Gianluca Nicoletti - Io, figlio di mio figlio

Io, figlio di mio figlio non è il seguito, né lo sviluppo, dei precedenti volumi a tema di Nicoletti, Una notte ho sognato che parlavi(Mondadori, 2013) e Alla fine qualcosa ci inventeremo (Mondadori, 2014), ma l’autismo resta centrale anche in quest’ultima fatica. Della sua vita offre ampi stralci, descrivendone, forse per la prima volta, le fasi più drammatiche dovute a una dichiarata anaffettività, derivata non solo dai cattivi rapporti con la famiglia d’origine, ma anche, si scopre oggi, dalla sua struttura psichica. La stessa “distanza” da tutto e da tutti non gli permetterà di cogliere per tempo, sul posto di lavoro, in RAI, i segnali, le sfumature, le avvisaglie di un mobbing conclusosi con un’accusa infamante per costringerlo alle dimissioni volontarie. Una storia tristemente dimenticata, che ha colpito un innovatore vero e una trasmissione, Golem, che oggi si definirebbe “di culto”.
Il libro, una sorta di summa dei temi che Nicoletti tratta quotidianamente sul suo blogPerNoiAutistici è interessante. I tratti più propriamente narrativi si fanno divorare grazie ad una scrittura di grande ritmo, ricca e accattivante. Che indugia volentieri su particolari che colorano un’opera così vera da rendere perfettamente il senso di angoscia che alberga dentro ogni genitore di figlio con disabilità: un libro in grigio. Che può essere il colore dell’eleganza, della tristezza. O della verità senza appello.

 



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