- Testo e fotografia di Vincenzo Battista -

Dalla contrada “Spinara”, allo stazzo “ Falascosa” di Monte Cristo: il viaggio. I capi di bestiame vengono trasportati in montagna da giugno fino alla fine di ottobre. I vitelli giovani e le mandrie di pecore pascolano in un’area ricca di erbe spontanee e sono anche curative: purificano gli animali. Il latte cambia completamente sapore e si percepisce il profumo e la fragranza dei fiori. I vitelli sono locali e valorizzano il territorio contro le produzione di allevamenti intensivi con antibiotici e ormoni utilizzati spesso in zootecnia. Infine la nicchia ambientale di Monte Cristo: da una carrareccia, a tratti impervia, si raggiunge lo stazzo, e si apre un paesaggio nascosto dall’alto valore paesaggistico.

Il formaggio pecorino.

Lo scenario è la Conca aquilana, e se dovessimo usare lente d’ingrandimento, lentamente, ci posizioniamo in un sito fuori dalle “rotte” commerciali, quasi nascosto: contrada “Spinara”, lo stazzo “ Falascosa” di Monte Cristo. Il brand di questa eccellenza alimentare, il pecorino, ha bisogno in definitiva di un prodotto, il latte, che sia all’origine testato e riconoscibile per l’alto valore nutrizionale e proteico per la caseificazione finale. La ricchezza del prato pascolo, la quota altimetrica e le erbe e i fiori del Gran Sasso, in questo versante nascosto di Monte Cristo, restituiscono al pecorino una ricchezza gustativa, insieme ad una gamma di odori e aromi inimitabili dall’alto valore nutrizionale. La mungitura del latte nello stazzo segue un protocollo arcaico, una forma immutata, culturale, nel tempo e nei gesti del lavoro tradizionale in questo angolo paesaggistico dall’alto valore ambientale. Il latte è ricavato dalla razza francese Beriscian.

Lavorazione del formaggio: Stefano Mazzetta; azienda di Assergi, Dario Del Signore.