, a differenza di altri lavori dedicati al terremoto, ha il pregio di essere un vero diario esistenziale».
È quanto afferma Giuseppe Lalli, studioso del pensiero cattolico, a proposito del lavoro letterario di Dante sulla notte del 6 Aprile 2009.
«Vi ravviso un orizzonte metafisico, che si esprime con la visione di un “oltre” che scandisce tutta la cronaca di quella terribile nottata. Umberto Dante dissemina molte tracce metafisiche, che ci appaiono come la riattivazione di un filo spezzato. La visione che traspare è, a mio avviso, il pensiero gnostico, da sempre spina nel fianco del Cristianesimo, l’idea cioè che il male sia il frutto consapevole di un demiurgo malvagio, che sembra accanirsi contro le persone più buone (“È morta Lucilla: perché proprio lei: all’Aquila una persona come Lucilla non esiste”, annota con sconforto). Toccante è la rievocazione di una visita fatta da Umberto a casa di Giustino Parisse», ricorda Lalli, «della cui tragedia quella notte viene a conoscenza. Una casa dove dice di aver conosciuto la “bellezza della bonta”. Quella notte Dante avverte tutta l’assurdità di essere “gettato nel mondo”, secondo la caustica espressione di quel moderno gnostico che fu Jean Paul Sartre. Sono, quelle di Dante, le domande di un “io” spaesato. A me pare, inoltre», aggiunge Lalli, «che l’autore si sia posto un problema metafisico-esistenziale, che non ha voluto forse esplicitare appieno a se stesso, vale a dire la dicotomia tra l’assurdo e il mistero come il vero tema che sottende il dualismo Bene-Male: l’assurdo di un male senza senso e il mistero di un dolore di cui non cogliamo il significato, ma che ci pare a volte di intuire sotto le apparenze di drammi della vita. Rispetto a questa domanda di fondo», conclude Lalli, «a poco vale rifarsi al Leopardi di “La Ginestra”, né credo possano venire in soccorso filosofi che Dante ha “frequentato”, come Davide Hume con il suo scetticismo, padre, insieme a Kant, di tutti i moderni maestri del sospetto e di tutti i pensieri deboli di questa ambigua modernità. Suggerisco a Dante di confrontarsi con Blaise Pascal, l’unico grande pensatore moderno che, insieme alla trascendenza, indica un orizzonte di speranza e che rifiuta l’astratto razionalismo in nome della ragionevolezza».
 



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