Operazione Quercia, quella di Mussolini non fu una liberazione ma un prelievo consensuale

"Propongo una revisione lessicale, in quanto ritengo del tutto errato continuare a parlare di "liberazione di Mussolini" - così lo storico Walter Cavalieri nel suo intervento al convegno: L'Operazione Quercia -

 

perché la mattina del 12 settembre, prima ancora dell'arrivo dei tedeschi,  egli non era più, tecnicamente, un prigioniero. La constatazione che attorno all'Albergo non si sia sparato un solo colpo di fucile, piuttosto che di "liberazione", dovrebbe far parlare di un rapimento, una cattura, una consegna o un prelievo consensuale.
Il primo a dare risposte ai molti interrogativi sull'esito paradossale dell'op.Quercia fu nel 1971 Ruggero Zangrandi (in L'Italia tradita, Mursia, Milano) formulando la tesi della fuga del re in cambio della consegna di Mussolini ai tedeschi.
Si tratta di una tesi negata dalla maggior parte dei memoriali tedeschi (Skorzeny, Dollman) o fascisti (lo stesso Mussolini). Farò mio il consiglio di Renzo De Felice a non fidarsi troppo di questi memoriali… in gran parte ricostruzioni addomesticate "pro domo sua".
Seguirò invece un procedimento indiziario, tipico di alcuni processi penali. Non troveremo infatti da nessuna parte prove documentali di un simile accordo (la fuga del re in cambio della consegna di Mussolini) perché un accordo di questo tipo non si conclude certo per iscritto, né a voce, ma si manifesta tacitamente nel comportamento delle parti che perseguono interessi coincidenti e paralleli. La prova indiziaria può fondarsi quindi solo su un ragionamento che esprime una relazione tra fatti certi, grazie ad indizi "gravi, precisi e concordanti".
Il  PRIMO INDIZIO è che dal 25 luglio ‘43 Mussolini è stato sempre custodito in prossimità degli spostamenti del sovrano: prima a Ponza e alla Maddalena, poi dal 28 agosto a Fonte Cerreto, presso la villetta Mascitelli. A riprova che, fin dall'inizio, Mussolini rappresentava una preziosa merce di scambio da spendere sia verso i tedeschi, sia verso gli Alleati come salvacondotto per il re.
Da parte loro, già dal mese di maggio, le contromosse tedesche erano state studiate nell'ambito del "Piano Alarico". E' noto che dopo i rovesci militari Hitler non si fidava del suo alleato e intuiva un suo sganciamento dalla Germania (incontro di Feltre del 19 luglio).  Il 25 luglio, dopo l'arresto di Mussolini, Hitler ordina di catturare e uccidere il re e Badoglio e di trovare e liberare il duce.
La Fall Eiche (l’Operazione Quercia) parte proprio il 26 luglio '43, quando un Hitler furente incarica il gen.Kurt Student (comandante della II div paracadutisti - Luftwaffe) di trovare il capo del fascismo. Student a sua volta incarica della fase investigativa il ten.col. SS Herbert Kappler (il futuro boia delle Ardeatine). A fine agosto saranno due sottoposti di Kappler, il cap. Erich Priebke e il cap. Otto Skorzeny ad accertare la presenza di Mussolini nella zona del Gran Sasso.
Il 3 settembre viene firmato l'armistizio di Cassibile che comporta l'impegno da parte del re a consegnare Mussolini agli Alleati. Ma Mussolini non verrà consegnato perché resta l'unica garanzia per la salvezza del re e di Badoglio, terrorizzati dall'idea di cadere prigionieri dei tedeschi. Senza contare che un processo a Mussolini da parte degli Alleati avrebbe tirato in ballo anche molte responsabilità di casa Savoia e di Badoglio.
Quello stesso 3 settembre: Mussolini viene trasferito dalla Villetta all'albergo "Amedeo di Savoia" a oltre 2.000 metri di quota (appartamentino reale al n.201), quella che lo stesso Mussolini definì "la prigione più alta del mondo". Il presidio a guardia del prigioniero è di tutto rispetto: un centinaio tra carabinieri e agenti di polizia al comando dell'ispettore generale Giuseppe Gueli e del ten. CC Alberto Faiola, i quali hanno la consegna di sopprimere immediatamente il prigioniero in caso di qualsivoglia tentativo di liberazione.  Vi sono  mitragliatrici sul tetto dell’albergo, cani poliziotto e un posto di blocco fisso dei CC sulla strada Assergi-Fonte Cerreto.
