Ricordi di Assergi - La "Ci Mosca" (di Eugenia Vitocco)

Eravamo bambine di Assergi (il nostro paese) e del suo abitato conoscevamo soltanto l'entrata di esso, "I Frati", la Porta col suo Orologio e la Piazzetta dietrostante, dove c'era sempre qualche venditore ambulante con una bancarella piena di mercerie da vendere. Il resto del paese e specialmente la parte alta di se` era un mistero di curiosità, per noi e da esplorare. Quando gli anziani conversavano tra di loro più volte menzionavano la parole "Ci, Mosca." Un nome nuovo e strano per noi bambine della Porta. Noi nella nostra innocenza pensavamo che si chiamava così perche "li" si annidavno tutte le mosche (abbondantissime in quei tempo) o che tutti quelli che ci abitavano facevano di cognome "Mosca" a causa delle mosche. Però capimmo che non era così ci dovevano essere altre ragioni per averla chiamata o nomata "Ci Mosca." Un giorno decidemmo di risolvere questo nostro problema, ne chiedemmo una spiegazione alle nostre sorelle maggiori. Rudi nel risponderci, come un comando ci dissero: "è lassù, nella parte più alta di Assergi e voi lì non ci dovete mai andare perchè ci vivono tutti vecchi e vecchiette vestiti di nero e di notte girano per quei vicoletti con candele e lumi accesi; sono streghe e fanno paura."   Certamente nelle loro menti non era così ce lo dissero soltanto per mantenerci nei confini del nostro HABITAT, sotto la loro protezione ignare però che noi bambine vivevamo in un mondo tutto nostro, creato da noi stesse e dalla nostra fantasia, con dei progetti giornalieri ed assillate a doverli risolvere perchè erano un'enigma da esplorare. Una sera e di notte, ignorando i loro avvertimenti e di nascosto affrontammo la grande impresa "VIA PIAZZETTA DEL FORNO" cominciammo a salire. Il percorso fu un'ascesa per la nostra età ed io oggi lo paragono all'ascesa dalla Funivia a Campo Imperatore a piedi. I nostri passi erano corti e più salivamo più si accorciavano andando su, dove finalmente arrivammo con grande affanno a quel punto in quel vicoletto che segna l'entrata alla "Ci Mosca." Sostammo l'una proteggeva l'altra, impaurite e pronte a spiccare il volo inverso a secondo della realtà che vi si nascondeva e ci si rivelava in questo misterioso angolo di Assergi. Prima visione una piccola donna e vecchia vestita di nero con un lume in mano stava scendendo una lunga scalinata di fronte, terrorizzate ci girammo e prendemmo a correre, ma non solo con affanno ma con una velocità da raggiungere in pochi minuti la Porta, dove tra tutti quegli uomini che l’affollavano come tutte le sere in conversazione a ritessere e rimuginare gli avvvenimenti del paese e del giorno, riprendemmo fiato. Si avverarono cosi` gli avvertimenti inventati dalle nostre sorelle ma solo per strana coincidenza. Io riandai alla "Ci Mosca," forse sui nove anni (non piu` impaurita) e scoprii un meraviglioso antico, caratteristico angolo di Assergi, abitato da una gente speciale, un pò isolata dal resto dell'abitato, ma con un cuore e un naturale e immenso rispetto per l'umanità. In quel che per noi bambine c'era mistero ci si era eternata la migliore gente, dedicata a Dio e al rispetto per tutti e per tutto. Ora ben sò che voi Assergesi di oggi, del nostro Vecchio Assergi, vedete soltanto la sua monumentalità osservandola a mala pena quando passate da una curva all'altra curva come fanno i Romani quando passano dinanzi al Colesseo ignorandone tutta la sua storia e la sua grandezza perchè presi dall'ingorgo del traffico; la parte piu` negativa del mondo odierno. Nell'Assergi vecchio come oggi voi FUORI LE MURA c'è vissuta tanta gente ridendo, soffrendo, e cantando pure, rassegnata di quanto esso poteva offrire, tra cui anche i nostri sogni di bambine che risolvevano da sole con coraggio e con le nostra fantasia, avventurandoci nei suoi vicoletti oscuri, ansiose di scoprirlo, conoscerlo e farsi conoscere. Grazie Assergi per questi meravigliosi ricordi d'infanzia e per la Ci Mosca.

Eugenia Vitocco, USA



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