Roio, il torneo dei 4 paesi e il sogno di un campo di calcio

- di Fulgenzio Ciccozzi -

 

C’era una volta il torneo dei quattro paesi che si svolgeva ai prati di Roio.  Durante la stagione estiva, coloro che erano dovuti emigrare per motivi di lavoro potevano finalmente tornare con le famiglie per trascorrere qualche settimana di ferie nei loro paesi di origine. Agli inizi di giugno, la falciatura dell’erba lasciava liberi enormi spazi che in parte erano adibiti a pascolo e in parte a veri e propri campi da gioco. Sul finire dello stesso mese, liberi dagli impegni scolastici, per i ragazzi e le ragazze, Roio si trasformava nel paese dei balocchi e, ovviamente, la parte del leone la facevano loro i quali si riversavano per le vie degli abitati, nelle aie e soprattutto nei prati che diventavano delle distese erbate dove ognuno poteva esprimere la propria disciplina sportiva nella più totale libertà e senza il supporto di impianti. Bastavano quattro pietre per identificare le porte e poter giocare lunghissime partite di calcio che terminavano solo quando si faceva buio. Stanchezza nulla, divertimento tanto. Certo, qualche volta accadeva che mancasse il pallone di cuoio e allora era un problema. Di solito lo teneva in custodia Peppe (Giancola Giuseppe) e quando non era in casa si rischiava di non poter giocare.  A Luglio, però, la cosa si faceva seria ed Emilio Equizi, da tutti conosciuto come Pulici (è un tifoso della lazio), si dava da fare per organizzare il torneo calcistico. Il luogo preposto per gli incontri degli organizzatori era il bar Ciccozzi, a Roio Poggio. Una volta stilato il calendario delle gare, si procedeva ad allestire il campo alle “Prata”, vicino a Roio Piano, con il tacito consenso dei proprietari del terreno: si tiravano su delle vere e proprie porte, si segnava il campo e finalmente si poteva dare inizio al torneo. Le tifoserie si sistemavano ai bordi del campo e ognuna prendeva la sua abituale posizione: i poiari si mettevano nella parte che dava verso il loro paese, mentre i santarufinari, i collazzoli e i roiani nella parte opposta.  Ogni frazione aveva la sua maglia che solitamente si rifaceva a quella che utilizzavano le squadre più blasonate del campionato. Ciascun “club” aveva il suo “straniero” di talento che si vantava di giocare nelle giovanili delle squadre di serie A. Ferragosto era il giorno della finale. Tifo da stadio e sfottò accompagnavano la partita. Poi la palla passava ai sostenitori della squadra vincitrice, i quali, dotandosi dei più svariati mezzi di trasporto, a suon di clacson e urla, manifestavano la loro gioia per le vie dei paesi. Già alcuni anni prima del terremoto questa usanza iniziò un inarrestabile declino. In verità ci fu un tentativo di ricominciare grazie all’impegno profuso da Celestino Totani, ma i tempi erano ormai cambiati. Oggi quel piccolo mondo sembra essere scomparso, inghiottito dai videogiochi e da altri interessi che hanno preso il sopravvento soprattutto tra gli adolescenti, e la mancanza di un centro sportivo attrezzato ha dato senz’altro il colpo di grazia. Un vero peccato.  Nei vari decenni addietro, quei campi da gioco hanno visto crescere anche ottimi giocatori: Armando Equizi e Paolo Scassa, per esempio, oppure Ivo Ciccozzi che militò nella Viterbese in serie C e Giampaolo Ciccozzi che si è speso molto e con ottimi risultati nell’ambito sportivo dell’Aquila. Sembra lontano il 15 agosto 1970 quando Ascenzo Fatigati alzava la coppa di capocannoniere chiudendo una stagione che negli anni a venire vedrà il campionato interfrazionale godere sempre di maggiore popolarità. Oggi Roio ha la sua squadra di categoria, la Terza, ma soffre di un annoso malanno: non ha un campo di calcio. Così si gioca in “casa” a Pianola, a Fossa, a Tornimparte. È inutile girarci intorno, non è la stessa cosa che giocare a casa propria. Negli anni passati sono stati fatti dei timidi tentativi affinché si realizzasse un campo sportivo in loco ma quel progetto evidentemente è stato chiuso in un cassetto o peggio ancora se ne sono perse le tracce. È dunque inutile alimentare polemiche ma è necessario agire per fare in modo che questo sogno si trasformi in realtà! A tal proposito vi invito a leggere un interessante articolo di Giacomo Gigante che uscì sulla rivista L’Eco di Roio nel lontano 1986: Lo sport fa bene...ma dove farlo? Un anacronistico campanilismo, che ormai stona per davvero, e un sostanziale menefreghismo da parte dell’amministrazione comunale e delle autorità sportive hanno avuto la meglio. Lo sport non potrebbe trovare casa migliore di quella “offerta” dalla nostra vastissima piana. Un centro sportivo nel roiano potrebbe essere al servizio sia dei locali sia degli stessi aquilani i quali non avrebbero che da percorrere un pugno di chilometri per raggiungere i campi da gioco. L’altopiano si presta, di spazio ce n’è, e tanto… forse di volontà un po’meno. E per dirla con Raf  in una sua canzone: cosa resterà di quegli Ottanta (…)? Per adesso solo un ricordo, in futuro chissà, dipende anche da noi!


 



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