Abruzzo: pastori e allevatori come indiani in una riserva
Posted by Antonio Giampaoli | 2011-08-04 | Commenti: 3 | Letto 988147 volte
«Del resto», sottolinea Marcelli, «questa deriva culturale non trascura nessuno: se il mercato globale può fare la sanguisuga e sfruttare indebitamente nome e provenienza dei prodotti senza che le istituzioni muovano un dito per difendere l’identità dei territori e delle loro produzioni, non scandalizza che la Suprema Corte sancisca che “zappatore” è diventato un insulto». Così sancisce infatti una recente sentenza della Corte di Cassazione.
Riecheggiano più attuali che mai le parole di Ignazio Silone: «io so bene che il nome di cafone, nel linguaggio corrente del mio paese, è ora termine di offesa e dileggio; ma io l’adopero nella certezza che quando nel mio paese il dolore non sarà più vergogna, esso diventerà nome di rispetto, e forse anche di onore».
«Ma né le nostre istituzioni, né la Suprema Corte di Cassazione, sembrano vedere e sentire la dignità di chi ancora svolge un lavoro di millenaria tradizione», conclude Marcelli; «il dolore e la fatica quotidiana del lavoro della terra e dei pastori restano una vergogna, in questo nuovo Medioevo dominato dalle leggi di mercato e dell’apparire». Sarà l’attuale classe politica e dirigente con il proprio esempio a salvare le sorti delle future generazioni?
Tweet
Commenta L'Articolo