ESEGESI COSTRUTTIVA DELLA CHIESA S. MARIA ASSUNTA DI ASSERGI

 

- di Giacomo Sansoni - 

                                                                          
 

Interessante, anche se al contempo controcorrente, l’analisi condotta sull’edificio attuale della chiesa di S. Maria Assunta di Assergi, elaborata sulle evidenze costruttive del fabbricato, sulla tipologia e posa delle pietre e sulla diversità delle lavorazioni sulle stesse, fatta da Elio De Leonardis, assergese di nascita, sempre interessato alla ricerca e allo studio delle costruzioni del paese, che ha presupposto una diversa procedura costruttiva per questa opera. Tale ipotesi ha trovato fervido interessamento e coinvolgimento da parte dell’estensore di queste note, che congiuntamente al De Leonardis autore dell’intuizione originaria, si è interrogato su tali indagini esegetiche, anche con il coinvolgimento di Giuseppe Lalli anch’egli fortemente interessato a tali visioni.

Le disquisizioni, appresso sintetizzate saranno contemplate nelle seguenti prossime pubblicazioni:

“Nomade della speranza, pellegrino dell’assoluto” di Giacomo Sansoni;

Una disanima totale della chiesa, con titolo ancora indefinito, a cura di Giuseppe Lalli.           

 La fortunatamente intatta cripta ipogea della chiesa di S. Maria di Assergi è ospitata nelle sue viscere. Attualmente ha allocazione pressoché ipogea, tranne nella parte posteriore nella quale, in condivisione della stessa radice di bastione della chiesa superiore, si affaccia con una piccola monofora absidale sul costone di roccia.

                   Al tempo della sua edificazione doveva avere un abitus ancor meno ipogeo, in considerazione del fatto che nel restauro del 1965, furono ritrovate due finestrine cieche, guardando l’abside nella sua parte sinistra, che al tempo della edificazione evidentemente davano all’aperto, probabilmente sull’orto dei semplici dei monaci e, all’epoca dei restauri, invece su due tombe dell’immediato piano di calpestio della chiesa superiore.

Il ritrovamento di uno spigolo di pietre d’angolo ammorsate, nella facciata absidale inferiore e, al lato del presbiterio della cripta, nel punto dove una piccola apertura la pone in collegamento verticale interno con la sacrestia dell’edificio superiore, v’è una grossolana colonna di pietra, quale aggetto di volte, non levigata e rozza, composta da due elementi, databile a tempi prossimi alle edificazioni protocristiane, che fa supporre possano essere le vestigia di una precedente costruzione, in forma di piccola pieve, al cui confine seguì l’edificazione della cripta successiva, che da essa ha ricevuto conforto edilizio e anche di preservazione.

                   Con la demolizione dell’altare di S. Egidio, eretto nella recuperata cappella affiancata a quella dell’altare dedicato a S. Franco, della chiesa superiore, fu  ritrovata una piccola pergamena datata al 1150, rinvenuta all’interno di una piccola scatola di legno rotonda con piedini, dove è riportata la edificazione della chiesa superiore, e, poiché la edificazione di tale altare risale a un periodo compreso tra il 1577 e 1580, la allocazione originaria del XII secolo doveva essere altra. 

                  Testo della pergamena:

                   “Anno  dni.  Mc.L  Indic XIII   haedificatu  e  hoc  teplu  in  honore  Beate Marie  sep  uirg.  et  beatorum  Scorum.  P.ap. Laur. Nycol. et Greg. atq. Ben.  a  Berardo  foroconensi  epo:  sub  dnio  et  dicione  Beati Maximi. Am. Qui  ifringere  et  tollere  teptauerit.  Anathema  sit”

 

                  Traduzione:

                   “Nell’anno del Signore 1150, nella tredicesima indizione, è stato edificato questo tempio, in onore della Beata sempre vergine Maria e dei beati Santi Pietro apostolo, Lorenzo, Nicola e Gregorio e Benedetto, da Berardo vescovo forconese, sotto il dominio e la giurisdizione del beato Massimo. Amen. Chi tenterà di violare o togliere, sia scomunicato”.

 

                   Molti autori, quali il De Dominicis, Eva Tea, Don Demetrio Gianfrancesco ed altri hanno inteso nel termine di edificazione una probabile riedificazione di una pieve, ad una sola navata, sovrapposta alla cripta ipogea già esistente, la quale in seguito ne costituirà la sua cripta e, l’impianto attuale a tre navate considerabile opera postuma, da far risalire ai secoli successivi, quando la stessa si impose,  quasi divenendo un santuario di venerazione di S. Franco.

 

                   Oppure la pergamena, in senso letterale, ne attestava e certificava la effettiva edificazione, sopra la chiesa semi ipogea, che poi assurgerà a cripta della stessa, dopo che la pieve aveva ceduto sotto la soma del tempo, dell’incuria e dei terremoti, residuando minimi resti di pietre d’angolo?

Per tale chiesa, intendendo con chiesa il complesso sacro articolato nel tempo, dalla prima pietra fino all’ultima, con la processione di tutte le propedeuticità costruttive, figlie delle nuove esigenze e necessità, acquisizioni estetiche articolate nel tempo, sono ipotizzabili, nel corso di tre secoli almeno quattro fasi costruttive, senza voler considerare il successivo abominevole stravolgimento barocco, che come una peste, ha coinvolto molte realtà artistiche, compromettendone irrimediabilmente le sembianze pittoriche e i suoi cicli narrativi che la affrescavano quasi per intero, nonché le perniciose sopraelevazioni generali e totali, che la resero ancor più vulnerabile rispetto alle alterigie geodetiche e telluriche.

