La commozione nel giorno del ricordo a Roio

- di Fulgenzio Ciccozzi -

Ogni anno, dal 2010, a Colle Miruci, epicentro del terremoto che nove anni fa colpì la nostra comunità, gli alpini e un pugno di cittadini commemorano le vittime del 6 aprile 2009. Il cielo terso e la figura imponente e nello stesso tempo rassicurante del Gran Sasso innevato, che si staglia all’orizzonte, sono sempre lì ad accompagnare questo momento di raccoglimento. Raccoglimento che non sembra essere stato colto dalla gente e soprattutto dai più giovani. La memoria è il pane di cui si nutre una comunità e dimenticare non è un buon esercizio per costruire un solido futuro, soprattutto quello di noi aquilani. Domenica 8, la messa è stata celebrata alle ore 15,00 da don Juvence Velondranzana. Ormai da nove anni, gli incrollabili punti di riferimento di questa iniziativa sono Manlio Ciccozzi e Federico Scarsella, rispettivamente capogruppo degli alpini di Roio e di Genzano, ai quali si sono aggiunte le penne nere delle sezioni di Lucoli, Coppito e Preturo. La preghiera dell’alpino e i 309 rintocchi della campanella hanno chiuso la cerimonia. E per dirla con Bob Dylan, uno che di parole e sentimenti ci capisce, riporto un estratto di una sua famosa canzone: “ Quante volte un uomo dovrà guardare verso l’alto prima che riesca a vedere il cielo? E quante orecchie deve avere un uomo prima di poter sentire la disperazione della gente? E quante morti ci vorranno perché egli sappia che troppe persone sono morte? La risposta soffia nel vento”.

 



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