Ma che proprio in quei concitati giorni dell'armistizio sia intervenuta qualche tacita intesa è reso plausibile da un SECONDO INDIZIO, cioè dalle modalità della fuga del re.
Dopo l'8 settembre Hitler è ancora più furibondo. Eppure la mattina del 9 settembre (mentre è in corso da parte di alcune unità dell'Esercito italiano un disperato tentativo di impedire ai tedeschi di occupare Roma), in pieno giorno, un corteo reale di una cinquantina di auto lascia Roma attraverso la Tiburtina, guarda caso l'unica delle 18 vie consolari lungo la quale i tedeschi ci sono ma per centinaia di Km non operano posti di blocco. Lo stesso concitato imbarco ad Ortona avviene sotto gli occhi dei tedeschi. E poi la corvetta "Baionetta" viene sorvolata pacificamente da uno Junker 88.
Come è stato possibile?
E' del tutto plausibile che il feldmaresciallo Albert Kesselring (comandante in capo del “SudFront”, il settore Sud in Italia) abbia volutamente ignorato l'ordine di Hitler di uccidere il re e Badoglio, per averne in cambio Mussolini vivo. Lo avrebbe fatto in accordo con l'amm. Wilhelm Canaris (capo del servizio segreto militare tedesco), il quale avrebbe dettato durissime condizioni al proprio omologo Giacomo Carboni e per suo tramite al generale Vittorio Ambrosio (capo SMG e membro del Consiglio della Corona). Dal rapporto riservato del ten.Faiola (4 giugno 1945): "Kesselring si era accordato con il gen. Giacomo Carboni, capo del Servizio Informazioni Militari (SIM) di lasciar fuggire il re e i suoi in cambio della consegna di Mussolini."
Questo spiegherebbe il motivo  per cui il re fuggiasco non dirama la celebre Memoria op.44 o Memoria Roatta  per la difesa di Roma; lascia le forze armate ancora disponibili (123 divisioni, per un totale di 2 milioni di uomini) senza alcun ordine, preda dei tedeschi; evita di portare con sé Mussolini che avrebbe dovuto invece consegnare agli Alleati come imposto dall'armistizio.
Kesselring non può rischiare che Mussolini venga ucciso dai suoi carcerieri o consegnato agli Alleati. E non per i motivi affettivi che forse ispiravano Hitler verso il suo antico “maestro”. Kesselring ha assolutamente bisogno di un governo collaborazionista che contribuisca a sostenere spese e carichi dell'occupazione. E Farinacci, che era a Monaco di Baviera disponibile a guidarlo, non ha il carisma necessario. Se non vuole sottrarre unità tedesche dagli altri fronti, Kesselring ha bisogno di un esercito neofascista di sostegno guidato da Mussolini in persona, esercito da ricostruire con pezzi dell'esercito italiano lasciato incredibilmente allo sbando e senza ordini dalla monarchia. Sceglie dunque di lasciar fuggire il re, screditandolo e  avendone in cambio Mussolini.
In poche parole, come scrive Marco Patricelli: "La liberazione di Mussolini era un'operazione politica più che militare, finalizzata alla nascita della Repubblica sociale".
Un TERZO INDIZIO che pare confermare questa tesi: quello stesso  9 settembre il capo del SIM Carboni chiama il capo della Polizia Carmine Senise e il ministro degli Interni Umberto Ricci, il quale istruisce telefonicamente il prefetto dell'Aquila Rodolfo Biancorosso. Il giorno dopo Biancorosso informa Gueli di un imminente attacco tedesco e consiglia di essere prudenti. Eppure il poliziotto Gueli non informa il carabiniere Faiola e rifiuta i consistenti rinforzi offerti dall'Aquila. Inoltre nessuna delle misure studiate in precedenza viene attuata: trasferimento di Mussolini a bordo di un mulo al rifugio Duca degli Abruzzi e di lì a Fano Adriano.