Relativamente alle fasi costruttive della chiesa, in forma compendiosa, possono essere così riepilogate:

Una prima edificazione di una struttura protocristiana, successivamente la cripta, così definita con acquisizione postuma, data la sua attuale condizione quasi totalmente sotterranea, al tempo probabilmente più emersa.

Nell’anno 1150, con documentazione certificata dalla pergamena, la costruzione della chiesa superiore, la quale nel tempo ha avuto altri ulteriori rimaneggiamenti di corpo, della facciata e numerose implementazioni artistiche interne.

Studi che farebbero propendere per una edificazione, risalente al XII secolo, con una struttura a tre navate, delle quali quella centrale e quella di destra divise da colonne e entrambe destinate al culto, ed una terza, quella di sinistra guardando l’altare, occlusa da un muro, quindi non destinata ai  fedeli, in forma non dissimile alla coeva S. Giusta di Bazzano (AQ) la quale, come probabilmente anche quella di Assergi, furono costruite ad opera dei benedettini.

Guardando la chiesa verso l’altare, sulla parete della navata destra sono ancora presenti alcune mensole, una all’angolo posteriore, una a quello anteriore, altre due intermedie, una quinta probabilmente distrutta, per far posto ad un altare in epoca successiva; le quali mensole, in corrispondenza simmetrica alle colonne della navata, dovevano costituire le basi di appoggio ag-gettanti delle volte a crociera, che costituivano la navata destra. Nella navata sinistra ne residua una sola. Per cui si può presupporre che le navate laterali fossero già presenti. Ad avvalorare la tesi delle tre navate è ancora da considerare, che il campanile, addossato alla navata di sinistra, qualora si propendesse per l’ipotesi di una sola navata, sarebbe risultato completamente, ed improbabilmente al di fuori della cubatura geometrica della chiesa.

E’presumibile, per le pietre, diversa derivazione di cava*2.

*2 Per le pietre delle colonne di destra, dove è presente anche un notevole corpo unico di colonna ed altre composite con conci, in considerazione della qualità litica, si può avanzare l’ipotesi che possano essere state ricavate dalla cava detta del “macinino o macinile” nome derivante in seguito alla consolidata produzione di macine da mulino, ubicato verso il lato sinistro del Raiale, dopo la chiesa di S. Maria della Croce. Per le altre, più tenere e meglio lavorabili, con derivazione condivisa sia dalle colonne di sinistra, che della facciata, e dalla monofora gotica sopra absidale, si può presupporre la derivazione dalle cave di Poggio Picenze , nella parte sovrastante della “Valle del Campanaro”, attive dal trecento in poi. Si vuole ricordare come, in tempi remoti, dalla cava del “macinino o macinile” le pietre estratte venissero portate a destinazione mediante il “carromatto” e quale forza meccanica, l’uso degli animali da traino.

Sia per la forma generale dei conci, della loro lavorazione, più grossolana, più dura, meno curata per quelle di destra, rispetto alle altre di sinistra, con pietra più docile, meglio lavorabile, farebbe supporre che la chiesa fosse appunto edificata con navata centrale divisa da colonnato a tutto sesto a destra, navate con copertura a crociere e muro che chiudeva la navata sinistra. In tempi successivi, probabilmente coevi a quelli della costruzione della facciata, dopo aver smantellato il muro, fu realizzato il colonnato laterale sinistro, con similare arcuatura a tutto sesto, ma conci di pietra più docile. Anche le basole delle arcate di sinistra sono di spessore superiore, rispetto a quelle di destra. 

Osservando la parte posteriore esterna della chiesa, arguendone le linee di confine dal posizionamento delle pietre, allineate obliquamente si nota, con facile evidenza, la linea originaria di confine del tetto, organizzato con falde spioventi a capanna, in forma ribassata rispetto all’impianto attuale. Non presente la riscoperta, in seguito ai restauri degli anni settanta, dell’attuale monofora gotica, sopra absidale, non albergabile nelle costrette dimensioni originali. Come il tetto che ha quindi subito una decisa sopraelevazione della parte sovrastante la navata centrale, di circa 1,80 metri: Anche i tetti delle due navate e il tetto dell’abside hanno subito, nello stesso periodo un innalzamento, meno importante.

Guardando il campanile è facilmente visibile la differenza dei due corpi che lo costituiscono: quello originale addossato alla chiesa, con pietre più grossolane e meno curate, l’altra, quella di sinistra, più sporgente, probabilmente edificata contemporaneamente alla costruzione della facciata. La parte del campanile addossato alla chiesa, quello originario, aveva una altezza inferiore alla consistenza attuale, avallando la inferiore altezza della chiesa, la cui facciata originale aveva conformazione spiovente a capanna, contrariamente all’attuale profilo, con coronamento piano, dominato da una mensola ben definita, approntato nel XIV secolo.

Anche anteriormente si giunge a definire la corrispondenza antero-posteriore dei corpi di fabbrica e la relativa altezza del campanile originario, ben definibile nella parte sovrastante la chiesa, poiché in tale tratto sono presenti cospicue, ben definite, pietre d’angolo, necessarie per conferirgli stabilità, contrariamente alla parte sottostante che non ne necessitava perché in tale tratto la sua stabilità era assicurata dall’addossamento al corpo di fabbrica della chiesa.



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