TRIONFO AZZURRO (LASSÙ QUALCUNO VI AMA)

TRIONFO AZZURRO

 (LASSÙ QUALCUNO VI AMA)

 - di Fernando Acitelli -

Una vittoria in campo esterno nella location di Wembley quasi totalmente in mano ai tifosi inglesi, rende ancora più intenso il trionfo azzurro. Tattiche e schemi sono archiviati e quello che rimane è un grande affresco di immagini: il tendine saltato a Spinazzola, il cui infortunio era parso ai belgi una perdita di tempo; le lacrime di Mancini e Vialli, il viso da bambino di Barella con percussioni dappertutto; il “siriano” Insigne con le sue giravolte; Immobile cercatore di cunicoli dove inserirsi; le geometrie euclidee di Jorginho e Verratti, quest’ultimo figlio della terra d’Abruzzo; la sapienza calcistica di Bonucci, la vera evoluzione del centromediano metodista; Di Lorenzo diligente e generoso col suo volto anni’60, a metà strada tra i romanzi (e film) La ragazza di Bube e Mamma Roma; Donnarumma, nato adulto, e che sulla sua sinistra ha neutralizzato i rigori decisivi; lo spadaccino Florenzi che sembra fuoriuscito dal film Er più; Emerson Palmieri, che con la maglia della Roma imparò anche a marcare oltre che proporsi in dialogo e in affondo lungo la linea laterale. Lo sguardo da ingegnere elettronico di Pessina; Bernardeschi, profilo rinascimentale e tocco alla Ghirlandaio; quindi Acerbi che a fatica chiamo centrale difensivo e definisco ancora stopper, ed è un complimento; Toloi, piedi buoni d’impostazione brasiliana, diligente nel coprire e nell’impostare; Federico Chiesa, ovvero il superstite d’un’epoca lontana, l’uomo dell’uno-contro-uno, in vero ciò che rimane del dribbling; Locatelli, incursore con stile; Berardi, ovvero l’arte del rientrare sul sinistro e poi l’acrobazia su tutto il fronte d’attacco. Belotti, toro non scatenato e poco utilizzato (forse per scaramanzia, visto che con la stessa squadra si andava avanti).

 

Questo, con rapidi tocchi, l’affresco azzurro ma se dovessi dire che cosa mi rimane di più di questa meravigliosa avventura, oltre naturalmente l’affermazione finale, è il sorriso di Chiellini. Ecco, credo che la “spensieratezza” del difensore azzurro sia il sigillo di questo campionato europeo. In tutte le partite che è stato schierato il suo sorriso prima della gara è quello che mi porterò sempre dentro. E questo s’è ripetuto anche prima dei supplementari con la Spagna e poi con la scelta della porta per i calci di rigore. Sorridere in simili frangenti significa soprattutto che s’è combattuto tanto, che le Campagne Militari più non si contano e non si ha più paura di niente. Credo anche che si possono definire campioni quei calciatori che non dispongono soltanto di doti tecniche ma si distinguono anche per le doti morali. In più va sottolineata quell’assenza d’emotività nei momenti cruciali d’una partita. Si può ricordare come esempio quell’altra “spensieratezza” al confine con l’irresponsabilità  firmata da Francesco Totti all’Europeo del 2000 quando con la freddezza del campione osò il cucchiaio al portiere olandese Van der Saar, nella semifinale terminata ai rigori, nella quale si distinse anche il nostro portiere Toldo. È in quegli istanti che sorge la “follia” o, come nel caso di Chiellini, la “spensieratezza”. E non vuol dire nulla che egli di quella sfida contro l’Inghilterra era il calciatore più vecchio. La natura sa risarcire in altri modi. Credo che anche da ventenne, magari non con i gradi di capitano, si sarebbe comportato allo stesso modo con quel suo sorriso spontaneo.

 

Per me bambino fu una gioia già nel 1968 nella doppia finale contro la Jugoslavia, disputata a Roma. Il pareggio di Domenghini nella prima partita, dopo il vantaggio dell’ala sinistra Dzajic, non mandò ai calci di rigore e vi fu la ripetizione della sfida e l’Italia vinse per 2 a 0 con reti di Anastasi e Riva. (All’epoca esisteva addirittura il tempo per ripetere una finale. Oggi questo sarebbe inammissibile e per un certo periodo si sperimentò anche il golden gol). Dunque, abbiamo atteso 53 anni per vincere nuovamente un campionato europeo e nel frattempo il mondo è mutato, s’è fatto quasi irriconoscibile per chi attraversò anche gli anni ’60. Tutto oggi è velocissimo e ogni cosa ha il suo fondamento soltanto se lo ha detto la televisione oppure se ha avuto un riscontro per via digitale. Ogni cosa si polverizza e così notizie e fatti vengono spesso spettacolarizzati per “creare audience”. Ma tutto viene subito dimenticato e andrà forse su Blob o su Techetechete’. E comunque il tempo si distrugge ma sta sempre là, così è stato dall’inizio dei tempi e così sarà per altri milioni di anni, e avverto brividi a pensare all’escatologia.