Kesselring, pur condividendo col gen. Student il QG di Frascati, non lo informa delle sue manovre politiche, per cui, nelle stesse ore inizia la fase operativa dell'operazione Quercia, affidata al comandante magg. della Luftwaffe Harald Mors, i cui piani sono consultabili presso il MilitarArchiv di Friburgo.   Student avrebbe voluto un lancio di parà intorno a Fonte Cerreto, ma Mors obiettò che i venti forti e il terreno scosceso avrebbero reso difficile l'impresa, e sarebbe mancato del tutto l'effetto-sorpresa col rischio di una uccisione di Mussolini. Quindi propose un progetto alternativo : una operazione "cielo-terra" con 400 uomini perfettamente addestrati, da impegnare in due manovre distinte che si sarebbero dovute ricongiungere sull'obiettivo alle ore 14 del 12 settembre.
Tutto inizia all'alba del 12 settembre: da Frascati parte la manovra terrestre per isolare la funivia (una colonna motorizzata di oltre 100 mezzi), da Pratica di Mare parte la manovra aerea condotta con 12 alianti (3 dei quali si staccano però dai traini nella fase di decollo).
Che Mors ignorasse ogni tipo di intesa è dimostrato dal fatto che i tedeschi fanno sul serio, non sanno di essere protagonisti di una messa in scena: evitano di passare per Tivoli e per L'Aquila (transitando per Sora, Avezzano, Popoli, Valle Subequana); atterrano con 9 alianti con i pattini avvolti nel filo spinato,  di cui uno danneggiato con feriti. Li comanda il ten. von Berlepsch e a bordo portano con sé come ostaggio il gen. italiano Fernando Soleti e il capitano delle SS Otto Skorzeny (imbarcato unicamente come osservatore, come "ospite" dirà Mors). Inoltre la colonna terrestre forza il blocco di Assergi uccidendo il carabiniere Giovanni Natale e il forestale Pasquale Vitocco, che saranno le uniche due vittime dell’operazione.
Del resto, in caso di reazione italiana l'esito della battaglia sarebbe stato tutt'altro che scontato (circa 80 parà contro un centinaio di carabinieri e poliziotti). Un altro custode del duce, il maresciallo dei carabinieri Osvaldo Antichi scriverà con rammarico: "Se 48 ore prima della liberazione di Mussolini non ci fosse stato annunciato, dai responsabili governativi, che gli ordini che avevamo ricevuto in precedenza dovevansi ritenere annullati, sono più che sicuro che, armati come eravamo, in campo chiuso, bloccata la teleferica, avevamo infallibilmente, senza dubbio, al cento per cento, ragione sui teutonici."
Senonchè, un'ora prima del blitz tedesco, Gueli riceve il famoso radiogramma di Senise, che ribadisce: "Raccomandare all'ispettore reale Gueli di agire con la massima prudenza." Alla vigilia di un prevedibile scontro armato, era un chiaro invito ad evitare spargimenti di sangue e a desistere dal combattimento, cioè un esplicito invito alla resa. Significava che gli ordini precedenti erano da considerarsi aboliti.
E infatti i tedeschi, che non sanno nulla del contrordine, scoprono con stupore l'inaspettata accoglienza dei "nemici"…. Lo stesso Mors racconta della sua sorpresa: "La guardia italiana consegna le armi con lentezza e indifferenza. Parecchi degli uomini che la compongono gettano allegramente i loro fucili nell'abisso. Hanno l'aria contenta e scherzano coi soldati tedeschi." In meno di 20 minuti e senza sparare un colpo il tutto si conclude con un momento conviviale tra soldati italiani e tedeschi nella sala dello stesso albergo, tutti pacificamente a brindare con le armi in spalla.
Ecco perchè quando Harald Mors  tornò sul Gran Sasso nel 1993, per il cinquantesimo anniversario dell’impresa, esordì dicendo: “E' stata un'azione militare, ma non una missione di guerra.” E ancora: "Gli intrighi dietro le quinte erano sconosciuti a noi soldati esecutivi. Ma oggi è sicuro che il governo ha manipolato le truppe per scopi politici falsando la realtà"
Come ULTIMO INDIZIO segnalo la scomparsa del faldone "Settembre 1943" dagli archivi della Prefettura dell’Aquila. Un mistero che sembrerebbe cancellare dalla storia dell'Arma una pagina disonorevole cui la Benemerita fu costretta suo malgrado dalle improvvide scelte del re.
