724° anniversario della morte di San Pietro Celestino

- di Raffaele Alloggia -

 

Quando il 1° febbraio scorso, Sua Em.za il Cardinale Giuseppe Petrocchi nella chiesetta di San Pietro Celestino, riposizionò la reliquia del Santo a seguito della benedizione dell’altare a lui dedicato, qualche giorno prima era stato dichiarato lo stato di pandemia dall’OMS. In quei giorni il coronavirus imperversava in Cina e pur avendo provocato migliaia di morti, a noi occidentali sembrava come se la cosa non ci toccasse, era così lontana!

Però tra la gente comune, cominciò a serpeggiare la preoccupazione, che evidentemente Sua Em.za il Cardinale l’aveva intercettata tanto ché nella scelta della lettura per l’omelia della Santa Messa, parlò della grande tempesta in cui il vento e le onde rovesciarono le barche, dal Vangelo secondo Marco.

Prendendo spunto da qui, sintetizzò quella che è la differenza tra la paura e il timore. La paura disse, è un sentimento egocentrico, istintivo e irrazionale, il timore invece, è la consapevolezza che con l’aiuto del Signore, ce la possiamo fare a superare le tempeste della vita! Oggi, proseguì, siamo alla chiesetta di San Pietro Celestino, anche lui di tempeste ne ebbe, ma le affrontò tutte con l’aiuto di Dio!

Il 19 maggio 1296, Pietro Angelerio, già papa Celestino V moriva, oggi ricorre il suo 724° anniversario ed è anche compatrono dell’Aquila, ( i Santi vengono venerati nel giorno della loro morte) il suo corpo mortale venne tumulato nella chiesa di S. Antonio abate, a Ferentino.

Nel 1306 iniziò il processo di canonizzazione e il 5 maggio 1313 fu proclamato Santo, come San Pietro al Morrone, fu allora che la chiesetta di San Pietro Apostolo (sec XII) in Paganica fu ri-dedicata a San Pietro al Morrone, a seguito del diploma del Re Carlo d’Angiò II del 13 agosto 1294, nel quale fu accolta la richiesta di Papa Celestino, che condona ogni pena ai 64 paganichesi, facendoli rientrare in L’Aquila dopo un anno di esilio. 

Nel 1327, il resto del corpo del Santo fu trafugato dai monaci Celestini per portarlo all’Aquila, nell’abbazia di Collemaggio, dove tuttora è conservato. Nel 1668, fatto davvero eccezionale, per la Chiesa Romana in quanto sotto il papato di Clemente IX fu rivisitata la sua storia ed estesa la santità anche al Papa Celestino V, che da allora sarà venerato come San Pietro Celestino: Pietro come eremita e confessore e Celestino come Papa. 

Nello stesso periodo, nella chiesetta di Paganica, fu eretto un altare e un dipinto (seicentesco) in cui è visibile: in alto a sinistra una colomba a rappresentare lo Spirito Santo, gli Angeli al centro e sulla destra la Vergine Maria. (la stessa che dipinta, in una piccola chiesa, la dove oggi sorge la Basilica di Collemaggio, in cui il monaco dormì una notte dal ritorno da Lione e che nel sogno chiese a Pietro la costruzione di una grande chiesa nello stesso luogo.

La chiesa fu inaugurata il 25 agosto del 1288 e per sua volontà, nella sua chiesa, il 29 agosto 1294 fu consacrato Papa). Poi il Santo raccolto in preghiera, mentre le chiavi e la tiara pontificie, sono poggiate sull’altare in segno di abdicazione. Nell’angolo basso sulla destra, un logo ovale con un’aquila al centro che molto probabilmente appartiene al committente dell’altare. Sulla mensa dell’altare la pietra sacrale con l’alloggio delle sue reliquie.

Un lungo percorso storico religioso che lega la grande chiesa di Collemaggio e la storia della città dell’Aquila, alla piccola chiesetta di San Pietro Celestino, in Paganica dove dal 1° di febbraio scorso sono state riposizionate dal Cardinale Petrocchi, le reliquie del Santo.

In questa ricorrenza la Parrocchia di Santa Maria Assunta di Paganica, in collaborazione con l’Associazione Culturale “La Fenice”, avevano pianificato da tempo, un evento religioso-culturale ma il coronavirus, ha dettato prudenza visto tra l’altro i ristretti spazi a disposizione!  



 



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