 

Una finale del Campionato del Mondo o anche Europeo offre la possibilità di una rilettura storica tra le due nazioni che si sfidano; e si può retrocedere anche a duemila anni fa: è proprio quello che è successo. Nei giorni che precedevano la partita Italia - Inghilterra, cori assordanti provenienti dal Regno Unito, non potendo attaccare l’Italia calcistica perché i nostri titoli pesano molto, hanno pensato bene di colpirci rispolverando addirittura l’Impero romano. Come si sa, la Britannia fu conquistata dall’imperatore Claudio nel 43 dopo Cristo. Quello che portarono in quelle terre i romani fu molto, ad iniziare dal sistema fognario, dalle terme (quelle di Bath sono ancora efficienti), dalle strade, dal sistema di tassazione, dal diritto, da un “sistema sanitario” ante litteram, dalle fortificazioni, si veda ad esempio il Vallo di Adriano, realizzato quasi un secolo dopo l’imperatore Claudio. Ebbene, dopo tanto gridare contro i romani e dunque, di riflesso, contro gli azzurri, sono dovuti intervenire gli storici di Cambridge, tra i più famosi del mondo, per ristabilire la verità e affermare che quel che avevano realizzato i romani in Britannia meritava rispetto perché si trattò d’opere di valore delle quali gli studiosi, a differenza dei pennivendoli, si ricordavano bene.

 

È opportuno ricordare alcune cose a proposito dell’Inghilterra: innanzitutto il loro unico Campionato del Mondo vinto nel 1966 contro la Germania Ovest, sempre a Wembley, fu viziato da una rete di Geoff Hurst che la tecnologia ha poi svelato non essere gol. Di fatto il pallone non aveva oltrepassato la linea bianca ma in quell’occasione il guardialinee sovietico Bachramov comunicò all’arbitro, lo svizzero Dienst, che invece il gol era valido. Il gol fantasma fu quello del 3 a 2 e dopo quell’errore gli inglesi segnarono anche il quarto gol, questa volta regolare. Ma se avessero annullato il gol del 3 a 2, la partita avrebbe preso tutta un’altra piega, e poi s’era ai tempi supplementari.

 

Inoltre c’è da dire che considerandosi i padri fondatori del calcio, gli inglesi per tutti gli anni ’20 si rifiutarono di incontrare altre nazioni. Era un atteggiamento snob e aristocratico insieme ma poi, iniziati i Campionati del Mondo - il primo fu vinto dall’Uruguay contro l’Argentina nel 1930, allo Stadio del Centenario di Montevideo - rividero le loro posizioni e scesero a patti con gli avversari di tutto il mondo.

 

È opportuno a questo punto ricordare come la vittoria azzurra contro l’Inghilterra abbia unito ancora di più l’Italia e questo significa che il calcio è un “luogo” dove c’è possibilità d’incontro anche tra persone che in tempi ordinari non consumerebbero insieme neanche un caffè. Questo clima dovrebbe però rimanere per sempre e non soltanto quando si verificano simili vittorie.

Quello che ha detto l’ex Segretario di Stato Henry Kissinger sull’Italia risplende tra tanti altri commenti. Egli ha parlato dell’Italia come prudente e machiavellica. Ecco, credo che con queste due parole egli abbia spiegato meglio d’una tattica lo spirito che ha contraddistinto ancora una volta gli azzurri. Anche il quotidiano inglese The Guardian ha speso per l’Italia parole d’elogio. In sintesi: in Europa l’Italia è stata la nazione più colpita dalla pandemia ma in un anno ha avuto la forza di reagire e di allestire una grande squadra.

 

Credo che tutti oggi abbiano ripensato alla zampata di Leonardo Bonucci che ci ha donato il pareggio consentendoci così di andare prima ai tempi supplementari e poi ai rigori. Ma si sarà anche notato come davanti a lui in quell’azione c’era Giorgio Chiellini, sul quale, pure, era stato commesso un fallo da rigore. I due centrali, dunque, insieme difendevano e insieme aggredivano. Che felicità quel tocco alle spalle di Pickford!

P.S.
 
Dalla sfida con l’Inghilterra si possono commentare alcuni fatti che vanno oltre il dato tecnico-agonistico: il primo è che il gesto simbolico dell’inginocchiarsi contro il razzismo prima dell’inizio della partita  resta un fatto formale, coreografico, in fondo inutile se non c’è autenticità e partecipazione di cuore verso quell’idea. Non si deve essere contro il razzismo soltanto in quel minuto prima del calcio d’inizio. E purtroppo a fine gara vi sono stati cori razzisti da parte dei tifosi inglesi nei confronti di tre loro calciatori di colore che hanno sbagliato il calcio di rigore, rispettivamente Rashford, Sancho e Saka. Il secondo fatto da commentare è che ormai il cosiddetto fair play inglese è roba da antiquariato visto che il principe, figlio di Carlo e Diana, e la consorte, non hanno espresso le loro congratulazioni ai vincitori come deve essere se non altro per una questione di etichetta. Ma al di là del bon ton, è sempre l’educazione che manca, malgrado la tradizione e così Buckinghan Palace, Balmoral, l’Arcivescovo di Canterbury e la Camera dei Lord. E tutto questo la dice lunga sul pensiero dei futuri regnanti. Quanto poi alla petizione per ripetere la gara con l’Italia, credo si tratti d’una sbornia d’altri tempi, una di quelle dei famosi hooligans che assomigliano sempre più – almeno dalla caccia ai tifosi italiani fuori lo stadio Wembley - ai corsari di sir Francis Drake che, stratega dei mari, fu anche l’iniziatore del colonialismo inglese.

 



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