UN ALTARE PROFANATO - ABAZZIA DI SAN CRISANTE E DARIA

“Intervista viva voce ad Angelo Flavini classe 1928 fatta il 9/04/2006”

 

  - di Giovanni Altobelli -

 

Il racconto. Avevo appena nove anni, era la primavera del 1937, frequentavo la quarta classe elementare a Filetto, la scuola era stata appena trasferita da poco dall’edificio di Piazza dell’Aia “Palazzo Cupillari” in Via Romana, nell’antico “Palazzo Facchinei” dai nuovi proprietari. Mi ricordo di aver avuto come insegnante un maestro di Bazzano: un certo Guetti di cui non ricordo il nome. Un giorno, nella bella stagione di primavera, la scolaresca fu accompagnata dal parroco di allora “Don Antonio Mei” e dal maestro Guetti a fare una scampagnata all’Abbazia di San Crisante e Daria.  La scolaresca era formata dalle classi terza e quarta elementare. Arrivati in cima al monte, a quota metri 1202 s.l.m. dove si trova l’Abbazia, il parroco e il maestro ordinarono ai più grandicelli di picconare l’altare a cominciare dalla parte posteriore lato destro, mentre gli altri ragazzi portavano fuori la chiesa il pietrame e il calcinaccio. L’opera di demolizione non terminò quel giorno, ma a distanza di poco tempo, la gita fu ripetuta con gli stessi alunni che proseguirono al totale l’abbattimento dell’altare. Nel momento in cui si stava alla fine del lavoro, la scolaresca fu distratta e lasciata fuori della chiesa a consumare la colazione e giocare. Sia il parroco che il maestro rimasero all’interno vicino l’altare ad ultimare il lavoro.  Ci avevano riferito a noi ragazzi che quell’altare bisognava abbatterlo per costruirne uno nuovo.  Dopo qualche giorno mio padre mi aveva mandato con le pecore nelle vicinanze della chiesa, notai in mezzo alle sterpaglie dove fu deposto il calcinaccio, un’urna rettangolare di pietra di piccole dimensioni abbandonata. Col tempo sono cresciuto e mi ricordo che quell’altare è rimasto sfasciato fino a dopo la guerra, anzi nella chiesa non c’erano più le porte e i pastori ci ricoveravano anche le pecore.  Non ho mai potuto capire e decifrare se in quella piccola urna di pietra ci fosse stato custodito un tesoro o un antico documento dell’Abbazia. Dopo il 1945, finita la guerra in paese formularono che in quell’altare ci fosse stato veramente un tesoro, ma queste sono state delle congetture; resta che i parroci dopo succeduti hanno sempre smentito l’idea dell’esistenza del tesoro dell’Abbazia. Col passar del tempo, nella chiesa furono rimesse le due porte e nel 1984/85 furono eseguiti dei lavori di consolidamento e rifacimento del tetto, come già accennato in altri scritti dalla ditta “Alfredo Fiordigigli di Paganica” finanziati dalla Soprintendenza ai Monumenti dell’Aquila. Di questo racconto ne parla anche Don Demetrio Gianfrancesco nel suo libro Filetto. Egli recita: “Nell’aprile del 1957 indissi una sottoscrizione popolare a Filetto per la ricostruzione dell’altare della chiesetta montana.  La gente raccontava che l’altare in pietra fu aperto lateralmente, (e così infatti l’avevo trovato), al tempo del parroco Don Antonio Mei (forse nel difficile 1937?), il quale, insieme con un maestro forestiero e relativi scolari di Filetto, fece una passeggiata a S. Crisante. Lasciati i ragazzi a giocare, i due entrarono in chiesa e tolsero qualche pietra dal lato destro dell’altare nel tentativo di rintracciare il “tesoro” che una tradizione- leggenda popolare asseriva trovarsi dentro l’altare stesso. E molti erano convinti che il tesoro fosse stato trovato”. Don Demetrio continua il suo racconto, ma certamente i vandali, stando tutto aperta avevano fatto la loro comparsa. Conclusioni.  Qui finisce il racconto dell’immaginario collettivo di un paese povero di altri tempi…???

                 Collezione fotografica storica Giovanni Altobelli



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