Questa ricostruzione lascia aperti due legittimi interrogativi: Se c'era l'accordo, perché i tedeschi portarono fino in fondo quella complessa operazione?
Per precedere eventuali analoghe iniziative inglesi di cui i tedeschi avevano notizia; per dare una dimostrazione di forza ad eventuali reparti non disponibili alla resa (come già detto, fu evitato il passaggio per L'Aquila e istituito un posto di blocco a Bazzano); perché avevano motivo di non fidarsi della parola degli Italiani; soprattutto per condurre una spettacolare montatura propagandistica (come testimonia il ricco materiale fotografico e cinematografico).
Inoltre,  se tutto era finito, perché Mussolini non fu calato con la funivia e riportato a Roma in un'autoblinda?
Perché, stante una situazione generale ancora incerta, lo stesso gen. Student considerava troppo rischioso il trasferimento via terra di Mussolini, il quale quindi sarebbe stato trasferito con un aereo leggero Fieseler Storch (detto anche “Cicogna”).
Ma è in questa fase conclusiva, quella della partenza del duce, che si consuma da parte del capitano Otto Skorzeny  l'odiosa appropriazione indebita, l’attribuzione del presunto trionfo alle SS ai danni dei paracadutisti tedeschi della Luftwaffe. Pur non avendo alcun ruolo di comando, Skorzeny ha sovvertito l'ordine di atterraggio degli alianti per essere il primo a incontrare Mussolini, si lascia fotografare pochissimo col comandante Mors, minaccia il capitano-pilota Gerlach per poter salire insieme a Mussolini sulla Cicogna che poteva portare solo un passeggero (e lui era un omaccione pesante più di cento kg.).
Accreditatosi come “il liberatore del duce”, Skorzeny rifiuterà poi a Mussolini (sconfitto, sofferente di ulcera gastrica, rassegnato a uscire di scena come un pugile suonato) la possibilità di tornarsene a casa alla Rocca delle Caminate. Ancora di lì a poco Mussolini scriverà “Io mi considero un uomo per tre quarti defunto, non rimpiango niente, non desidero niente se non andare alla Rocca e ivi aspettare tranquillamente la fine, che mi auguro sollecita, dei miei giorni”.
Paradossalmente Mussolini è stato dunque liberato dai suoi stessi carcerieri e imprigionato nuovamente dai suoi “liberatori”...
Mors scriverà: "Con questa liberazione non è la libertà che gli viene resa, e neppure la possibilità di decidere." E infatti il 14 settembre Mussolini è già alla Wolfsschanze di Rastenburg al cospetto di Hitler e il 15 settembre Mussolini annuncia da radio-Monaco la nascita della Repubblica Sociale Italiana.
Titoli di coda: il capitano Skorzeny viene decorato con la Ritterkreuz e promosso Maggiore, il gen. Student protesta con Goering per la versione dei fatti forniti dalla propaganda nazista e per questo viene rispedito in Francia, Harald Mors finisce in Russia...
MAI COME IN QUESTO CASO UN'OPERAZIONE MILITARE SI E’ INTRECCIATA CON FINALITA' POLITICHE E PROPAGANDISTICHE.

CONCLUSIONE
L'Operazione Quercia è senz'altro un evento che cambia la storia d'Italia, ma decisamente in peggio. Sul Gran Sasso nascono di fatto la RSI e la feroce guerra civile con i suoi 15.000 civili morti e con i neofascisti coinvolti in tutti gli episodi : come il rastrellamento del Ghetto di Roma, San Saba, Marzabotto e, per quanto ci riguarda, l’eccidio dei Nove Martiri e le sanguinose rappresaglie di Onna e Filetto.
Emerge dunque la chiara responsabilità della monarchia di aver trasformato quella che poteva essere una guerra di liberazione nazionale tra italiani e tedeschi, da celebrare con una memoria condivisa, in una guerra fra italiani, italiani e tedeschi, fonte inesauribile di una memoria tuttora divisa.

Walter Cavalieri



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