A UN PASSO DA DIO di Fernando Acitelli

Morire sì,
non essere aggrediti dalla morte.
Morire persuasi
che un siffatto viaggio sia il migliore.
E in quell'ultimo istante essere allegri
come quando si contano i minuti
dell'orologio della stazione
e ognuno vale un secolo. (…)

                                                Vincenzo Cardarelli, Alla morte


A UN PASSO DA DIO

- di Fernando Acitelli -

Mia madre. Mia madre Domenica Giusti, frammento puro e buono dell’Universo. Ci furono momenti nella mia vita in cui pensai che sarebbe stato impossibile staccarmi da lei. Potevo passeggiare lungo via del Corso o essere in altura, magari nel verde ondulato di Campo Imperatore, o accanto al fiume, disteso sopra il fieno appena falciato, ecco, potevo essere ovunque ma poco cambiava. E ancora: potevo essere a scuola oppure lucente e ben pettinato ad una festa, o correre appresso ad un pallone, ebbene, in tutti i miei scenari il mio pensiero comprendeva sempre lei. Ma in quei momenti il pensiero prendeva la forma d’un affresco e mia madre risplendeva al sicuro. Quell’affresco era soltanto mio. Il pensiero dunque si dilatava prendendo forme e narrazioni proprie della storia dell’arte e così tutto pareva protetto con i personaggi a chiedersi del perché erano finiti in fondali quotidiani e, a volte, metafisici. Chi li aveva condotti lì? Avevano forse visto il pittore all’opera? E a me accadeva di vedere mia madre sempre in un dipinto, cioè più al sicuro rispetto al fracasso dei giorni che s’ammucchiavano e divenivano indistinti. Era un pensare troppo poetico, cioè esile e dunque aveva una sua coerenza soltanto nelle regioni del sogno. Nel sogno si stava bene, si viveva leggeri, sospesi, c’era tutto quello che mancava al mondo e cioè la serenità e poco spazio per le tremende dispute tra gli umani. Ora il catalogo dei suoi insegnamenti, delle sue frasi m’è tutto dentro e non c’è luogo dove non veda il suo sguardo: tenero cuoricino mio ormai disperso chissà dove.
Mia madre m’appare in un ovale proprio come quelli che, legati ad una catenina, finiscono adagiati sul petto ed è in quel punto che la persona ancora in vita tiene il ricordo sempre su di sé. Quando m’imbattevo in simili visioni provavo tenerezza per quella persona che esibiva quell’ovale con l’immagine di chi non c’era più. All’istante in me si componeva una tenerezza buona, protettiva, un bacio tutto mentale e diretto ai due, a colei che era in vita e a colui il cui volto appariva smaltato nell’ovale della catenina.
La traiettoria di mia madre fu sempre Assergi→Roma→Assergi. La sua felicità nel sapere che era compresa tra questi due punti, tra questi due luoghi dell’anima. I suoi primi affetti là: i genitori Lorenzo Giusti e Maria Giacobbe, i nonni materni Francesco e Rita, e poi il fratello Antonio e la prima sorella Brigida, nata nel 1920 e morta a 14 anni, nel 1934. Quindi ancora una Brigida, nata nel 1935, altro fiore profumato, uccellino rapito alla vita nel dicembre del 2004. E che dire di zio Antonio e della sua laboriosa esistenza? E il tutto composto nell’abitazione alla Piazzetta del Forno, che divenne la “Casa dei Giusti” anche perché nello stesso corpo di fabbricato viveva il fratello di mio nonno, cioè Cristoforo Giusti con la moglie Maria Alfonsina Masciocchi. E di fronte, quasi a delineare tutta una pulsione, una Confraternita d’Affetti, la casa di Giuseppe Lalli, fratello di mia nonna Teresa e di Laurino, con la moglie Peppina, sorella di mia nonna Maria. I loro figli: Francesco, Battista, Antonietta e Amelia.
Madre mia, mi ricordo di tutti e non voglio trattare soltanto il tuo sguardo, il tuo sorriso e la tua anima. Ricordare tutti m’appare doveroso, come se costruissi, a tua difesa, una cinta muraria e tu fossi così più protetta, più “al sicuro” tra i tuoi cari. Io da lontano provvederò a mantenere in vita il tuo sorriso, il tuo respiro. Stai serena nelle regioni d’un celeste inarrivabile, quanto prima inizierò il canto della tua vita e, a quel punto, mi sentirò pacificato. Alimenta, tu che puoi, la mia serenità e la mia quiete. Sarà narrato tutto del tuo passaggio quaggiù, del tuo essere stata moglie di Francesco Italo Acitelli, madre mia e di Antonella e nonna di Ludovica. Ora accontentati di questo lieve ricordo, sarà mia cura poi narrarti come il tuo cuore merita. Quella che segue è la poesia di Pier Paolo Pasolini a sua madre: è importante che io la ponga in primo piano, è intensa come tutta l’opera di Pier Paolo ma forse serve più a me che a TE. È un puntello ai miei giorni, un transennamento che salva. Ti stringo come sai, cuoricino mio.

Supplica alla madre

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

 

Mario Valeri Fernando Acitelli. Sentite condoglianze da un figlio di assergesi. Due volte ho letto il tuo accorato "ricordo" e due volte mi sono commosso.Tua Madre e alcuni dei parenti menzionati, fanno parte delle mie frequentazioni giovanili. IL loro ricordo mi riporta al tempo felice vissuto ad Assergi; la Piazzetta del forno ne fa ampiamente parte. La differenza ( molta) di età mi ha impedito di conoscerti. Spinozzi, di cui mi onoro della sua amicizia, mi ha regalato il libro da te scritto, inoltre Ti ho visto ospite in T.V., così ho avuto occasione di conoscerti. Fino ad allora non sapevo che esistessi. E' stato un piacere.
CIAO.
Mario Valeri

 



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